LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Giuseppe Volpe
 
È nato il 19 aprile 1986 ad Andria. Frequenta il Liceo Classico C. Troya di Andria. Vincitore di due concorsi di poesia; uno, organizzato dal Movimento Consumatori con la poesia "Innocenza", il secondo, organizzato dall'associazione culturale Urania Lombardia, classificandosi primo nella sezione giovani con una silloge intitolata "Vita nuova". Ha partecipato a vari laboratori e concorsi teatrali, scrivendo testi teatrali.

Innocenza
 
Invisibile innocenza,
nel funesto lago traspare.
Tutt'intorno rossi papaveri
in campo di grano
consunti arborei aride
spoglie unte di miele.
 
Un fatal grido
in liete trame.
Di un tristo fanciullo
le caviglie possiedi,
le palme sue di ferro
fra brave tenaglie.

Aura
 
Violento e lieve soffio,
in cielo conduci.
Tu stesso coi funesti buoi dell'eroe corri.
 
Lavoro per le armi dei celicoli,
scuotiterra possente
della tenebrosa notte
in accampamenti deserti.
 
Dolce canto di cetra,
sbocciato
con profumo di giglio.

Vita nuova
 
Doloroso cammin di vita,
in un'altra oasi vissuta.
Memoria del felice e grave
trapasso dopo il meriggio.
 
Fedel promessa,
del sorgere.
Un consacrato forgia
nelle fiamme.
 
Essenza del cosmosotera.
Nave in cerca
di pacifici approdi

Celebre gladiatore
 
Su la sabbia di un'arena
lotta, un celebre gladiatore,
il cui nome ignoto
nelle grotte della devozione,
per attendere l'aurora dell'imperio.
 
Come il vento le foglie disperde,
così egli con agile passo
la feroce fiera abbatte.
Come il lago il cielo riflette,
così alla luce del sole
la sua lama risplende.
 
Dal profondo grido fanciullesco,
indifeso e protetto, sorse
l'illustre canto di vittoria.

La stagione
 
Perché un barcaiolo anela
alla sospirata costa?
Dove di ruggine sono
le foglie, i rami di
alberi invecchiati nei secoli.
Stanco, sotto la calura
lavora, instancabilmente
irrigando le zolle.
Canta senza fine
lentamente una cicala,
annunciatrice della
vecchia stagione.

Cecità
 
Nella reggia gremita di pompe festose,
un uomo,
da nebbiosa coltre
accecato, la scena
del teatro non vede.
 
Non vede il riflesso
del sole sulla pallida luna.
Non ode la voce esortante
di un aedo,
che canta la nuova e antica legge.
 
Un orbo, la mano armata,
trafigge con il pugnale
le tavole
macchiandole di sangue.
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Ins. 03-05-2004