LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Giovanni Teresi
Ha pubblicato il libro
Giovanni Teresi - Sogno ad occhi aperti


Un viaggio nel Mare Nostrum fra antiche tradizioni


ROMANZO STORICO

 
Collana Le schegge d'oro
(i libri dei premi)


14x20,5 - pp. 48


Euro 7,00


ISBN 978-88-6037-5902

Pubblicazione realizzata con il contributo
de IL CLUB degli autori in quanto l'autore è finalista nel concorso letterario «J. Prévert» 2008

In copertina:
 
"Universo marino"
Opera ad olio su legno dell'artista Salvatore Sturiano
Atelier via Mario Nuccio, 84 Marsala (TP)
www.studiosturiano.netsons.org
e-mail: punicart@yahoo.it
cell. 3396466507
 
Prefazione
Introduzione
Incipit
 

Prefazione
"Sogno ad occhi aperti" di Giovanni Teresi è un affascinante viaggio fra le culture, le antiche tradizioni, le vie dei commerci marittimi del Mare Nostrum: la culla di civiltà rappresentata dal Mediterraneo.
Un'avventura in una dimensione antica che recupera le profonde radici culturali e sociali, seguendo due percorsi, (uno si dirige verso lo scandaglio nel mondo interiore dell'autore e l'altro illumina la meravigliosa realtà dei luoghi che sono davanti ai suoi occhi), che tendono inevitabilmente a confluire in un unicum ancestrale e denso di riferimenti che spaziano dall'oggetto estratto dall'antica terra alle riflessioni filosofiche dei classici.
Tutto nasce dalla visione d'un fondale con quella sottile sabbia, con quell'acqua cristallina, che fanno nascere la consapevolezza di "appartenere al mare".
Ecco allora che, dal luogo dove si trova l'autore in compagnia della moglie, dall'antica Lilibeo, oggi Marsala, città natìa di Giovanni Teresi, si snoda un reportage storico-archeologico accompagnato da attente riflessioni filosofiche ed esistenziali, in una miscela di esperienze, di riferimenti storici, di tradizioni culturali, di confluenze religiose, di ricordi relativi a usi e costumi.
Da un frammento d'una antica anfora, raccolto per caso sulla spiaggia, nasce, anzi si crea e ri-crea, un immaginario viaggio sulle rotte dei Fenici, partendo dalla vicina isola di Mothia, con il suo porto fenicio famoso per il commercio mediterraneo della porpora, dei tessuti e del pesce.
Ha inizio così il personale viaggio nel tempo di Giovanni Teresi, ripercorrendo le navigazioni dei Fenici, dominatori del mare sotto il profilo mercantile e le loro famose città stato; quindi la ricerca del luogo di provenienza del frammento d'anfora trovato sulla spiaggia, forse dalla ricca città commerciale di Mozia; poi la visita al museo Whitaker con la moglie e un excursus sulla vita di quel tempo: i cibi, le bevande, i vestiti come il chitone, una tunica di lana, sopra il mantello di lana claina, il pharos di stoffa più fine per i ricchi, il peplo per le donne, i loro gioielli bellissimi e i probabili profumi all'essenza di gelsomino e zagara. Il viaggio storico non mancherà di prendere in considerazione la religione, la mitologia, la filosofia, la poesia e il teatro con le famose maschere tragiche, satiriche e comiche.
Poi, dopo la traversata fino a Diamante, in provincia di Cosenza, a ricordare il cedro liscio di Diamante, il più buono del mondo, ecco il ritorno alla terra di Sicilia, ricordando la famosa statua di Afrodite rinvenuta a Marsala o il giovinetto di Mothia (e, come l'autore saprà bene, solo una delle decine di figurine in terracotta rinvenute a Mothia nel 1970), senza dimenticare il più antico libro di cucina di Miteco di Siracusa del IV secolo a.c., e, infine, solo per citarne alcuni, i rinomati dolci siciliani come la cassata e la frutta martorana.
Interessanti poi le pagine dedicate all'importante figura del Rais nella tonnara e il canto di saluto ai tonni, la "Scialoma", che fa venir in mente Pitagora "una pietra è musica pietrificata".
Il "sogno ad occhi aperti" è quindi una porta che si apre sul mondo antico della nostra civiltà, miscelando rappresentazioni religiose, tradizioni popolari e cultura archeologica: una testimonianza che dimostra quanto siano ancora presenti nella nostra vita.
Giovanni Teresi recupera, come inebriato indagatore del passato, le memorie antiche e, con saggezza, trasfonde nelle pagine di questo "sogno" tutto il desiderio, la passione, l'incantamento davanti alla vita, le visioni estatiche davanti a luoghi che mantengono il loro fascino inalterato nel tempo. E si muove sempre con discrezione, con cautela, quasi a sottolineare una forma di rispetto nei confronti di questo patrimonio culturale di cui essere orgogliosi.
 
