- Bufera
-
- È sera ed
alberi scarmigliati
- si
esibiscono
- ad un lubrico
vento di tramontana,
- tiepido,
insistente, turgido di pioggia.
- Folate
improvvise si abbattono sui rami,
- tesi e
vibranti
- dinanzi a
così tenera violenza.
- Ma la furia
vince la tenerezza
- e molte
fronde,
- in silenzio,
docili si schiantano
- e nella loro
cedevolezza le penso felici
- di fronte
all'ardente carica
- dei venti
occidentali traboccanti umidore.
-
- È notte e
decido di coricarmi.
- Irrequieto
sotto le lenzuola,
- ascolto i
pettegolezzi del vento
- mille volte
amplificati
- da fronde,
tralci e foglie in tumulto.
- Di tanto in
tanto, una raffica
- porta mille
rami
- a strisciare
smaniosi
- sulla
grondaia
- ed un
frastuono stridente
- vibra nel
buio sul mio letto
- e
penso
- a figure
vezzose
- coi corpi
fasciati da veli
- adesi pe'l
vento.
- Un sonno
stentato mi coglie:
- e la bufera
sembra allontanarsi e perire.
-
-
- Quando la notte
muore
-
- Mentre a levante
illividisce il cielo
- dove le
stelle son svelte a languire
- e dove al
tripudio il sole s'appresta,
- fisso la
nebbia che ondeggia strisciando,
- che pigra e
impacciata pare acquattarsi
- certa di
morte al bagliore del giorno.
- Lontano
riecheggia il canto di un gallo
- e sembra
avvertirmi che ciò che inizia
- non è
che la fine.
-
- Se un augure
etrusco fossi stamane
- per leggere
in terra auspici ed in cielo,
- ecco che
annunciare a tutti vorrei
- giorni felici
e terreni ubertosi
- dove
protrarre si possa la vita
- senza
l'assillo di ciò che
verrà.
- Un peso
m'opprime, tetro, improvviso
- perché
i presagi che reggono il mondo
- annunciano
morte.
-
- Fuggo dall'alba
che il cielo intristisce,
- dal gallo che
canta effimera gioia,
- dal sole che
scalda poi se ne va.
- S'io fossi
nebbia pronta a dissolversi
- sapendo che
questo è il mio destino
- mi poserei su
tutto e su tutti
- per inglobare
in un ultimo abbraccio
- ciò
che la vita ha donato di bello
- e fondermi ad
esso.
-
-
- Il
matronimico
-
- Oggi, 13 giugno
2097, si festeggia un giorno indimenticabile, una
ricorrenza che solo una nazione civilissima
può inserire nei calendari e disporre che
nelle scuole e nei pubblici uffici si faccia
vacanza. Esattamente cento anni fa, in data 13
giugno 1997, quasi si volesse chiudere in bellezza
un secolo orrendo per le brutture avvenute a tutti
i livelli ed in tutti i campi (dalla cultura
all'economia, dalla politica in senso lato alla
gestione pratica delle pubbliche amministrazioni),
veniva introdotto in Italia, dopo un paio di
millenni di barbarie, il matronimico.
- Scorrendo i
giornali ingialliti (e deliziosamente odorosi di
muffa) di quel lontano periodo, ho avuto modo di
seguire le polemiche, astiose e talora offensive, i
richiami storici, i confronti etnici che, poi,
portarono il governo del tempo a varare la legge
che sopprimeva, a favore dei figli che sarebbero
nati, il cognome paterno instaurando il matronimico
che molti - l'ignoranza, nel secolo scorso, era
veramente incommensurabile - scambiarono per uno
strumento più perfezionato atto a scandire
il tempo nello studio della musica.
- Ma, per grazia
di Dio, si trattava di ben altro! La Camera dei
Deputati ed il Senato (cent'anni fa, figuratevi,
esistevano deputati e senatori!) approvarono
definitivamente una legge di riforma in seconda e
tardiva stesura, la N. 1358 del 13 giugno 1997 ma
più nota al volgo come "Ritorno alle
origini", in base alla quale fu appunto disposto
che i figli nascituri avrebbero dovuto assumere il
cognome della madre. Le polemiche del tempo furono
ferocissime, aspre, anche ingiuste: molti avevano
asserito che il desiderio di progresso aveva fatto
compiere alla nostra società un passo falso
tornando alle abitudini - sembra - del periodo pre
e proto-storico e tutto ciò per compiacere
le violenze verbali e le costruzioni teoriche
proprie del furibondo vetero-femminismo del
ventesimo secolo.
