LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
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Lorian Carsochie


Lorian Carsochie è nato a Spulber, Vrancea, Romania, il 20.06.1967.
Nel 2002, la casa editrice "Zedax", di Focsani, Romania, gli pubblica il volume "POEZII".
Nel 2003, "Editura Vremea", Bucarest, pubblica il suo volume di narrativa"CELE OPT ZILE".
Nel 2003, la casa editrice dell'ICI, di Napoli, le pubblica il piccolo volume di narrativa,"RACCONTI".
Nel 2004, l"Editura TIMPUL", di Iasi, Romania, le pubblica il romanzo breve "NESFARSITUL ANOTIMP AL FLORILOR".

Il frutto della terra
 
 
Su un continente del nostro pianeta, c'era una volta un paese abitato da un popolo e, approssimativamente nel centro del paese nacque, per crescere e diventare poi grande, come una capitale, alla fine dei conti, una città.
Un giorno, i cittadini affrettati, passando per il centro della città, videro uscito dalla terra, dall'asfalto, dal sotto le piastre di marmo della piazza, qualcosa come un colle grande, coperto con una specie di pellicola.
I sensi che mantengono nell'uomo la vita e la morte, avevano svegliato dal sonno tutte le decine e le centinaia di migliaia di persone e gli stessi sensi, adesso, verso le sei e mezzo del mattino, allontanarono impietosamente dalla vicinanza dello strano colle rivestito di pellicola la gente, intorpidita all'improvviso della curiosità di una scoperta che non era né latte né miele, ma qualcosa, senza dubbio, dovrà essere stato.
Dunque, nel rispetto di una società civile, una parte dei cittadini arrivò nei negozi e cominciò il conteggio, un'altra arrivò nelle fabbriche e accese i macchinari, un'altra, arrivata sui cantieri, si mise a girare la calce ed il resto s'integrò, senza problemi, nell'opera del fare il qualcosa.
Tutti pensando, quanto si dimostrarono ad essere lunghi le solite otto ore di lavoro, al colle miracoloso coperto di qualcosa strano, che ieri non era e oggi era emerso dalla terra del centro della città, non altro che la capitale di un paese da un bel po' di tempo.
 
Quando mollarono il mondo oscuro del sonno, i cervelloni pesanti ed illuminati della città, furono spinti dall'altra parte della soglia della mattinata cominciata molto tempo fa, da barzellette che, in rapporto col peso e la luce del cervellone, cambiavano la faccia, mantenendo sempre però il contenuto intramutato.
" L'ha saputa l'ultima?" sentì il sindaco, nel ricevitore del telefono, la voce del suo vicesindaco.
" Beh, no-o..." spalancò il sindaco le mascelle, con una parte del cervello addormentata ancora e l'altra in agitazione, nella cura di non rovesciare sulle lenzuola il contenuto della tazza con la collazione.
" Ella, capo, lo sa cosa hanno tirato fuori di recente questi diavoleti? Dicono che da oggi in poi non è più bisogno di dare ai nostri sudditi un c...o, perché queste cose si sonno mese a crescere oramai non seminate dalla terra, come l'erba, di modo che loro hanno cambiato anche il ritornello, che adesso suona cosi:
-nel centro, un grosso uccello guarda alle stelle
-con i fannulloni nei palazzi come dei testicoli belli...
" E che diavolo vuol dire tutta questa porcata?" si strappo via dal mondo del sonno la parte del cervello del sindaco, responsabile della politica e dei ragionamenti amministrativi.
" Niente, capo! Tutta la gente parla che nella Piazza della Repubblica, di fronte al Palazzo del Comune, di fronte al Palazzo del Presidente del Consiglio, di fronte al Palazzo del Presidente della Repubblica, e quindi proprio nel centro della Piazza della Repubblica, è emerso dalla terra un c...o di circa 50 d'altezza."
" Ma l'hai visto tu, cornuto?" si arrabbiarono tutte le parti del cervello del sindaco, rivoltate per il caffè rovesciato sulle lenzuola, rivoltate per il suo aiutante, rivoltate per... In fine, molto rivoltate.
" Beh, no-o! No-o, ancora... Pero...!"
" Pero... niente. Ti chiedo il favore di spostare quel sedere intestato a te in piazza e poi telefonami urgentemente."
Il ricevitore fece "poc" nel timpano del vicesindaco e costui si strofinò l'orecchio come se un secondo prima qualcuno lo avesse colpito lì.
Brutta giornata!
Pensò di telefonare alla sua segretaria, perché sentiva imperiosamente il bisogno di bestemmiare qualcuno, ma si fermò in tempo. No, non era possibile, non era possibile, perché la memoria li portò d'avanti agli occhi i seni, dopo di che comparve un altro ricordo con la signorina, beh, che bel ricordo! Ce da considerare poi la pelle, che magistralmente gli copre le cosce, dopo di che, andando su, verso il collo...
Un attimo, si, ecco, certo, ce un essere viscido che vive sulla faccia della terra, ovviamente, e, purtroppo, il tosare il pelo dei cani vagabondi e l'arte del fare nulla, costituiscono la sua preoccupazione, e quest'essere non è altro che il suo autista.
Suoi nervi s'inginocchiarono di fronte ad una tale trovata.
Tirò alla destra e alla sinistra il nodo della cravatta e si diresse verso lo specchio, dove arrivato lanciò uno sguardo, poi un altro, nel tentativo di provare, dal interno del suo arsenale, quello giusto, nell'attesa dell'incontro con l'autista.
" Certo, quel ragazzo e diventato il parrucchiere dei cani vagabondi della capitale!" mormoro il vicesindaco tra sé, digitando il numero telefonico dell'autista.
 
