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Francesco Napoli


Francesco Napoli, è nato a Napoli l'8 luglio 1956. Laureato in sociologia con votazione 110/110 con lode alla Facoltà per gli Studi di Napoli Federico II.

"Sant'Arcangelo"
 
5,45, esattamente le 5,45, spaccate, precise: esatte! Nella vita, si sa - e chi non lo sa ha vissuto invano - di certezze ce ne sono poche, ma le 5,45 costituiscono un riferimento assoluto, ineliminabile, come la pioggia quando si è senza ombrello o, ancora meglio, l'amore della suocera.
Quest'orario, anonimo di per sé, nulla ci direbbe, e ne avrebbe ben donde, se non fosse per il fatto che, quest'ora di mattina, tutte le mattine, è l'ora della sveglia in casa Bellini.
Alle 5,45 ed una manciata di secondi, la sveglia viene definitivamente zittita; in contemporanea un'altra certezza, andando di questo passo rischiamo di scoprirne parecchie, fa la sua comparsa. Una voce, flebile, penetrante al punto da convincere Polifemo, anche senza palo piantato nell'occhio, ad aprire un varco nel suo antro a forza di testate, tutte le mattine, immancabilmente, alle 5,45 ed una manciata di secondi, con un timbro che avrete intuito appartenere al genere femminile, esordisce così: "Geggè, che fai?: ti alzi?" La risposta è altrettanto immancabile e stentorea: "Dormi, dormi: è presto!"
Il Geggè in questione è Gerardo Bellini, cinquantacinque anni, ben portati e carabiniere. Non che gli dispiacesse di essere chiamato con quel diminutivo, in fin dei conti da quella voce aveva avuto due figli - Clara e Mattia - ma il fatto è che proveniva da un'altra cultura, da un'altra stirpe, e quel vezzeggiativo, a volte, quasi sempre, nonostante gli anni, lo urtava ancora. Era nato lì, su, al nord, in unvano e tenevano il passo!
La vita della "stazione", si sa, è quella che è, con le sue incombenze, i rischi, le soddisfazioni e, perché no?, anche i piccoli divertimenti. Tutto sommato, sì, c'era riuscito, aveva creato un buon ambiente; aveva fatto di tutto e, alla fine, era riuscito a mettere su un gruppo veramente affiatato.
Il quartiere Sant'Arcangelo, dicevamo. Bel quartiere, un pezzo di storia della città; originariamente insediamento di artigiani, col tempo si è trasformato in zona residenziale, forse perché al centro o forse perché uno degli ultimi a vantare del verde. Il maresciallo Bellini ci arrivò parecchi gradi fa e subito legò con gli abitanti. Non fa nulla per riuscirci, è una sua capacità innata e in parecchie occasioni, sì, ha fatto la differenza sbrogliando matasse, veramente, ingarbugliate.
Non crediate, però, che sia stato sempre così; oggi, sì, certo, è una zona tranquilla, sicura, ma in passato, nemmeno tanto lontano, le cose girarono anche in altro modo. In fin dei conti, a pensarci bene, Sant'Arcangelo non è poi tanto diverso da tanti altri quartieri di tante altre città; quartieri un cui puoi trovare di tutto ed il contrario di tutto, in cui la vita più monotona s'intreccia con le contraddizioni più incredibili. E' così, dappertutto, ed il maresciallo lo sa: lo ha sempre saputo!
Comunicativa e buon senso, queste le sue armi: più della Beretta d'ordinanza.
Di lui se ne potrebbero raccontare, ma, forse, più che di azioni, d'inseguimenti, d'irruzioni, d'indagini e arresti, forse, valgono altre storie, quotidiane, minime se volete: che valgono altrettanto.
Ad esempio: lo sapete che da anni il maresciallo è il giudice, arbitro e paciere unico di una controversia che, se non fosse stato per lui, sarebbe più volte degenerata? Due esercizi commerciali, due negozi nella zona del mercato, frutta e verdura ed una pescheria: don Alfonso e don Nicola, da anni, ma che dico, da sempre, in lite per questioni di sconfinamento. Una fila di cassette al di là di tre mattonelle, un ombrellone piazzato a danno dell'esposizione; mai che offrisse una volta, mai che avesse da cambiare. Cose semplici, banali, stupide, ma che grazie al temperamento dei due ed al loro passato burrascoso, in più di un'occasione avrebbero potuto prendere chissà quale piega. Finché, un giorno, il maresciallo Bellini li convocò entrambi. Entrarono già urlando, tanto erano di casa e quasi più nessuno li notava. Il maresciallo era piazzato lì, immobile ed impettito, da sembrare solo un busto, dietro la scrivania, con la collezione di calendari alle spalle ed i suoi scatoli vuoti di "sigari Toscani" messi così, in bella mostra sulla scrivania; come monito, a dire: "......se ci sono riuscito io, allora......potete smettere anche voi......"