*Mentre leggevo "Sogno ad occhi aperti" di Giovanni Teresi è tornata alla mia mente la figura di Sabatino Moscati, che ho avuto il piacere di conoscere quando ha pubblicato il libro "Le pietre parlano". Ricordo bene i numerosi riferimenti a Mothia ma soprattutto l'incipit del libro: "L'archeologia può affascinare... è un'esplorazione alla ricerca dell'ignoto... un oggetto che riaffiora parla il linguaggio di chi ne fu il possessore... un valore per la storia e per la vita". Proprio come questo affascinante "sogno ad occhi aperti". Sono sicuro che questo personale ricordo farà piacere a Giovanni Teresi.

Massimo Barile




Introduzione



La storia di ogni mare, dagli immensi oceani al Mediterraneo, ha determinato le caratteristiche principali delle differenti civiltà, ha influito sulla religione, la letteratura e gli eventi di sviluppo dell'umanità. L'uomo si è inserito in questo elemento, ne ha scoperto molti segreti, ne è diventato parte integrante.
In questo ambiente, fraternamente ostile, vive da millenni la più affascinante ed autentica delle sue avventure. Però, più di ogni altro mare, nel Mediterraneo miti e leggende si sono stratificati per secoli nelle memorie dei suoi popoli costituendo un patrimonio vasto da cui emergono riconoscibili ancora oggi i temi dei racconti biblici accanto alle tragiche vicende della tradizione greca.
Il mare Mediterraneo, questo Mare Nostrum, che sta in mezzo a terre che li bagna, le addolcisce e alimenta, non è solo forma d'acqua è musica, voce e danza, un ritmo che è germe d'un frattale.
La sua proporzione, armonia e nitidezza raggiungono l'arte, la filosofia, le forme di vita delle sue coste. Lo scultore, il poeta, il musicista adottano questo suo dispiegarsi e raccogliersi, la sua libertà chiusa, questa equazione delle onde che dicono essere cessando di essere e indicano l'infinito.
Il mare, però, non si lascia violare, difende i suoi segreti, incutendo oscure paure, timori ancestrali che resistono al progresso della tecnologia.
Un viaggio nel Mare Nostrum fra antiche tradizioni ci offre, subito, la dimensione del tempo arcaico in cui affondano le radici del rapporto tra uomo e mare; radici di cui si può ancora trovare operante testimonianza nel XXI secolo.
Senza dubbio il Mediterraneo non è soltanto un mare ma è, allo stesso tempo, regione geografica, fucina di storia e teatro dei popoli.

L'Autore

 

Sogno ad occhi aperti

Un viaggio nel Mare Nostrum fra antiche tradizioni
ROMANZO STORICO
Sogno ad occhi aperti