Evidentemente, l'apparizione mostruosa eretta all'improvviso nel centro della Piazza della Repubblica era un pene maestoso e singolare, con suoi circa quaranta metri d'altezza e gli sei metri di diametro, circa.
Nessuno aveva dato la disposizione di misurare il neo "edificio" coperto di pelle fine, le dimensioni però era facile valutarle, poiché il Palazzo Presidenziale, sito sul lato più ampio della piazza, aveva l'altezza di quarantuno metri, ed il tetto(per cosi dire) dell'apparizione mostruosa non superava, né si faceva superare dal Palazzo della Repubblica.
Siccome la piazza è rivestita di piastre di marmo larghe cinquanta centimetri, anche l'estimare del diametro è piuttosto facile. La fondazione della costruzione in causa ha il diametro inquadrato fedelmente tra dodici piastre.
 
Le dimensioni sono dunque: quarantuno metri d'altezza e sei metri di diametro, vale a dire, precisamente le conclusioni del Supremo Consiglio per la Difesa del Paese, dopo più di due ore di dibattiti.
La seduta si svolge nel salone piccolo per le conferenze del Palazzo Presidenziale, con le porte chiuse, con i rappresentanti della stampa aspettando giù, in piazza, l'apertura della conferenza e qua, nel salotto barocco, i membri del consiglio, ammucchiati davanti alle finestre, con gli occhi immobili, fissi su quel frutto della terra, non errano arrivati ancora ad un accordo.
Prima di tutto, il ministro delle risorse naturali propose che "il giacimento venuto fuori per la sua libera volontà, bisogna sfruttarlo. E, nel caso in cui non contenesse alcun elemento minerale od organico imparentato al petrolio, sia anche come risorsa alimentare."
Il ministro dell'agricoltura reagì, sostenendo la compatibilità del ministero sotto il suo comando per il problema in questione, essendone certo che il soggetto in discussione era un organo "come dire...", "per la riproduzione", lo aiutò un consigliere presidenziale, "insomma, non è che importi molto. Importante è che questo bene primario ci sia utile, che sia sfruttato, voglio dire, nel modo migliore possibile, come risorsa alimentare!" chiuse vittoriosamente il capo dell'agricoltura e l'alimentazione.
Ma il ministro dell'ambiente estrasse una specie di sciabola dalla bocca e mise fine alla vittoria del suo collega.
" Signori, l'umanità a distrutto, i boschi dell'Amazzonia, le piramidi, il delta del Nilo e la biblioteca dell'Alessandria... (Il ministro della cultura si fece quasi nero, mandando giù per la gola un nodo e si mise in agguato.)
Quando la Natura o Dio, lo stesso, ci fa l'onore, come un riconoscimento dei nostri meriti nella politica e nell'economia, con una risposta del genere, noi, questo regalo non dobbiamo mangiarlo, non dobbiamo bruciarlo nei motori delle nostre macchine, ma dobbiamo darle il nostro riconoscimento e trasformarlo in monumento, in qualcosa di sacro!"
Si chinò la testa in giù, per lasciare che una parte dell'assemblea cominciasse ad applaudire mentre gli altri ridevano e urlavano.
Presero poi la parola tutti gli altri ministri. Il ministro degli esteri non consumò che queste parole:
"Quest'uccellone è una pustola sulla guancia del nostro paese!", al quale il presidente del consiglio interviene:
" Pardon, un foruncolo!"
Il ministro della giustizia propose ad aprire urgentemente un'inchiesta, quello della difesa suggerì la massima allerta dell'esercito ed il ministro degli interni informò che due unità delle forze speciali erano pronte ad intervenire.
 
