LA PIÚ GRANDE ANTOLOGIA VIRTUALE DELLA POESIA ITALIANA Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti

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Notte   Notte che inebrii di boschiva sonorità, hai dipinto improvvisa il davanzale d'oscuro, destando la luna e sopendo i cieli. I campi hanno atteso a lungo che annegassi il sole agostino, e bruma d'inverno ha cercato le tue mani, brancolando nel giorno. Hai percorso mezzo mondo ed ora sei giunta, con l'ali del gufo, ad accender taverne e risa dal cuore. Notte che spargi salmastro su spiagge, notte che ammanti gli amanti, hai profuso note di mosto per le cantine, i grilli hanno appreso per te il canto, ti sei unita alla terra e il bacio tuo umido sarà, domani, rugiada per la campagna. O etereo spirto, o fatina d'assenzio, stilla da noi i dolori di cui il giorno ci impregna e addormentali. Vesti d'oblio le sofferenze dell'infermo e dona un pensiero al valente per non dimenticarle. Tessi il sonno del guerriero con trame di sereno e permetti al vile un riposo indisturbato, poichè domani è una nuova occasione per cambiar vita. Cala sul mondo e le sue morti quotidiane. E' ora di dormire. Perché mi ami?   Chiedi definizione di quel che sempre dono e ancor più taccio. Deluderei. Le parole sono di questo mondo. Forse un giorno, quando morrò. T'ho trovata nei tuoi occhi   Saranno stati rivoli d'acqua dolce assopiti nei letti di rena e muschio, qualche sprazzo di malva chiara per sentieri di colline attorno, un manto erboso ove lo sguardo scruta in fondo, ne striò, l'autunno, i viali con arbusti e foglie secche come a fondere muscoli lignei e verdura croccante in sensuale e panico trionfo dei pigmenti di campagna. Chissà che v'era, poi, in quel tuffo senza fine, se amore placido m'attendeva o mare in delirio, quando il prato prendeva a svanire e si ritiravano le macchie erbose trafitte da venature di cannella e zenzero, lasciando ormai solo tracce di ortiche e l'edera riccioluta a cui m'ero aggrappato, mentre l'iride si sformava in dissolvenza. Poi caddi. L'eternità trascorsa nel bramare un istante, poi di nuovo eternità, non t'avrei trovata che in quel buio disgregatore di forme altrui, a donarmi un po' del tuo essere, vaghi bagliori dalla tua anima, ed io tutt'intorno continuavo in parte ad esistere ma lì dentro eri tu, da sola. Vita, io non capisco   Non guardarmi così, con gli occhi increduli di chi si sente rifiutare indietro ciò che sempre è stato solo in prestito. Abiti ancora questo vecchio corpo, rifugiata nelle vene mie come sangue, respiro di polmoni stanchi, m'hai concesso di udire il canto del mare, di scorgere la luna tra gli alberi, di incantarmi ai profumi del bosco. M'hai aperto il mondo e il tempo me lo ha reso ogni giorno diverso, lo ha svelato pian piano, cosicché capissi che il tempo stesso non basta, che tu non basti, e che c'è ancora da andare. M'hai fatto conoscere l'amore passionale, l'amore giovane e spensierato, l'amore perso, l'amore rimpianto e quell'amore di cui mi appaga il sapere che ne esistono forse di più grandi ma per me è il più grande. Maestro mi chiamano, sono in realtà eterno studente, vorrei la conoscenza e conosco appena chi sono. Non il ricevere a preoccuparmi, ma il tanto da dare che porto ancora dentro, nel portafogli d'esperienze carico e che in tasca non sta più, nè mai si colma, però, finchè mi regali un nuovo giorno. Ieri donavi ed ora reclami? Devo renderti, lo so bene. Eppure, non guardarmi così se non riesco a cederti a chi ti donò a me, nei miei libri non sta scritto e altrove non l'ho mai imparato. Si accetta, semmai. Ma davvero non so come.

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