LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Guido Bava

È nato a Torino nel 1930, poeta, scrittore, commentatore e critico letterario, vive ed opera a Biella. Suoi articoli di cultura, attualità e costume appaiono su testate nazionali e zonali. Ha pubblicato i volumi di poesia "La Valle del Cuore" 1983; "Amore, Gioia e Malinconia per un Inno alla Vita" (1986); "Con Amore, Passione e Nostalgia" (1987); "Na Neuva Primavera" (in Piemonte, 1989); "Oltre l'orizzonte, verso Levante" (1990); "Hippokampos" (1992); "Poesia ed ca nostra" (in piemontese 1993); "Vers sensa preteise" (2004) in piemontese; di narrativa "Strane Storie" (1993); "Ivry" (1995); "Frà Siùn" (1997); "Gli Gnomi Contrari ed Altre Strane Storie" (1998); "Basure, masche e santi spiriti dei monti" (1999); "Im vis sempe" (2001); "Racconti elbani" (2001); "Grandi storie di piccoli uomini" (2002); "Gli gnomi dell'Artorto" (2002); "Nuovi Racconti Elbani" (2002); "Fantasmi" (2004); di saggistica e cronaca "Ai margini della storia piemontese" (1995); "Nostalgia Dalmata" (1999); "Andavano nel Congo" (2000).

 
Crepuscolo
 
Un quarto di luna d'argento,
le grida di qualche gabbiano,
risacca che, dolce, accarezza
l'antica e morbida riva...
È grigio e invisibile il mare
soffuso di tiepide nebbie
e, in esse, ogni cosa scompare...

 
Ascolta...
 
Ascolta anche tu l'immenso silenzio
di questo bosco maestoso
dove non si indovina il cielo.
Il silenzio è rotto soltanto
dal lieve stormire di mille foglie
mosse dal vento della calda estate,
è una musica dolce, strana
come di cento arpe misteriose
suonate da angeli o da fate...
Il passo, sullo spesso tappeto di foglie,
non disturba gli spiriti immortali
custodi del tempo e di animali,
raccogliti e ascolta questa musica
e lascia che la mente, libera,
nuoti in questo nulla immenso,
lascia che il tuo spirito ritrovi qui
tutti i fantasmi del passato
che ti attendono alla fine del vagare
tuo in questo bosco
lungo un sentiero invisibile
che Qualcuno ha già tracciato...

 
Un nome sulla sabbia
 
Il sole scende ad occidente,
è quasi notte e, l'alta marea,
manda timide e frettolose onde
a carezzare strisce si sabbia
disegnando morbidi festoni
arricchiti di candide conchiglie.
Corre il bernardo verso l'onda
trascinando la casa rapita
ed il pensiero vola, vola
verso altri lontani lidi dove,
giovanili ardori, si fusero
con rimpianti e inutili speranze.
Sorrido amaramente e guardo
il mare e ne ascolto le acque
mormoranti mentre, la punta
del mio piede, traccia
un nome breve sulla sabbia...
 