L'edificio senza finestre, senza porte, senza tetto, rivestito di una pellicola luccicante, si erigeva svelto dinanzi agli occhi tristi del presidente.
Avvertiva come qualcosa sfuggiva alla sua comprensione, si tormentava a capire il cosa e tra le dita delle domande scappavano via tutte le risposte.
" In questo paese, persino la terra mi fa vedere il c...o!", mormorò tra sé, amareggiato, il presidente.
Aveva fame. Era passata un'ora da quando il suo stomaco doveva essere gia sazio. A quest'ora, di solito sonnecchiava sul divano, col giornale che sonnecchiava anche lui nella sua mano e qua, in un momento cosi delicato, questi pappagalli di suoi ministri non decidevano di chiudere! Cosi fanno sempre. Offertagli un'opportunità di parlare, si credono presidenti.
" Ho analizzato con grand'attenzione le vostre ipotesi, signori", decise il presidente della repubblica a chiudere la bocca dei suoi ministri chiacchieroni " e, dal vostro dibattito e dalle vostre proposte, ho concluso il seguente risultato: ci metteremo in contatto con l'O.N.U. e le grandi potenze, tramite le loro ambasciate nella nostra capitale, presenteremo un resoconto all'Unione Europea e, attraverso questi strumenti diplomatici, aiutati della nostra nuova realtà, getteremo, sicuramente, le fondamenta di rapporti normali, fraterni pure, tra noi ed i nostri partner. L'assemblea è sospesa per domani, signori miei, alla stessa ora. Vi saluto, carissimi!"
E, strofinandosi il pancione rumoroso, girò le spalle all'assistenza, alle pareti e alla porta.
 
Così accade che la storia e la geografia del paese, nel centro al quale era nato, di nessuno seminato, l'immenso organo sessuale maschile, cambino a tutti i tempi: passato, presente, futuro.
Le iniziative del presidente e di tutto l'esercizio di politica estera, durante decine d'anni, rifiorirono e maturarono in sole 24 ore.
Il nome ed il posto del paese, scambiato spesso sia con una tribù dell'Africa, sia con una razza umana battezzata col nome di un uccello, emersero all'improvviso nel mezzo di un continente influente e ricco.
 
