LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Fulvia Marconi

 
L'OMBRA DEL RICORDO


Vieni o mio sonno a rinfrancar le membra,
quando i ricordi ghermiscono i pensieri
dei tanti giorni le cui vestigia snodano
tralci e corone di reminiscenze antiche.
Nulla che possa esser d'interesse
per altra mente o per altrui orecchio,
solo un chiaror che la mia mente alluma
a trascinar fin dentro il sogno... il dì di ieri.
Leste a comparir, nella mia mente persa
dietro il divenir d'oniriche visioni,
cornici e sfondi da me imparati e intesi
quali certezze d'ormai trascorsi tempi.
Ora rivedo il melo dall'innevati rami,
ove tremante il passero sparuto cinguettava,
forse col suo discreto ciangottio invocava
il dolce tepor dell'anelato sole.
O ancor rivedo a tarda primavera,
giocosa l'armonia di grilli e di cicale
con platea festante di rose e gelsomini
sì che alle nari ancor giunge l'olezzo;
o pure nell'afosa notte estiva
il buio trasudante di calura
portava a me dalle finestre schiuse
d'un cane il suo latrar d'assai lontano.
Ma incanto che mio senno inver rincorre
è di godere ancor di quei suoi occhi,
è respirare ancor l'odor dei baci
che tanto aggrovigliò ai miei capelli.
Sogno... foriero di cotanta speme,
rendimi vision che a me tanto fu cara,
in un tramonto con nugoli effimeri color dell'ambra,
ch'io possa almeno in sonno, del suo ricordo... carezzare l'ombra.

 
LIBERTA' VUOL DIRE: AMORE E PANE


Figli del mondo da ''quella Croce'' nati,
forti del senno e della propria fede,
fidate in quel miraggio che mai non vuol confino,
atto a lenir le piaghe del perduto mondo.
Levasi il vento di rabbia e pur dispetto,
a sperdere schiere di angeli nel cielo,
trema la terra e impallidisce luna,
se fra le genti è scevra libertà.
Uomo, che nato sei sovrano sulla terra,
con su tal serto eretto in capo a dignità,
fa che la voce tua non resti muta,
urla il tuo sdegno per chi schiavo muore.
Raggi di sole a fonder le catene,
perché queste mie mani si fondan con le tue.
Monti scoscesi, orsù... bevete il mare
tanto più misero di lacrima d'offesa.
Che cosa vuol mai dire... libertà?
Forse volare su cavallo alato?
Portare tutti i sogni al di là del cielo?
Oppure sta a indicare quel vascello
che solca tutti i mari intorno al mondo?
Non esser stolto e invece, ascolta il vento
che di dolore aliterà il sussurro.
Aiuta ad innalzar barriere al pianto
di quel fratello che non ce la fa.
La libertà non è cavallo e neppur vascello
ma è goccia di rugiada su fior di pesco.
Essa vuol dire solo: ''AMORE E PANE''
e scioglier le catene a chi legato è... peggio di un cane.

 
FIORIO E BIANCOFIORE


D'ora in ora, giorno si schiara al sorgere d'aurora,
d'ora in ora, s'alza su nel ciel a calda sua dimora,
astro nascente, sole rilucente, del dolce dì di maggio,
tanto ch'al cor e parimenti a spirto dona inver coraggio.
Schivo e fuggiasco al lieve tremolar dell'assonnate nubi,
l'incanto lunar lesto ad ispirar delizie e pur connubi,
disfa del suo rosario l'opalescente lume,
forse dolente al sorger di chiaror ed ogni suo barlume.
Veste di luce il suo scenario il mondo,
con vanitade propria, della beltà di così tanto sfondo.
Destati giorno... sveglia giovinezza,
destati o vita all'incanto e alla bellezza.
Cessa il suo canto al sole e dorme l'usignolo,
lui che cantò la notte per chi restò da solo.
Solo coi pensieri e senza illusione alcuna,
tanto desio... per lei... per lei... la mia ''madonna bruna''...
Piangi usignolo per l'altrui dolore,
amor m'infiamma di cotanto ardore.
Non ci saran più versi e neppur poesia,
che leniran dolore per questa pena mia.
Neppur tacendo questo gramo affanno,
saprò sopir del cuor il disinganno.
Sole ormai splende, colora foglia e fiori
ma l'usignolo tace... non vede i suoi colori.
Pur'io, ormai cieco da tanto vezzo e oblio,
non volli creder che potesse dirmi addio.
Io che vedevo in lei brillio d'oro di stelle
e che cantai per lei... le strofe mie più belle...
Ma come nella fiaba di ''Fiorio e Biancofiore'',
l'amor che nasce e sboccia... l'amore che infine... muore.