Il 27 luglio 2006 fu un caldo giorno di 30°. Come i giorni precedenti, mi trovavo con mia moglie Elisa al lido Mediterraneo a godere della frescura dell'acqua limpida del mare. Si scorgeva il fondale con la sottile sabbia aurea mentre i nostri corpi scivolavano tra le alghe indorate dai raggi del sole e fra le piccole meduse che danzavano all'antica melodia delle onde.
Quella mattina avevo ricevuto dal mio editore la bozza della nuova raccolta poetica "Viaggio in fondo all'anima". Dopo un sommario controllo, riflettevo profondamente sulla ratio dell'uomo e il suo inscindibile io. L'uomo guerriero ed instancabile viaggiatore di due mondi: quello interiore dell'anima e quello di luoghi tangibili.
Dall'analisi introspettiva del proprio vissuto, passavo al possibile viaggio in luoghi non conosciuti. Immerso con la mia donna nelle cristalline acque del Mediterraneo iniziavo un viaggio da sogno sul fondale non ancora contaminato.
L'appartenenza dell'uomo al mare è indiscussa...
È impossibile contare i granelli di sabbia, i ciottoli erosi continuamente dalle onde e le stelle del firmamento; così guardavo solo le pietruzze sotto i miei piedi e le barche dondolanti alla deriva.
A volte è utile uscire dal quotidiano e pensare che non bastano i giorni della nostra esistenza per conoscere ed imparare ciò che ci circonda, che spesso non consideriamo o facciamo finta che non esista. Un universo terreno apparentemente limitato che aspetta d'essere scrutato.
La creazione è arte, essa sta nelle ombre e nella luce, nel vento tra le candide nuvole, nelle secche radici che emergono dalle zolle, nell'amore che avvolge tutti gli esseri dal profondo degli abissi all'azzurro cielo, nel mutevole animo.
Si può immaginare il mondo, il proprio mondo solo per il fine egoistico e intransigente della lotta per la sopravvivenza? Mi ponevo questa domanda mentre analizzavo la mia nuova opera "Viaggio in fondo all'anima". La percezione del limite circostante, il desiderio dell'universalità e dell'immortalità sono ricorrenti ai quesiti filosofici che si vogliono porre.
Un altro aspetto dell'esistenza è il concetto dualistico della vita e della morte e la derivante lotta per la sopravvivenza. Mentre pensavo, sugli scogli due granchi lottavano con le loro potenti chele... Un polipo, dalla vicina tana, si mimetizzò dopo averli confusi con un getto di liquido nero impenetrabile; ma, una fiocina attenta lo infilzò per essere posto poi in tegame.
Quella mattina di luglio, mia moglie, dopo il rincuorato bagno, mi proponeva una spaghettata allo scoglio. A ritorno a casa, raccolsi lungo la spiaggia dei ciottoli di diversa misura e colori finemente levigati dal mare e mi chiedevo l'origine millenaria della loro esistenza e quanto tempo ancora era necessario a ché divenissero fine sabbia; quindi, con un gesto infantile, li buttai lontano.
Dei cerchi concentrici si formarono fino a scomparire. Altri tonfi seguirono nell'acqua cheta originando altri cerchi più o meno marcati a seconda della grandezza del ciottolo.
La singolarità degli eventi, dei giorni che levigano la vita, degli attimi che s'imprimono nella mente sono come quei cerchi concentrici che col tempo gli uni si sovrappongono agli altri.
Così, in quel momento riflettevo che le diverse esperienze hanno, di sicuro, aspetto diverso nel nostro inconscio. Ogni esperienza di vita presenta la diversità dei vari stati d'animo. Ogni atto, ogni sforzo, ogni emozione esprime il dualismo dell'esistenza. Non ci sarebbe giorno se non ci fosse la notte, non ci sarebbe ragione se non ci fosse intuizione, né maschile senza il femminile, né vita senza la morte, né forza senza saggezza. Né l'odio, né l'amore possono esistere se non esistesse l'altro, incompatibile e contrario, oppure complementare e fecondo. Facendo tali considerazioni lungo la spiaggia, mi capitò all'improvviso tra i piedi un coccio d'anfora antica, lo raccolsi con curiosità...
Esso portava inciso da una parte la lettera alfa e dall'altra l'impronta di un dito, forse quello del primordiale vasaio. Misi il coccio consunto in tasca e mi diressi a casa.
La spaghettata allo scoglio fu buonissima.
Dopo pranzo, io e mia moglie, con quel pezzetto d'anfora antichissima, iniziammo un immaginario viaggio sulla rotta dei Fenici.
Il luogo ove viviamo, l'antica Lilybeo (Marsala) con le prospicienti isole Egadi è preziosa fonte d'ispirazione.
Devo premettere che l'antica città lilybetana e la vicina isola di Mothia, con il suo porto fenicio denominato "Cothon", erano rinomate nella storia millenaria del commercio mediterraneo per la porpora e il buon pescato.
La rotta veniva perseguita frequentemente dai Fenici e dai Greci. Non mancarono delle lotte accanite tra i due popoli con le conseguenti perdite del prezioso carico.
Iniziare una storia da un pezzetto d'anfora, che forse conteneva dei semi di grano, è stato non facile. La lettera greca alfa potrebbe indicare l'inizio del tempo.
Manca una data precisa d'identificazione del coccio di creta, ma è certa la presenza dell'impronta di un dito che indica l'atto della creazione dell'opera e l'inizio del viaggio negli albori del tempo.
La creta era il materiale comune di fabbricazione delle anfore e delle povere stoviglie. Così, attraverso varie letture e ricerche, cercammo di intraprendere la rotta commerciale degli antichi Greci e degli altri popoli del Mediterraneo.