Appena conclusa l'assemblea del Supremo Consiglio per la Difesa del Paese, l'ambasciatore del Grande Impero nella capitale fu chiamato telefonicamente dall'uno dei suoi informatori:
" Eccellenza, il gigantesco pene appena nato nella piazza è, in pratica, una rampa di lancio per gli UFO!"
"Fami, per piacere, la cortesia di ripetermi!"
"Il poderoso pene, appena nato dalla terra, è, in pratica, una rampa di lancio per gli UFO!" dette urlando l'informatore nel ricevitore la notizia che, certo, non era una novità, dal momento che la sua affermazione era appoggiata della testimonianza della folla presente nella piazza quel pomeriggio.
"Ti ringrazio! Tienimi sempre aggiornato", chiuse l'ambasciatore del Primo Impero, asciugandosi le due-tre gocce ghiacciate, uscite fuori del cervello, attraverso la pelle scottante della fronte.
Si mise in contatto, telefonicamente, con le ambasciate dei paesi alleati al suo paese.
"L'enorme pisellone, che l'ha visto in televisione, non è altro che un sipario, al riparo del quale vano effettuati i lanci degli UFO!" rispose in breve l'ambasciatore dell'Impero delle Acque, beneficiario di una rete di spionaggio invidiabile.
Il rappresentante diplomatico del Grande Impero si arrotolò un asciugamano attorno alla fronte allagata di sudore, accese la televisione e trovò il notiziario della rete meglio aggiornata del pianeta, si sedete sulla poltrona, accomodò le due gambe insicure sul piccolo tavolo di fronte a se, si mise una sigaretta in bocca e decise di sconnettersi dal presente stressante del momento.
L'impresa le riuscì pure, per una dozzina di minuti, affinché il presentatore del notiziario comunicasse:
"E adesso, signore e signori, torniamo a quella che si rivela ad essere la notizia del giorno e, perché no, la notizia dell'anno!".
Sullo schermo comparve l'immagine del centro della capitale dove l'ambasciatore svolgeva la sua attività. Il telespettatore si alza di colpo in piedi e si postò a due metri di fronte allo schermo, per apprendere in particolare ogni dettaglio dell'inedita immagine.
"Cristo Santissimo!" gridò, con le dita infilate profondamente in bocca. "E questo pillastrone potrebbe essere una rampa di lanciooo...!"
Come risposta alla domanda solitaria, dall'enorme tubo che riempiva lo schermo, sboccò una sfera luccicante che scomparve subito nelle nuvole della capitale.
"S'ipotizza, e l'affermazione appartiene ad un alto funzionario del dipartimento della difesa del Primo Impero, che l'oggetto appena visto sullo schermo, che sembra un insolito frutto della terra, in realtà non è altro che una rampa di lancio per un tipo di navetta spaziale, che supera di molto la tecnologia cosi detta convenzionale!" chiarì il commentatore tv.
"Che bomba!" scaricò l'ambasciatore la sua tensione, levandosi di dosso l'asciugamano bagnato, per correre verso il telefono che lo avrebbe messo in contatto con il suo ministro.
 
Il lessico giornalistico registrò uno sviluppo da capogiro.
La prima pagina di tutti i giornali e tutte le riviste, presentava lo stesso quadro, nella stessa prospettiva: l'enorme organo, sullo sfondo del palazzo presidenziale.
I titoli, che trattavano, in pratica, lo stesso problema, erano di una diversità senza frontiere: "...il megatelescopio organico", "...il padre pene", "...l'uccellone della terra", "...il palazzo senza testicoli", "...l'organodromo interstellare", "...il monumento dell'erezione", "...l'elegia del guerriero nostalgico", "...l'uccello solitario", " il bossolo senza fucile", ...
Tutti si adattarono alla nuova realtà quotidiana ed alla nuova apparizione del centro della capitale si propose a dare, ovviamente, la cittadinanza del suo paese d'origine.
 