 
IL GHIACCIO DEL TEMPO


Foglie ormai secche disperse nell' autunno,
son miei ricordi e le mie fantasie.
Languidi i sensi, rammentano ancor oggi,
raggi di luna ed un amor lontano.
Sì penetrante l'odor dei gigli in fiore
e le farfalle, bianche ballerine,
complici eran d'un amor nascente,
per tua persona bella ed avvenente.
Quella stagione in cui... schiavo d'amore,
io ti cingevo la sottile vita
e ti rubavo timidi sorrisi
per riscaldar miei sonni solitari.
Cosa mi resta or di persa giovinezza?
Della tua pelle bianca di ''madonna''?
Stretto e avvinghiante è: ''... ghiaccio del tempo''
e non c'è bacio che, sciolga la morsa.
Cupo e appassito, il viso di quell'uomo
che mi si para agli occhi quando io mi specchio,
vieni malinconia non mi lasciare,
ora che ho tutto e nulla... OR CHE SON VECCHIO.



CANTO DI UN DI' D'ESTATE


Barlumi evanescenti d'ormai passata infanzia,
ravvivano crepuscoli nell'ombra dei ricordi.
E vedo, arretrando nell'ansa del pensiero,
ridente all'armonia del bel sole di giugno,
con pergolati d'uva e rose gialle,
quel casolare antico oltre il monte.
Dava fiducia al cor e protezione,
dalla canicola e calura estiva,
quel suo vialetto irto di ginestre,
dove sommesse e docili al dio sole,
a riparar da morsa di calura,
timide e assonnate oziavan le lucertole.
Pur da lontano un'abbaiar costante,
si percepiva di quel cane attento,
al suo dover di vigile guardiano
di un padrone che... non ne tien conto.
Canta l'estate quella sua armonia
con le cicale e trilli degli uccelli,
sotto l'attenta egida dell'astro,
che assai lucente... fa la corte al grano.
Canto sereno di quel dì d'estate
chiuso al suo volger da stellata notte,
dove soggetto intrinseco è... ''poesia''
e di briose lucciole è ''regia''.
Veli d'opalescenti stelle vagabonde
recano al cor e all'animo la quiete.
Chiude il sipario in ciel... tremula luna
col suo chiaror discreto mentre il dì imbruna.
 

 
NELLE SUE MANI UN GIGLIO


Tu, prima luce sei, a far chiaro nel giorno,
Tu, dell'eterne stelle amene chiaror e incanto,
di donne d'Israele fra tutte ognor l'eletta,
Tu, dunque, benedetta al sacro rivelar.
Tu, in un sospir fragrante dell'odor di giglio
che lieve t'accarezza e pur t'avvolge,
io messagger di luce e verità ammantato,
reco dispaccio di sacra profezia.
''Sii benedetta Tu fra tutte le altre donne''
Teco, il germoglio del Divin Disegno.
In quel Tuo grembo santo l'odore d'un segreto
e nei Tuoi occhi belli io scorgo turbamento.
Ama e proteggi Lui che Ti vien dato
dal Padre che dal ciel disegna il fato,
sì che dell'uomo, certo sia il cammino
che lo conduce per la via dei giusti.
Non ti crucciar se a Te è ignota mira,
io ti rivelo ordunque, o ''Fior di Palestina''
che nel tuo grembo di gestante madre,
si compirà del mondo l'eterna volontà.
Rosa purpurea, scaccia il Tuo timore
con l'ubbidienza al di Lui Volere.
Sia Tu modello schietto e pur sincero
di chi riesce a dare solo amore vero.
Mentre la donna, attonita, dell'angelo ascoltava
verbo del Dio che poi diverrà uomo,
questi librandosi in ciel al par d'una colomba,
omaggia la fanciulla d'un candido bel giglio.
Raggio di luce carezza or quel grembo,
come a indicarne nascente maestà.
Lei in un sussurro esclama '' O mio Signore
sempre sia fatta la Tua volontà''.
Poi china il volto Suo qual umile preghiera,
sapendo ormai d'avere su di Lei l'IMMENSO.
Scomparve allor visione, dell'angelo e del giglio
ma nel Suo casto grembo, accolse... un DIO e un FIGLIO.

