LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Fabrizio Maci
Ha pubblicato il libro

Angeli e valchirie - Fabrizio Maci




 

 

 

 

 

 

 

Collana I gigli (poesia)

 

14x20,5 - pp. 52 - Euro 6,00

 

ISBN 88-8356-928-8

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Prefazione
Poesie


Prefazione
 
 
Quella di Fabrizio Maci è una poesia di rapide e improvvisamente luminose versioni, una poesia cioè continuamente ribaltata fra passato e presente che trovano nella Natura una fortissima e conclusiva identità. La vita con le sue impalpabili contraddizioni è al centro di questo lungo interrogarsi. Ma Maci non rimane mai dietro le quinte, il suo scrivere è anche un parlare ininterrotto che si manifesta per categorie di sogni e di rivelazioni successive. Dunque, un esito che potremo definire, come ci suggerisce l'autore stesso,
"Rimanere/andare", la sosta o l'esilio che ha nella speranza un poco di ombra e un poco di luce al tempo stesso: meravigliosa e meravigliata presenza di altri mondi che hanno nella consuetudine e nella mediocrità il loro essere e il loro sembrare.
E poi una poesia amorosa. Che comunque non si compiange, nè si enumera per offrirsi alla contemplazione del lettore. Semmai, invece, lo aggredisce, lo sollecita - a volte anche con violenza - e ne rivela gli umori e i condizionamenti. Come se un maestro continuamente chiedesse ai propri scolari: "Mi sentite? Mi sentite?":
Maci immagina la propria condizione e pertanto la dichiara: "Bambini/ si torna bambini/ nel gioco della mente/ sulle convenzioni quotidiane/ un esposto si fa/ mettendole al bando./ E gli occhi percorrono/ i contorni di ogni superficie,/ cercando un segno,/ un'interruzione,/ una risposta interessante/ al percorso della linea ferroviaria."
E l'interrogazione continua "sulle lunghe distanze", per tutti quei sapori, odori e voci che s'infittiscono dentro la fantasia possibile degli "echi del tempo/ che passa" trascinandoci tutti sull'orlo del destino. In questa chiave misteriosa e al tempo stesso quotidiana, il tramonto e l'aurora del respiro lirico di Maci ci colpiscono come sentimenti di una forte personalità che conquista ogni giorno i tanti segmenti della realtà così come essa ci si offre sfuggente e precaria.

Giuseppe Marchetti


Angeli e valchirie


 
 
Per un momento
 
Un bacio consentimi,
accarezzarti, guardarti,
sarò felice per un momento.
Esserti vicino consentimi,
abbracciarti, stringerti,
addormentarmi sul tuo corpo.
Sarà un viaggio magnifico,
respirerò aria pura,
mi drogherò d'affetto,
sarai la mia evasione,
interpreterai la sicurezza.
D'adorarti consentimi,
sussurrarti, goderti.
Piacere avremo,
per un momento.
Questo consentimi,
per un momento.


Foglie secche
 
Una incandescenza lunare m'illumina
e pone un'ombra al mio seguito,
mentre fogliame seccato
urla il dolore del calpestio.
Quanto di questo fogliame
squarcia le mie membra sopite
e forma cumuli di humus
su un terreno senza verde.


Utile
 
Ammesso fossi io
a non fare niente
per rendere utile
questo mio vivere
ammetto anche:
l'utilità perviene
quando gli altri
la sfruttano
per il loro vivere.


Fuuu...
 
Con cura raccoglie la biancheria,
l'accarezza, la guarda
ne annusa il profumo pulito.
Mentre la solitudine incombe
il tempo scricchiola i suoi tic,
parla da sola a voce alta.
Un pelo sfuggito alla vista,
con un soffio leggero, fuuu
cade aspramente nello spazio,
si rivolta lento nell'infinito
un tonfo a ripetizione.
Come il pelo,
nero rivestito e lucido alla luce,
nel tempo che scricchiola i don,
l'ora imminente di qualcosa,
un semplice soffio di vento:
fuuu e una caduta aspra,
una rivolta lenta,
un tonfo...