La popolazione della capitale sembrava essere invecchiata improvvisamente e segnali chiari d'invecchiamento si potevano trovare a livello di nazione.
Nessuno parlava più del passato recente, quello nascosto sotto il vello smemorato del tempo precedente alla nascita della pianta gigantesca, nessuno guardava più la città e la gente com'erano loro stati visti prima, nessuno criticava più il Potere, nessuno aveva più paura di nessuno, nessuno si preoccupava più per l'indomani, nessuno pensava più al paradiso e nessuno più all'inferno.
Perché il tutto assoluto e l'assoluto del desiderio si era finalmente materializzato dalle profondità delle terre di una città, capitale di un paese da qualche tempo.
In breve tempo gli abitanti della città dimenticarono il rituale della successione del giorno e della notte ed i fiumi di turisti che invadevano adesso il posto da tutte le parti, si abituarono ad essere accolti con "buongiorno" in piena notte, con "buonasera" nella mattinata e con "buona notte" anziché "arrivederci".
I cittadini della capitale erano divenuti aperti, gentili, sorridenti ed il segreto personale si era trasformato in una nozione appartenente alla storia e la disoccupazione abitava oramai un'epoca coperta di polvere.
Per il resto del pianeta, dalla data di nascita della pianta in forma d'organo sessuale maschile erano passati qualche mese e qua, nella capitale della pianta, la sua data di nascita era qualcosa d'immemorabile.
Il nuovo tempo vissuto dalla città e della nazione nel suo insieme aveva imposto la costituzione di un nuovo sistema statale, parallelo a quello di diritto, chiamato Lo Stato del Frutto.
Lo Stato del Frutto aveva a carico un suo presidente del consiglio, un suo ministro degli esteri e cosi via, non per alimentare chi sa che vizio di potere, no, in assoluto, ma perché talmente alti erano i ritmi dell'aumento del lavoro nei campi della politica, della diplomazia e dell'economia, che l'unica possibilità di superare la crisi si rivelò quella di costruire un altro organismo statale.
In un certo momento, la confusione non ritardò ad impadronirsi delle due strutture statali gemellati, cosicché nacquero situazioni tensionati e litigi pure.
Fu in quelle circostanze che una voce propose il progetto dell'istituzione del terzo stato, al quale affidare il compito della risoluzione dei problemi non risolti dagli altri due.
Per cause diverse però il progetto fu abbandonato, prima di tutto perché la mano d'opera del paese era in percentuale del cento per cento occupata, prevalentemente nel turismo, nel commercio e nella diplomazia.
Poi, il peso massimo nella decisione di dimenticare il progetto appena nato, fu rappresentato dalla mancanza d'agenzie di lavoro che avrebbero avuto il compito di importare la forza di lavoro dall'estero, senza togliere di mezzo la verità però della condizione sovraccarica dei due stati esistenti già, messi nell'impossibilità di prendere una decisione per la mancanza del tempo.
 
Le giornate, belle ed estese, cominciarono ad assomigliare l'una con l'altra, le persone, gli uni con gli altri, il paese intero, da un lato all'altro, assomigliando moltissimo alla terra promessa.
Nel paese che raggiunse lo status del più prospero del pianeta, la popolazione si trovò costretta ad abbandonare le attività produttive, per compiere con successo la missione di ricevente, di fronte all'invasione dei turisti riversatosi qua persino da quelle parti della Terra ignorate dagli scienziati in geografia, perché ritenute disabitate.
Le Grandi Potenze del mondo furono costrette alla riconsiderazione della strategia economica e politica del pianeta.
L'uno dei quattro punti cardinali delle decisioni massime del pianeta era ospitato nelle budella del gran pene e questa certezza non si poteva trascurare.
Le scienze umanistiche e quelle economiche si trovarono coinvolte nel circolo vizioso delle spiegazioni senza copertura pratica, quindi il nuovo tempo intimò loro un'etica ed una sostanza totalmente rinnovate.
Il paese che ospitava il membro più imponente di tutta la storia dell'umanità, rappresentava, senza dubbio, con i suoi ritmi di sviluppo, l'esempio degno da seguire da chiunque apprezzava i valori del presente e le realtà dell'avvenire.
Qui la gente era riuscita ad aprire il lucchetto che teneva chiusa la porta del segreto della felicità eterna e questa scoperta aveva attirato qui montagne di beni e di soldi.
Il paese nel quale tutta la mano d'opera lavorava nel turismo e nella diplomazia, stava sfidando le leggi della storia e dava vita ad un futuro di nessuno immaginato.
L'intera umanità si era preparata ad entrare nell'era della felicità senza limiti e, per un'apprensione massima dell'evento, nella prossimità del palazzo presidenziale, quasi attaccato all'insolito ornamento della terra, si era costruita la sede dell'Organizzazione Mondiale Della Felicita Immortale, contando tra i suoi membri gli organismi statali interessati nella scoperta della felicità, vale a dire tutti i paesi del mondo.
La felicita era nata e viveva qui e tuttavia una grossa quantità d'ottimismo usciva, come delle nuvole a bassa quota, di là delle frontiere del paese, avvolgendo con generosità le nazioni confinanti.
La stessa felicita, quando nelle correnti dell'aria avvenivano turbolenze, arrivava a farsi notare negli angoli più remoti del pianeta, cosi che interi popoli esclamavano in estasi:
"Ci sentiamo penetrati dalla felicità del Santo Organo!"
Si verificò il calo degli omicidi e dei suicidi, a livello mondiale.
Criminali inguaribili e suicidati falliti si convertivano ad una vita normale:
"Sentiamo che possiamo essere felici anche senza mettere in atto i nostri piani omicidi!", dichiaravano gli ex delinquenti;
"Ci sembra di vivere più felici vivi di suicidati!", affermavano sorpresi i falliti dei suicidi.
 