- Le polemiche
durarono circa un decennio, finché la
seconda versione (appunto la n. 1358)
temperò la legge precedente: i nascituri
avrebbero potuto assumere sia il cognome materno
che quello paterno: coloro che erano nati prima del
13 giugno 1997 e portatori (pensate!) del solo
patronimico e coloro che, nascendo, avevano aperto
gli occhi sui tempi nuovi, sulla modernità,
sulla civiltà e che pertanto erano portatori
del cognome della madre potevano scegliere se
tenersi il patronimico o il matronimico oppure
decidere di unire, di seguito al loro nome di
battesimo, il cognome materno e
paterno.
- Io che ero nato
il 31 gennaio 2032 e che avevo optato per il doppio
cognome - comportandomi diversamente mi pareva di
offendere la memoria dei miei genitori - assunsi il
nome di Adriano Cherubini Dallapiccola. Nel 2063
sposai la signorina Maria Michelangeli Battaglini e
dalla felicissima unione nacque Michelino Cherubini
Dallapiccola Michelangeli Battaglini, il quale,
crescendo "in grazia e sapienza", ebbe modo di
invaghirsi follemente di una bellissima fanciulla
dal nome carinissimo di Marina Ottaviani Giorgini
Interlenghi Marianetti. Non a caso, felicemente, i
genitori di Marina avevano pure optato per la
novità e la modernità.
- Michelino e
Marina si sposarono e vissero in armonia dieci anni
di vita coniugale non allietata dalla nascita di
figli e questo fu per me un dispiacere davvero
grande ma che evitai sempre di manifestare
apertamente ai due sposini. Che peccato! Il giorno
del matrimonio sognavo ad occhi aperti di cullare
almeno un nipotino, un maschietto bello, vispo,
sano che fosse aperto, col tempo, alle
novità ed alla modernità come si
conviene ad un vero uomo, ad un maschiaccio alto,
forte e scattante. Eh sì, che peccato, che
dispiacere non poter vedere il suo pisellino d'oro,
le sue palline magiche e, col passar degli anni, il
petto villoso, i baffi, la sua barba... Che
dispiacere, davvero!
- Mi rassegnai e
con me mia moglie che, a sua volta, mi
confessò che si sarebbe divertita come ad
uno spettacolo televisivo a cambiare il pannolino e
sostituirlo con uno pulito, agendo con sovrumana
leggerezza per non premere troppo sui testicolini e
sul delicatissimo pisello. Mia moglie diceva che lo
avrebbe chiamato Leonardo come suo nonno e se i
genitori avessero rifiutato quel bellissimo nome,
ebbene lei lo avrebbe comunque usato come suo
nomignolo privato: ad una nonna poteva essere
proibita una delicatezza simile? Sperava proprio di
no.
- Ci rassegnammo
all'assenza del nipotino maschio col quale giocare
e ridere e correre, come facevamo con Nicolino
quando, bambinello, si aggirava insicuro per la
casa combinando guai sempre perdonati.
- Che guaio veder
interrotta la mia progenie ora che la parità
fra uomo e donna era stata finalmente raggiunta
anche nei cognomi, che dispiacere grande non poter
giocherellare e portare a spasso uno sperato
Leonardo...
-
- Leonardo
arrivò dodici anni dopo il matrimonio
portando una felicissima confusione fra genitori e
nonni: sembravamo tutti impazziti dalla gioia.
Quando andammo a denunciarlo allo Stato civile
della città, incontrammo altri genitori e
nonni felici, per cui la formalità
burocratica risultò abbastanza lunga.
Finalmente, Leonardo - i genitori avevano accettato
volentieri il suggerimento di mia moglie -
Cherubini Dallapiccola Michelangeli Battaglini
Ottaviani Giorgini Interlenghi Marianetti era
cittadino italiano a tutti gli effetti ed anche
lui, come gli altri ragazzi, avrebbe portato nel
portafoglio una minuscola agenda dove trascrivere i
suoi bellissimi nome e cognomi, da consultare per
ogni pratica da evadere negli uffici
pubblici.
- Smaniando dalla
felicità, dicevo a mia moglie Maria - e
quasi mi veniva meno la voce - che speravo di poter
in futuro cullare anche i figli di Leonardo: ma non
avevo avuto il coraggio di dirle che avevo
già acquistato una bella agenda, non tanto
piccola, rilegata in pelle con gli angoli
rinforzati in oro, da regalare un giorno al
bisnipote per far fronte in modo opportuno a tutte
le necessità burocratiche che uno stato
moderno impone.
- Che cosa
meravigliosa il progresso civile, che conquista
immensa l'eguaglianza dei sessi e dei
cognomi!
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