Rimanere/andare
 
Giunge il motore
del rombo attraverso,
tra le fessure
di una grande finestra,
entra da invasore
il mio silenzio
conquistando.
Come una mela acerba,
come un quadro grigio,
come una luce sbiadita,
come il tempo che cambia,
d'atmosfera annebbiata.
Di là della porta
il corridoio corre
verso rumori casalinghi,
la casa si accende,
apre gli occhi,
si fa abitare
accoglie te.
Dalle scale
schiamazzi bambini.
Fruscio di buste da spesa
tacchi decisi sui gradini.
Androne di punto luce,
steso il bucato bianco
s'affaccia candidamente
sul parcheggio di biciclette.
Non c'è panorama,
nè sorridenti presenze.
Gli uccelli sui vetri
beccano scivolando
ovviando volano poi.
Solo, non solo,
insieme i soli.
Sbatte la porta,
spinge qualcosa entrando.
Movimento di vita
come i pensionati tristi
che rumoreggiano litigiosi
nel bar a giocare.
Scene di vita
a ferragosto o di sera,
quando tutti partono
qualcuno rimane.


Assopito
 
Del sole che si intrufola,
attraverso i vetri,
il calore mi resta
che sulla pelle si posa,
mentre mosche giganti
cattive punzecchiano
il corpo nudo.
Solitario e un po' assopito,
tenace,
dondolo il braccio
dagli insetti infastidito
e al soffitto guardo
di un ricordo
la proiezione.


Al sicuro
 
È vero che m'aggrappo
a foglie d'alberi
per rifugiarmi nell'ombra
e stupire i contadini
che frugano nella terra
il bruciore rimasto
degli anni.
Cado ingenuo poi,
dal loro netto rifiuto
nell'accogliere la mia stanchezza,
sul rossiccio materasso
che la terra mi offre.
E i contadini che ridono
appoggiati alle zappe.
Mentre io che mi lamento:
Vorrei essere seme allora,
accoglimi ti prego
e mi scavo la fossa
per essere al sicuro.


Negli occhi
 
Saltellano le colline
sul cielo incerto
dal sole aggredite
a tratti si ritraggono,
con pali come lance,
alberi che fan scudo,
flash dalle auto caute
sulle strade in pendenza,
case incastonate
sono solitari eremiti,
meditano sul destino.
Ai lati,
destro o sinistro che sia
lampioni che fuggono,
cartelli stradali,
siepi e luci rifrangenti.
Ai lati,
destro o sinistro che sia,
gli occhi
per un attimo guardano,
fotografano nel pensiero
immagini apparse,
apparse e scomparse
s'adagiano sui viali,
si proiettano sui muri,
ondeggiano
come piume al soffio,
negli occhi, tutto negli occhi,
negli occhi, i tuoi occhi,
negli occhi, tutto negli occhi.


Come definirlo?
 
E tu sfili
per una vittoria,
ridi e batti le mani
alla morte.
Di undici, quattordici,
di venti erano gli anni
ti sei divertito
hai applaudito
l'assassinio.
Ignaro, indifferente
ignobile animale.
Non avresti ceduto la coppa,
non avresti gettato la spugna,
per salvare tante genti.
E tu hai sfilato,
incurante
hai ballato, urlato
intorno alla morte.
Schiavo del tuo, stesso,
viver meschino.


Monumenti
 
Alza lo sguardo
vede il cielo
ride e ride.
Vidi quell'uomo,
con sporcizia storica,
cibava uccelli,
nel parco dei vecchi,
nel parco dei vagabondi,
nel parco dei disoccupati
nel parco delle siringhe,
delle checche, dei teppisti.
Vidi una donna,
lurida, spettinata.
Cip, cip,
in tutti i parchi,
in tutte le città,
cip ,cip.
Eroi,
oasi in un deserto.
Monumenti del parco.
 

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Ins. 27-09-2005