Gli scienziati nella storia preparavano la conclusione della prima pagina dell'Era della Felicita, quando l'umanità si trovò dinanzi ad un giorno di lutto.
Le reti di spionaggio avevano riscaldato le radio trasmittenti con dei messaggi codificati, le televisioni di tutto il mondo trasmettevano un'immagine singola e la stessa ed i giornali avevano lo stesso, unico titolo :
"Il San Padre degli Organi è addormentato!"
Nella capitale dell'ex pene gigantesco avvennero due colpi di stato in una giornata sola, l'intero paese era in sciopero, e la popolazione, dall'Est all'Ovest e dal Sud al Nord, aveva presso d'assedio la capitale, non provando, per fortuna, il minimo accenno alla violenza.
Una volta arrivati nel centro della capitale, proprio nel punto dove un momento prima si erigeva il gran fallo nazionale, si fermavano per fare cadere le lacrime del loro abbandono addolorato, poi, sconfitti, tornavano alle loro case.
Verso la sera avviene il terzo colpo di stato.
Il nuovo detentore del potere, un personaggio che sosteneva di ricordare la sua appartenenza, nell'era pre felice, alla categoria dei coltivatori di terre, iniziò il suo discorso:
"Concittadini, svegliatevi! Nessuno è nato e non è morto nessuno!
E adesso ve lo dico, purché sia chiaro: quello che si guadagna con il sesso, come l'età del sesso passa! L'epoca che sta per iniziare oggi è soltanto un mattone, il primo mattone...!"
Il discorso rimase sospeso nell'area, perché i tecnici della tv, i collaboratori e lo staff del nuovo dittatore si sentirono offesi dalle sue volgari affermazioni e lo linciarono.
Il popolo si rivoltò e chiese il ritorno nelle vesti del potere dell'ultimo tra i presidenti dell'era del frutto.
"Miei cari concittadini, fa buio e siamo tutti stanchi! Abbiamo attraversato una giornata d'inferno! Domani dovremo affrontare un'altra, perciò non disperate, cosi come io non dispero. Dobbiamo sperare e per sperare ci aiuta la nostra passata felicita!
Per tornare felici abbiamo bisogno di speranza!"
Il presidente s'interrompe. Per la cena non aveva mangiato niente. In cella, dov'erra rimasto chiuso per l'intera giornata, i sorveglianti si errano scordati che il presidente era niente di più che un uomo ed un uomo, pure felice essendo, ha fame quando non mangia.
Si strofinò la pancia addolorata. Questa fame selvaggia aveva messo paura a tutta la sua ispirazione.
"Con lo stomaco vuoto, tutti i presidenti sono uomini!" riflettete.
"Finirò questo discorso, dopo di che andrò a cenare!" lesse lui nel futuro. Si senti invadere da un ottimismo che fuori usci attraverso la sua lingua:
"Viva il santo e l'eterno nostro fallo nazionale!" irrompete lui nei microfoni dello studio tv, dopo di che si mise a correre per abbracciare tutti i presenti.
Fu sollevato dalla terra di decine di braccia e portato in trionfo in capo al tavolo preparato per la cena.
Verso la fine della cena fu chiamato al telefono:
"Eccellenza, i diplomatici accreditati all'Organizzazione Mondiale Della Felicita preparano le loro valigie..."
"E allora...!"
"Qualche presidente, che doveva incontrare domani, anche..."
"Ebbene e poi...!"
"Gli alberghi cominciano a svuotarsi..."
"Capisco!", capì, finalmente il presidente. "Domani torneranno tutti quanti!" e chiuse il telefono.
"Domani torneranno tutti quanti?!", sorprese lui lo stomaco pieno interrogarsi.
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