Grandi storie di piccoli uomini
 
La magia del monte
Sergio era seduto sul primo scalino della scala esterna, gli piaceva fermarsi ogni tanto in quel punto a godere della solitudine del suo piccolo paradiso ma, quella volta, erano le preoccupazioni che lo trattenevano e che lo avevano indotto a prendersi il capo tra le mani. Forse si era troppo sbilanciato nel promettere ai suoi la costruzione della cappella entro l'agosto 2002 ed ora era assalito dal dubbio di non riuscirci e, l'addurre una scusa plausibile come avrebbe fatto chiunque altro, non rientrava nella sua mentalità infatti egli riteneva una promessa, ancorché fatta ad amici intimi e parenti, una questione d'onore alla quale tener fede a qualsiasi costo. Ciò che dapprima gli era parso facile come la presenza in loco del materiale necessario e la facilità di ottenere l'aiuto dell'elicottero per il restante, urtava ora contro la difficoltà di tradurre in Madonnina un blocco di marmo tratto dalla cava del Mazzucco, infatti aveva scartato a priori la possibilità di una statua marmorea di altra provenienza. A parte dunque anche l'onere finanziario, erano i tempi richiesti per l'esecuzione a rendere tutto difficile né, egli sarebbe potuto accontentare di altre soluzioni che si scostassero dal primitivo progetto, era una testa dura Sergio e quando diceva una cosa, si metteva in quattro e superava ogni possibile ostacolo pur di realizzarla, ma quella volta temeva proprio di dover dilazionare nel tempo le realizzazioni: senz'altro la cappella con una Madonnina provvisoria nell'attesa di quella definitiva anche se ciò avesse comportato due feste e le non indifferenti spese relative da aggiungere a quei quattro milioni necessari perla scultura. Rifece mentalmente l'inventario del materiale occorrente reperibile in loco e si avviò verso il retro della baita quasi assicurarsi che esso si trovava dove lo aveva accatastato e riandò mentalmente al progetto... e gli tornarono sia la sicurezza che la tranquillità necessaria a ragionare sulle cose con maggiore ottimismo, si fregò le mani con aria soddisfatta ed esclamò: - Ma certo!... Ho rifatto praticamente la baita, l'ho ingrandita e... farò anche la cappella... La Madonna e i miei amici mi aiuterannooo! -
L'ultima parola, quasi gridata, destò un'eco strana proveniente dalla pietraia, come se un coro di voci infantili avesse ripetuto: - Ti aiuterannoooo! - Sergio era certo di aver detto "mi" e non "ti" e non lo aveva gridato eppure quell'eco era stata chiarissima. - Che strano, - mormorò Sergio a bassa voce poi, facendo megafono con le mani davanti alla bocca, gridò a piena voce: - Sìììì, mi aiuterannOOOO! - poi rimase in attesa dell'eco che stranamente tardava ad arrivare e, quando gli giunse, egli rimase di sasso infatti non si trattò della ripetizione esatta o distorta delle sue parole, ma di un coro immenso di risate come se tanti, tantissimi bambini nascosti nella pietraia stessero contorcendosi dalle risa. Nonostante il suo sangue freddo, Sergio fu sconcertato da quel rumore inconcepibile e, con decisione, riprese ad urlare tutto ciò che gli veniva in mente: mucche, baita, prati, monti e, quasi ormai con voce roca, - Artoert!!! - Contrariamente a quanto si sarebbe atteso, gli rispose un silenzio irreale anzi, pareva addirittura che ogni solito rumore fosse sparito e la preoccupazione di Sergio fu quella tremenda, di essere diventato completamente sordo, sì sordo e lontano da casa e, con quella terribile sensazione, si diresse verso la baita guardando a terra e sollevò lo sguardo soltanto per non inciampare nel primo scalino. Fu allora che la preoccupazione si trasformò nel terrore di essere in preda ad allucinazioni..; Prima la sordità ed ora... seduto sul gradino sul quale egli amava sostare, stava un minuscolo essere, certamente uno gnomo dal modo di vestire e di portare un lungo cappello rosso, un vero gnomo con il volto raggrinzito racchiuso in un barbone bianco che pareva un tutt'uno con i folti capelli che fuoriuscivano dal cappello. Portava una casacca verde su calzoni di panno indaco la parte terminale dei quali spariva in stivali della foggia di quelli dei Babbi Natali. Non poteva essere più alto di una quarantina di centimetri infatti i piedi erano sollevati dal terreno e teneva le piccole mani sulle altrettanto piccole ginocchia squadrando Sergio, il quale era rimasto impietrito con aria ironica e divertita poi, dopo un momento che a Sergio parve lungo come l'eternità, prese a parlargli con una vocetta un po' rauca: - Mi hai chiamato ed eccomi qua ai tuoi ordini e al tuo