 
IL PROFUMO DEL GRANO MATURO


L'ombra del vento, alitando scompone,
il mio ricordare quei giorni felici
in tanti brandelli di sogni vissuti,
che pur se sopiti, addolciscono il cuore.
I giochi d'infanzia, le corse sfrenate,
fra i campi indorati di spighe ondeggianti
e coi miei ricordi di bimba catturo
... profumo d'immenso... profumo di grano maturo.
Sospiri di nubi e il gioco del vento,
fra i riccioli biondi di bimba sognante.
La brezza leggera sapeva di sole
e prati cosparsi di piante di viole.
Ricami di nubi nel bianco mattino
e poi viene il giorno e fa sposa la luce.
Sbadiglia esitante ancora un momento,
assonnata rugiada che al sole s' arrende.
Violini, il frinir dell'eterne cicale,
s'udivan nell'ora sudata del giorno.
Castelli di sogni e... il fiorir della vita,
rintocchi festosi di gaie campane.
Il sole, la gioia e speranze al futuro...
profumo d'immenso... PROFUMO DI GRANO MATURO.



IL SORRISO D'UNA MADRE


Lenti e lacrimevoli lungo i vetri a scorrere,
tremuli e incessanti rivoli di pioggia,
imperlano ricordi d'ormai lontano autunno
colorato d'una grigia e impalpabile foschia.
Sibilava forte il Maestrale fra quei rami spenti
dei pochi lecci che sognare ambivan
a quelle sere d'estate ormai trascorsa,
mentre misero e sparuto geranio sul balcone,
s'inchinava all'imperversar del vento.
Rivedo te, camminare lentamente,
coi capelli impolverati di saggezza,
fra le mani tu stringevi dolcemente,
un rosario sempre pronto a sussurrar preghiere.
Cara donna, cara madre... cara tutto,
quel tuo grembo che per me, fece ragione,
la tua carne, con la mia fu condivisa,
quell'amore ch'ai miei occhi ti vuol ''Madonna'',
non s'arrende alla violenza dei tuoi anni.
Con le mani aperte a carezzarmi il viso,
come a cancellarne pene e pur sospiri,
quante volte confidando in tuo consiglio,
io chiudevo stanca gli occhi sul tuo seno.
Libro aperto questo cuore al tuo vedere,
tu sapevi anche... legger tra le righe,
tendo ancora questa mano che ti cerca,
ma ritrovo solo il raggio d'un sorriso.



FARFALLE LEGGIADRE NEL VENTO


Tu Primavera, che doni l'ebrezza di mille colori,
di bacche vermiglie dai mille sapori,
volteggia leggera su questa mia vita,
alitando su me la tua grazia infinita.
Colora col rosso d'un caldo tramonto
il cielo che affonda nel mar, sullo sfondo.
Raccogli il verde di foglie nascenti
e dipingi speranze nel cuor degli amanti.
Pittrice silente e fata sognante,
tuoi, soffi di vita sui fiori e su piante.
Dispiega farfalle leggiadre nel vento...
... son fiori volanti e del cielo l'incanto.
Cattura con soffio di flebile brezza
pensieri segreti e dammi certezza,
che come tu puoi, far rinascere un fiore,
nel cuore d'un uomo, germogli l'amore.
Concedi ai miei occhi... tutto il verde del mare,
affinché con lo sguardo sappia farlo innamorare
e donami pelle del colore di rosa,
perchè possa amarmi sopra ogni cosa.
E quando d'amor finirà la stagione,
come foglia avvizzita sfiorirà la passione,
io, come farfalla ormai priva del cielo,
che cerca il suo fiore coperto da gelo,
nel bianco Dicembre in cui tutto riposa,
che possa morire... sognando una rosa.