I Fenici, per diversi secoli, furono i padroni assoluti del mare, ma solo sotto il profilo mercantile, poiché mai si preoccuparono di avere un predominio politico.
E questa fu la causa principale del loro declino ed anche della fine per la più grande ed importante colonia fenicia, Cartagine, sotto l'urto di una nuova civiltà prorompente, quella romana.
I Fenici venivano dal continente asiatico e la loro origine va cercata in Mesopotamia dove fiorirono la civiltà assira e quella babilonese. Anch'essi sentirono il richiamo potente del mare, e, seguendo l'impulso, giunsero fino alle rive del Mare Nostrum.
La loro vocazione non era né quella di navigatori né quella di portatori di civiltà; erano mercanti, e divennero marinai per necessità; se mai riuscirono ad essere dei civilizzatori, lo furono con le civiltà altrui che conducevano da un porto all'altro come appendice delle merci che compravano, vendevano o barattavano.
Ai Fenici, però, si deve anche la prima e più importante trasformazione della scrittura, da cuneiforme a geroglifica in vero e proprio alfabeto fonetico, che è alla base del nostro stesso alfabeto; ma lo fecero per necessità dei loro commerci, non certo per creare uno strumento di diffusione della civiltà. I Fenici erano soprattutto avidi, senza scrupoli; essi non disdegnavano di esercitare anche la pirateria, e dove giungevano catturavano donne e fanciulli che poi vendevano come schiavi sui mercati d'oriente.
Dopo questa presentazione caratteriale dei Fenici, Elisa mi fece rilevare che il gran numero e qualità di oggetti ritrovati lungo tutte le coste del Mediterraneo dimostra l'importanza dell'attività commerciale di questa gente e l'influsso che ebbe sugli altri popoli. Ciò comportò pure esportare usi, costumi e credenze. Ad esempio, ancora oggi, c'è l'usanza del popolo ebraico di comprare i cedri di Diamante, in provincia di Cosenza, come simboli di potenza e purezza divina.
Della potenza e ricchezza di Tiro, città fenicia, ne parla persino la Bibbia al libro di Ezachiele, capitolo 27: "I tuoi domini si estendono in alto mare. I tuoi costruttori ti hanno fatto di bellezza meravigliosa. Coi cipressi dell'Ermon costruirono tutto il duplice scafo; presero dal Libano il cedro per farne l'albero maestro: prepararono i tuoi remi con le querce del Basan. Costruirono la tolda in avorio... Di lino e tessuti variopinti, importato dall'Egitto, era la tua vela che ti serviva d'insegna. La porpora e lo scarlatto delle isole d'Elissa formavano la tua cabina..."
Migrando dall'interno della Mesopotamia verso il mare, i Fenici si fermarono in una striscia di terreno racchiusa tra il Mediterraneo e le montagne del Libano e della Galilea. Si stabilirono in quei luoghi perché erano un passaggio obbligato per le carovane che dall'Egitto andavano verso l'Asia, e lì potevano esercitare il loro commercio ed anche la loro pirateria.
Fondarono delle città scegliendo la loro ubicazione sui promontori rocciosi o addirittura su delle isolette a poca distanza dalla costa; ben presto diventarono fortezze imprendibili, oltre che posti sicuri per le loro imbarcazioni. Sorsero così molte città, ma le due maggiori furono senza dubbio Sidone e Tiro. Erano ricche le città fenicie, ma non tutti i cittadini lo erano altrettanto. L'uomo navigatore, guerriero, cacciatore ha posto sempre la sua armatura accanto agli arredi di ricche o povere dimore, ed ogni dimora non è stata altro che intima espressione del suo essere.
Anche il più ardito e temerario navigatore ha fatto della cabina della sua nave lo scrigno di riflessioni e di calcoli su audaci rotte.
Credo che ogni uomo segna la realtà circostante con l'arma incisiva del suo modo di agire e pensare; così che le armi, le suppellettili, le vesti, i profumi, il cibo, nonché gli scritti spesso sono conservati gelosamente tra le quattro mura del suo habitat.
Il coccio d'anfora, dopo un'attenta analisi e calcolo della circonferenza dell'originaria bocca, di sicuro non era un'anfora di grossa dimensione come inizialmente ipotizzato, ma apparteneva senza dubbio ad un corredo domestico per la conservazione delle bevande. Suppellettile, quindi, appartenuto ad una dimora della vicina Mothia. Questa piccola isola della laguna dello Stagnone è posta dirimpetto all'antica Lilybeo. Come tutte le città prospicienti al mare, Mothia al tempo dei Fenici godette d'un florido periodo di ricchezza commerciale, ma ebbe anch'essa una fase di decadenza. Sembra verosimile che siano stati i Fenici a chiamare Mothia la colonia da loro fondata, probabilmente in virtù degli stabilimenti per la tessitura della lana che essi stessi impiantarono nell'isoletta. Mothia, infatti, nella lingua semitica significherebbe "la filanda".
In questo splendido viaggio nel mondo degli antichi predecessori, mia moglie è stata un'importante guida con i suoi appunti, interventi e consigli soprattutto d'ordine temporale negli eventi storici qui menzionati. La fondazione di Mothia viene storicamente collocata intorno alla metà dell'VIII secolo a.C.; qualche decennio dopo quella di Cartagine (814-813 a.C.).
Poco dopo ebbe inizio in Sicilia la colonizzazione greca, che si concentrò nella parte orientale dell'isola e che venne a contrastare la colonizzazione e l'attività commerciale dei Fenici...

 
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Ins. 12-07-2008