servizio, come sempre... - Ma chi sei? - osò azzardare Sergio, - Sono Artoert, il re degli gnomi di questa montagna che tu ami tanto..., siamo moltissimi e abitiamo la pietraia da tempo immemorabile. Ho assunto il nome di questo luogo per semplicità infatti il mio nome vero è impronunciabile: Ventixouluk, non ti pare che Artoert sia migliore? - Sergio era semiparalizzato dallo stupore ma, la sua curiosità naturale ebbe ragione della sua prudenza e stava per interloquire quando lo gnomo riprese a parlare: - Io ti conosco da quando, bambino, correvi su questi prati rincorrendo i tuoi fratellini, ho conosciuto tutta la tua gente e vi ho protetti da sempre... Tu hai sempre avuto bisogno di noi... -, e l'ometto fece un largo gesto con la mano, - ti sei assunto un impegno gravoso, questa volta, ma noi ti aiuteremo ad uscire d'impaccio... Non ti aiuteremo a costruire la tua cappella perché la tua religione ammette i miracoli ma non la magia, ma faremo ciò che abbiamo sempre fatto per te, cioè terremo a bada gli elementi naturali e gli animali, faremo in modo di evitarti possibili incidenti o imprevisti che potrebbero rallentare il lavoro e baderemo alla tua salute... -
Finalmente Sergio si stava rendendo conto della fortuna di avere quei piccoli amici e, rasserenato, rispose: - Ma come posso ringraziarti? C'è qualcosa che io posso fare per te? - E lo gnomo rispose: - Sì, alcune cose. Per prima, devi intitolarmi la tua baita scrivendo il mio nome in bella vista, anzi, scrivilo alla Walser: Artört e non alla piemontese, cioè Artoert. In secondo luogo, devi promettermi di rimanere sempre buono come sei ora e amare uomini e animali di questi monti tanto da non ucciderli come facevi una volta e poi... -, e lo gnomo esitò, - poi ogni sera prima di addormentarti e dopo aver pregato il tuo Dio, devi rivolgere un pensiero a me mormorando lentamente:
"VENTIXOULUK, VEGLIA SULLA MIA BAITA". Questo è tutto ciò che ti chiedo e che tu devi impegnarti a fare. - - Lo farò..., stanne certo, lo farò sempre... - e Sergio alzò il capo e socchiuse gli occhi ripetendo mentalmente la frase per non dimenticarla poi, mentre si apprestava a salire pensando come avrebbe fatto a scartare lo gnomo, si accorse che esso era sparito come se fosse stato inghiottito dalla scala. Raggiunse la cucina e si mise ad armeggiare per trovare una matita e un pezzo di carta e, quando finalmente li trovò e si dispose a scrivere, si accorse di avere completamente dimenticato la frase e che essa non gli tornava in mente per tanti sforzi egli facesse e così facendo o, forse, per tutte le emozioni di quel giorno, finì con l'addormentarsi profondamente. Fece uno strano sogno nel quale appariva la sua baita avvolta in un volo di ali grigie come il crepuscolo, ali enormi di trenta gufi svolazzanti intorno al tetto. Si svegliò di colpo e si rinfrancò vedendo un raggio di sole penetrare attraverso la porta aperta e illuminare il foglio rimasto sul tavolo e, meccanicamente, afferrò la matita e descrisse il sogno appena fatto: VENTI(+) X (10, quindi 20+10=30) OULUK (gufi), si alzò e corse sul pianerottolo della scala gridando: - Grazieee! -, con quanto fiato aveva in gola. Ristette un attimo tendendo l'orecchio per udire l'eco ma invece di esso, dalla pietraia e dal paesaggio circostante, gli giunse, portata da un leggero vento, la voce magica e confortante del monte: strida di rapaci in volo, musica di acque saltellanti, campanelle lontane di armenti...

 
Vento di ponente...
 
Vento di ponente,
vento caldo d'estate
che, dolce, accarezzi il mare
destando piccole,
innocenti onde
che corrono alla riva...
Una barca alla fonda
contende il suo ferro
al sommerso scoglio
danzando in girotondo.
Io guardo e sogno,
mi perdo nei ricordi
e visi, voci, ombre
di fantasmi mi vagano
intorno e attendono
la fine del mio tempo...

 
La vela si affloscia
 
Freme la mano aggrappata al timone
e la barca corre sulle onde
con le vele piene di vento...
Pare un grande uccello
con le ali bianche a fendere l'aria
mentre la prora spacca le onde.
E il pensiero corre a riconoscere,
in quella corsa, la mia stessa vita
le attività, gli amori nati e gettati via
in quel mio correre, in quel volare
per superare il tempo,
per raggiungere chissà poi quale meta...
Ora, mentre la notte scende
e la prima stella tenta di brillare,
guardo la vela floscia vibrare
al pigro refolo di vento
e, inutilmente muovo la barra
per sfruttar l'abbrivo e giungere
all'ormeggio, con la fatica
della mano e del cuore che già sento...

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Agg. 05-04-2004