... E... c'era un presepe


Soltanto una notte, una notte soltanto,
il cuore dell'uomo ritorna bambino.
Odor di castagne e di mandarini
profumano l'aria... e... scende la neve.
Vorresti restare col naso schiacciato
sui vetri gelati a guardarla danzare.
Vorresti sentire ancora una volta
le mani ghiacciate in guanti di lana
intrisi di freddo... e c'era un presepe!
Accanto al camino... un presepe di gesso!
Con cura adagiavi del muschio setoso
e dentro la grotta... il bue e l'asinello.
... E... c'era un Bambino!... Rinasce il Bambino.
Ancora una volta, per mille anni ancora,
ancora una volta... rinasce il Bambino.
Rinasce l'Aurora. Aurora d'Amore,
che spera e che crede, che crede nel cuore
che crede alla fede, che crede nell'uomo
che torna bambino... e... c'era un presepe
... e C'ERA UN BAMBINO.


 
LA MAGIA DI UNA NONNA
Dedicata ad Augusta, la mia cara e dolce nonna che non potrò mai dimenticare)


Ti rivedo... volto tondo, faccia allegra,
sempre pronta a dir di si ai desideri,
porto amico eri in clima di tempesta,
il giocar insieme a te era una festa.
Vesti spente tu indossavi in quegli anni
e con nastri adornavi un bel grembiule,
lo portavi come un re che nel castello
si cingea regali spalle con mantello.
Tu saggezza, discrezione e... tanto amore,
tu salvezza da ogni certa punizione.
Mi ricordo, arretrando col pensiero,
che dicevi: ''Stai tranquilla e non temere,
il grembiule d'una nonna è inver fatato,
c'è una tasca e dentro troverai un tesoro.''
Quante volte, ritornando a lei piangente,
per un brutto voto capitato a scuola,
asciugando questi occhi dolcemente,
dalla tasca del grembiule suo fatato,
tosto uscivan due biscotti al cioccolato.
O se anche un giocattolo chiedevo,
presto in tasca la sua mano terminava
e nel giro di un secondo solamente,
mille lire... dal grembiule suo sbucavan.
Cara fata che d'amore sei vestita,
or fra gli angeli coroni la tua vita
e per consolar disagio agli angioletti,
dalla tasca verran fuori dei confetti.
Cara nonna, sono certa che stasera,
se guardassi nella tasca del grembiule,
troveresti tu, per me, anche la luna,
tu che m'ami come al mondo mai nessuna.
Il ricordo non mi lascia dei tuoi occhi,
occhi buoni sempre pronti a perdonare,
guarda ancora nella tasca per favore,
ed estrai ancor per me... TUTTO IL TUO AMORE.

 
CERCAMI


Cercami,
quando scenderà la notte
e sentirai il suo gelo calarti dentro l'anima.
 
Cercami,
quando avrai bisogno delle mie labbra
per asciugare tutte le tue lacrime.
 
Cercami,
e quando con i sogni volerai tanto in alto,
ti aiuterò a catturare arcobaleni
per farne anelli nuziali.
 
Cercami,
e quando sentirai il cuore divenire arido,
io lo trasformerò in oasi,
dove fiori e palme canteran di noi.
 
Cercami,
quando, sulle ali d'una farfalla,
spiccherò il volo librandomi nell'aria,
per giungere al più presto sino a te.
 
Cercami,
quando la delusione frustrerà ogni tua aspettativa,
ti aiuterò a ricucire brandelli di speranza
e tesserò per te la tela dell'esistere,
con fili di passione e d'entusiasmo.
 
Cercami,
quando la polvere dei ricordi
ti porterà inevitabilmente a me,
facendoti provare l'emozione di quei baci mai dati
e di quei sogni sospirati e mai sognati.
 
Cercami,
quando i capelli ruberanno
l'argento alla pioggia
e quando anche nell'altra vita
ti accorgerai di avere ancora voglia di me... allora... tu
 
... CERCAMI...