Bastò che si alzasse; nulla di particolare: statura media, capelli castani pettinati all'indietro con qualche filo bianco, bel paio di baffi ed una mascella volitiva. Ma bastò per zittirli.
"Signori", esordì volgendo lo sguardo dall'uno all'altro,"signori, dobbiamo trovare una soluzione perché litigare, sì, perdere le staffe, può capitare, ma farla diventare un affare di stato, questo no: perbacco!" Cercarono, alzarono la voce, accamparono ragioni, ma alla fine..........
"Cerchiamo di accomodare il tutto prima che o per turbativa pubblica o per qualcosa di peggio si finisca a termini di legge! Dunque io propongo....." Ripresero a parlare all'unisono, ognuno cercando di far suo, a modo suo, il decreto di Salomone. "Dunque", alzando la voce chiaramente infastidito,"questa volta controllerò io di persona che i patti vengano rispettati; avete già una diffida: non dico altro!"
Per farla in breve il maresciallo in persona, due volte al giorno, mattina e sera, s'impegnò a controllare "de visu" che nessuna esposizione e nessun ombrellone turbassero la quiete. Non sempre tutto filò liscio, ma visti i precedenti dei due e l'allora atmosfera del quartiere, si può dire che, tutto sommato, funzionò. Era di strada, è vero, ma come si dice: "A qual segno riconoscere il genio?" E' fatto così e proprio per questo vi racconterò un fatto che...... Sono ormai otto, no....dieci anni, che una sera, una brutta sera da un appartamento dello stabile in cui viveva e ancora vive il maresciallo, urla e strepiti scaraventarono ai balconi e alle finestre più di un condominio. Era successo questo. Al quarto piano, scala A, interno 8, un uomo sulla quarantina, coniugato con due figli, con una gamba al di là ed una al di qua della ringhiera, trattenuto dalla moglie urlante, minacciava di lanciarsi nel vuoto.
Casa Bellini si trova al terzo piano; udire le urla e precipitarsi sul balcone fu tutt'uno. L'uomo era determinato, non fingeva, voleva veramente gettarsi; al contempo, si vedeva, cercava in ogni modo di evitare di trascinare con sé la moglie. I figli, un maschio ed una femmina, dietro i vetri, tra pianti ed urla.
Per qualche istante, come spesso accade, nelle circostanze più tragiche, la situazione assunse i toni del grottesco. Il marito, cercando di slanciarsi, tratteneva con una mano la moglie la quale, per controbilanciare la spinta, sembrava, afferrandolo con tutte e due le mani, volerlo scaraventare giù. Ma fu solo un attimo. Dal circondario di tutto e di più: esortazioni, pianti ed imprecazioni per un mercoledì di coppa andato in malora. Allora.....allora il maresciallo pensò bene di far rientrare moglie e figli e, restando solo, cominciò a parlare con lui.
Si conoscevano, certo, vivevano a pochi metri di distanza, da anni, ma come tutte era una conoscenza da condominio, tra casigliani, una conoscenza d'alveare e proprio per questo il signore lì, in alto, al quarto piano, s'era stancato di fare la vita di un'ape perché lui, anche se non ci credeva più, era un uomo! Una brutta storia, una storia come tante, fatte di disoccupazione, di disperazione, d'incomprensioni e di malattie.
Parlo, parlò molto e, alla fine, lo convinse a rientrare: lui nel balcone e la moglie dentro, a calmare i bambini. Parlò, parlò a lungo, e quelle parole le ricordo ancora: "Ah, il fegato, anche tu; sì, anche io, da anni,........hai provato quella cura svizzera, è buona.........funziona........"
Un incosciente, penserete, un incosciente che non ha niente di meglio. Eppure quelle parole, stranamente, fuori posto, sortirono l'effetto. "Sono disperato.....da troppi anni....tante promesse.....non ce la faccio più: è meglio così. Altro che fegato: è meglio farla finita........" Tra una parola e l'altra, tra un incoraggiamento ed un urlo, alcuni colleghi del maresciallo chiamati dalla signora Nella, irrompendo nel balcone, misero la parola fine: ma la fine non fu quella.
Le cose si aggiustarono, ci vollero anni; il lavoro venne trovato anche se non proprio in città e, considerando la difficile situazione familiare ci si preoccupò anche dei ragazzi.
Così Gerardo Bellini, all'epoca quarantacinquenne, ben portati, maresciallo e carabiniere, valutate le circostanze, le non comuni doti e tenuto conto di tutto, divenne l'affidatario del piccolo Roberto.
Sono passati dieci anni e di quella sera e del resto, io, ricordo tutto: le urla, mio padre, mia madre, i carabinieri e la mia nuova famiglia. E' fatto così, non c'è nulla da fare. Ma ora, scusatemi, non è per voi, ma.....sono le 5,40 e.......lo sapete.
Che altro dire? Mah, come dice il poeta: "Tutto il resto è silenzio!"
 
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