LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
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Giuseppe Cardillo
 
Giuseppe Cardillo.
È nato in Calabria, vive ormai dal 1964 a Torino dove lavora come Dirigente scolastico negli Istituti Superiori. Cultore di tradizioni popolari, ha sempre sostenuto la validità delle parlate locali, tanto da scrivere la maggior parte delle sue liriche in vernacolo calabrese, lingua che lo scrittore considera capace di esprimere i sentimenti più delicati e profondi con immediatezza.
Opere: "'U pisu da luntananza" Torino 1982; "'U cambiamentu" R.C. 1997; "'I cunti du mastru" R.C. 2001 è "Lettere non spedite" Torino 2002.
"In un tempo in sui la letteratura in generale e la poesia in particolare si crogiolano di cerebralismi e stravaganze che distaccano l'arte dalla vita comune e tendono a chiuderla in un mondo a sé, isolato ed impenetrabile, Giuseppe Cardillo con i suoi volumetti ci riporta in una dimensione umana, lontana da alchimie stilistiche, dove non è difficile rinvenire un patrimonio comune di principi e di valori espressi con parole e forme che tutti possiamo intendere". (Prof. Pasquale Cotugno)
 
 
Cicala
 
Lasciate con ascolti
il canto insistito
di perse cicale
tra fichi e sambuchi.
 
Lasciate la rabbia
latente dei crucii
dispersa nell'aria
spezzata dai venti!
 
Io sciolgo contento
un inno alla vita
che addita domani
un'alba diversa.
 
Non vuoti mattini,
non giorni già morti,
ma canti e risate
strappati alla sorte.
 
 
 
Silenzio
 
Non chiamatemi,
non cercatemi,
risparmiatemi
il vuoto delle parole,
lasciatemi riposare
finalmente
sopra questo guanciale
di pensieri,
lasciatemi creare e ricreare
il sogno che riporta
le memorie di lontane
ed azzurre risonanze!
Vorrei sognare,
per una volta ancora,
il fruscio
dei tremuli canneti
ed il ceppo ritorto
delle vite.
Lasciatemi
raccogliere le schegge
dell'ora che si rompe
qui lontano
e rimanere solo
dentro l'ombra.
 
 
 
Fave
 
In questi giorni di primavera
tra gli uliveti
del mio paese
soffia robusto
il vento di scirocco,
fioriscono le fave
ed i piselli
mettono i baccelli.
Ed io rimpiango
da così lontano,
di tra le ciminiere di Torino
il fumo agre della ramaglia
che il contadino
brucia nei vigneti
 
 
 
Girovago
 
Girovago,
per strade sconosciute
ho spesso
raccolto
il gesto che consola
e lo coltivo
come fiore di serra.
Quanta allegria
se, nell'andare,
con un gesto d'amore,
una speranza ed un sorriso
si possono donare
per scacciare i pensieri
che volano sul cuore
come uccellacci neri.
E quanta dolcezza
se, inaspettata,
ti giunge
una carezza
per dirti che la vita,
qualunque sia la sorte,
è meglio della morte.
 
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Ins. 3 marzo 2002