 
LA RABBIA E LA CAREZZA


Dolce carezza è l'alitar del vento,
sul mare d'erba che sinuosa ondeggia,
come lieve ed ampia gonna di fanciulla,
quando incede con passo sinuoso e lento.
Vento che spazzi via ogni più arcano sogno,
vento che porti al cielo ogni fantasia,
avvolgi con spire di polvere e di olezzi,
il cuore suo e falle ricordare,
quel tenue profumo di ginestre in fiore
e quella polverosa strada in mezzo al verde.
Araldo d'un amor di cui non so il destino,
vento, figlio di Eolo e complice dell'eco,
gridando a te, il suo nome ingigantivo
tanto e poi tanto per limitarlo al cielo!
Tu non conosci o vento la stanchezza,
tu non conosci l'ansia ed il patire,
sei la potenza fiera... sei la rabbia,
sei la dolcezza d'un sospiro lieve.
Tu sei il suo ricciolo scomposto sulla fronte
e sei un sorriso su quel viso bello,
quando soffiavi maldestro e sbarazzino
e un lembo della gonna sollevavi.
Sei come un sogno, nulla ti trattiene,
sferzi la guancia con ardito soffio,
ma se t'afferro con protesa mano,
nulla rimane fra le dita chiuse.
Solo mi resta, di quel dì un ricordo,
ricordo lei con i capelli al vento,
e quel sorrider spensierato e fresco
che al core mio ancora da diletto.
Concedimi la rabbia tua un momento,
che io possa odiarla per avermi illuso,
poi paca il cuore mio da quel tormento
e come zeffiro gentil tranquillo e cheto
fa che il sogno mio non venga più deluso.

 
CHE IO TI TROVI


O Signore, fa che io Ti trovi
nel filo d'erba che cresce,
nelle gemme degli alberi
prima della fioritura.
Che io Ti trovi
nella prima stella della sera,
nel dolore di una madre
che partorisce la sua creatura.
Che io Ti trovi
nei momenti d'attesa,
nei momenti di dubbio,
nei momenti di ansia profonda.
Ma soprattutto o Signore,
che io Ti trovi,
nel momento del dolore,
del turbamento,
quando la mia strada,
sembrerà allontanarsi dalla Tua,
quando il mio cuore
non riuscirà più a perdonare,
quando la mia anima
non accetterà più il patire e la sofferenza
e quando pur di non morire,
accetterei anche il male,
allora Signore, proprio allora... FA CHE IO TI TROVI.



IL DI'... DI IERI


Ricordar è dolce, il tempo di passata fanciullezza,
quando, correndo a perdifiato assaporavo,
nell'aria, il profumo di quell'aspra terra.
Con corolle di fiori, adornar usavo,
i lunghi capelli di vita inebriati,
mentre schiere di bimbi, come stormo allegro,
coloravan strade di spensierato chiasso.
Cangiante all'imperioso sole,
il verde di colline all'orizzonte,
impallidir faceva, il tremulo papavero
che d'ansia palpitava, per il timore d'essere raccolto.
L'orecchio allor fanciullo, sognante ancor di fiabe,
udir parea, dai ciliegi in fiore,
il palpitar leggero di fate evanescenti,
e di quei lor sospiri e flebili sussurri.
Sprazzi di cielo, creavan sulla terra, delicate ali
di esuli farfalle, mentre la notte, il chiaror lunare
emulato era da pellegrine lucciole dorate.
Donne provate, da fatica e tempo,
riposando un poco al calar del sole,
sferruzzavan leste, alternando al ferro
un continuo e gaio parlottar curioso.
Bianche le nubi e odor di rose a maggio
che inebriano ancor oggi i miei ricordi.
Dolci ricordi che fermar vorrei,
a lieta primavera di mia vita.
Ma il tempo lusinghiero circuisce,
con prospettive rosee i tuoi pensieri
e tu, desiderando il tuo domani,
mai non t'accorgi,
di quanto è più felice... il dì di ieri.



COMPAGNO OBLIO


Odo stormire fronde balenanti al vento,
disperdere orde di pensieri e sensazioni.
Salmastra l'aria che mi schiaffeggia il viso,
intrisa di solitudine, lacrime e salsedine.
Assaporo con voluttà la libertà del vento,
nari si pregnano del forte odor dell'alghe.
Creste rugose di spumeggianti onde,
impeto arcano d'una potenza fiera.
Vento, che porti al mare questa tristezza mia,
qual turbinio pietoso avvolgi i miei pensieri,
schiavi ancor da cotanto giogo,
di quel sorriso, che al core mio fu reo.
Che la mia mente possa, un dì scordare,
il suo sorriso e quel suo viso bello,
sii mio compagno o... lenitivo ''oblio'',
fin quando questo sogno non cancello.

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