LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Loredana Iole Scarpellini
È nata il 30 maggio 1962 e cresciuta nella semplice realtà contadina in quel di Franciacorta, ha attinto dalla natura le nozioni che esprime. A sette anni azzarda le prime rime; nell'adolescenza associa i rapporti umani con gli eventi naturali, fino ad arrivare ora a trasmettere nei suoi scritti una morale minima ma essenziale: la vita è l'evoluzione umana della pura gioia di vivere, in armonia col creato, "Il più bel posto del mondo... per me!". Ha conseguito i seguenti riconoscimenti: al premio "Poeti d'Italia per Portorecanati 1981" fra i primi cinquanta con due poesie; microconcorso a Sedilo (Or) nel 1990 per poesie in italiano sardo, primo premio in italiano; terzo premio al concorso di poesia in vernacolo ad Angolo Terme (Bs), maggio 2000; primo premio al concorso artistico di Bienno (Bs), con poesia, maggio 2000; partecipazione a concorsi vari in provincia di Brescia con alcune pubblicazioni; encomio al concorso artistico di Bienno (Bs), con poesia, marzo 2001; citazione per poesia in vernacolo al "Premio Letterario Nazionale Atheste 2001"; segnalata poesia vernacolo al concorso poesia "Sabatino Circi", Borbona (Ri); primo premio concorso "Vers e us 2002" Lumezzane sez. vernacolo bresciano; segnalata per la poesia dialettale al "Premio Vigonza 2003" (Pd); secondo premio al concorso "Padus Amoenus", poesia dialettale, Sissa (Pr) 2003; segnalata con racconto in italiano al "Piccolo Concorso Su Contixeddu" Brescia 2003; segnalata poesia dialetto resto Italia premio "Vigonza 2003" Vigonza (Pd); finalista poesia dialetto premio "Città di Legnano G. Tirinnanzi 2003" (Mi), titoli delle poesie: "A te canto"; "il più bel posto del mondo"; "sota la nef" (dialetto zona Franciacorta (Bs).
- Il più bel posto del mondo...
- per me è la mia Terra:
- giganti rocciosi le alpi dall'aria tersa,
- verdi di pascoli e paghere;
- lussureggiante e variopinta pianura
- rattoppata di sementi adulte,
- dai cieli grigi intrisi d'acque.
- Per me è il mio Paese:
- piccole piane e seni coltivati
- di uve e cereali da contadini mai stanchi;
- bella gente che si chiama per nome
- che si guarda negli occhi
- e non muore mai sola!
- Per me è la mia Casa:
- cinque usci sempre aperti;
- corpi che giostrano all'unisono.
- AL fuoco le strie volano come desideri.
- Lenti lecca-lecca da consumare
- tra bene e male: uniti dall'amore.
- Per me è il mio Cuore.
- Tamburo che batte e il ritmo ti prende.
- Un ruscello vivo da bere a stille.
- Grazie Iddio per il dono della vita,
- il Paradiso se lo sai rispettare:
- il più bel posto del mondo... per me!
- A te canto
- A te canto terra,
- madre di tutte le creature,
- culla di ogni vitale speme.
- Umile e fertile in totale giogo
- ad ogni prece dai giovamento.
- A te canto sole,
- astro prestato al fedele
- qual mediator divino;
- doni tepor e naturale lume
- sull'errabondar d'ogni vivente.
- A te canto acqua,
- feconda e gioviale pel viandante
- al transitar nel tuo perpetuo flusso.
- Sei sostentamento e pur tormento
- redimi il peccator dalle sue pene.
- A te canto vita,
- seminata nel grembo di madre terra,
- pasciuta dal sol di sempiterni doni
- e dal prodigioso nettare attingesti;
- di qui virtù opulenza: umiltà e amore.
- A te canto Dio,
- al volger del destino tu padrone
- dei conti tutti fai compendio:
- a vita prodiga l'avvenir prodigo sia,
- a chi in vita inane sol morte pietosa.
- Amanti eterni
- A levante rigeneri in roseo albore il dì nuovo,
- mentre i raggi come lame di luce
- trafiggono le dondolanti ombre ormeggiate
- e scivolano tra le onde setose come una carezza,
- riaprendomi a forza le assonnate palpebre.
- Artigli, senza dolere permeano le mie fluide membra:
- fervida linfa vitale sciolgono la mia massa gelida.
- Mostrami ai rivi che dolcemente giungono alla foce:
- nella mia toilette mattutina essi mi tergano
- e mi fan bella al tuo cospetto.
- Ora sei, incommensurabile certezza, nella volta celeste
- e mi concedo a te, totalmente tua un giorno intero:
- ne' casti cirri ti eclissano o forzuti aliti ti soffiano via.
- Solo la sera tiranna ci scinde e ti allontana:
- allora stai su di me,
- i nostri corpi tenacemente in contatto
- nel più grandioso e impudico atto d'amore
- che fa arrossire tutto il creato, forse persino Iddio.
- Ma inesorabili le tenebre ti schiacciano
- mentre ti aggrappi
- come un vecchio vedovo alla tomba dell'amata.
- Un'altra notte sola nel mio giaciglio ormai infreddolito
- dove mesta mi dolgo: la luna mi consola
- e le stelle, tue sorelle, mi accompagnano al domani.
- Così sia questa infinita storia tribolata,
- divinamente imposta all'esser nostra di amanti eterni,
- per seminare di vita l'universo intero.
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Ins. 27-04-2004