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LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Enrico Rosario Cinà
Enrico Rosario Cinà è nato a Palermo, dove risiede, il 15 luglio 1949. Quella notte l'influsso lunare accelerò il processo maieutico, facendolo nascere prematuro mentre il cielo notturno della morbida e araba Palermo veniva illuminato dai fuochi pirotecnici per la paganeggiante festa della santa protettrice della città. Sarebbe rimasto nel suo "mare di pace". Ma tant'è. Ha scritto un testo di filosofia politica - sintesi rielaborazione della sua tesi di laurea in scienze politiche, conseguita con lode a Torino - su K.R. Popper, "Razionalismo critico e filosofia della libertà".
Ha pubblicato un libro di poesie "In viaggio per Salamon", premio Selezione Poesia 1997. È stato coprotagonista di alcuni reading locali di poesia. Pigrizia, sensualità, orgoglio, volitività, cieli pieni di sogni, pace amniotica caratterizzano la sua travagliata personalità.
 
Corporale
 
La vita attraverso la mente e/o il cuore.
E se - invece - per la pelle, le cellule,
i terminali nervosi? Tutto non sarebbe più vero?
Corpi senili come tapestry sfilacciati,
bucati, corrosi.
Entropia che grida, noia che annega,
goccia a goccia piaghe che esalano
stille di vita che ancora non s'aliena -
ah, quel cuore resistente!
Il demone continua il suo macabro scherzo.
Corpi vitali
che sprizzano eros dionisiaco
contro la morte, ad esorcizzarla.
Corpi nervosi, forti, armonici,
suppliche perché li si mangi, tocchi,
carezzi... li si sfiori almeno.
Soledad accudisce un vecchio.
È tenera, uno con quel dolore -
cecità, immobilità, demenza.
Soledad culla quel fluire di sofferenza,
mamma di trent'anni.
Soledad ha in sé paura della morte
che la serica minigonna sfida
rivelando gambe perfette d'un corpo perfetto.
Si muove come melodia dei sensi,
come una sinfonia implorante:
"Sono viva, ho un corpo vivo!"
Così vanità delle membra e
trionfo del corpo sono nel Panta Rei
di morte Vita che canta gorgogliando
il suo corporale.
 
 
 
 
Spleen triste... all'alba
 
Questo sole del mattino che come un laser
brucia l'iride concupiscente.
Luce. Tutto è luce.
Il mare statico è luce
e la brezza carezzevole è luce.
E luce è la montagna, gigante sonnolente.
Pace. Tutto è pace.
Nulla scheggia la cristallina trasparenza.
Poi mano d'artista pennella i contorni.
Le forme si stagliano perfette,
metafisiche sculture assolute.
Camminare nel tempo... Leggero, soave.
Lucetempo senza ritmi, né ciclico
né in alcuna direzione.
Eternità.
Ma una presenza è lì, natura altra.
Quasi scorre per captare la leggerezza.
Ma come vogliosa, intrusa...
Si può invadere la perfezione del Pleroma?
L'ombra sulla sabbia...
Arimane che volle gettarci sull'atomo silente
per iniziare la storia
della distruzione e del caos.
 
 
 
Oh meccanici dell'anima!
 
Oh meccanici dell'anima
aggiustate il battello per Poumath
dove su acque cristalline partirono -
fra le gioiose grida di chi
nei simboli credeva -
coppie aggrappate a radici di vita,
a speranze d'amorosa unità.
Mani intrecciate, fredde di sudore,
d'emozione e di paura...
E brezza fresca, che si vedeva
la bocca di Dio soffiare e baciare
le creature sue.
Occhi timidi, vaganti che guardavano
la banchina, il mare,
le mani alzate osannanti speranza,
rimiranti il fondo dell'anima e
gli universi oltre l'iride...
Oh il palpito del cuore, delle membra
il ricordo del primo bacio
nelle foreste di Poumath
dove lo zucchero delle labbra
divenne ambrosia,
nel sangue e nella carne.
E ora bisogna partire
e si vorrebbe restare lì
sulla banchina con i pescatori
segnati da rughe d'eternità,
vecchi cacciatori di balene-Moby Dick,
alcuni sfigurati, piagati nel corpo-anima
perché la sfida è assoluta...
Ma ora le mani freddesudateintrecciate
non si staccano
e gli occhi si fissano
senza più spostare il centro
e i corpi si avvicinano
mentre un vento fresco deposita
delicate salsedini sulle labbra
e gusti d'alghe e l'odore del mare
che è odore di vita...
Il seno e il villoso petto
e la conca del ventre
e il fremente sesso
sotto leggeri e morbidi teli
divengono unità di forme,
desiderio che muove il battello
da Poumath verso il largo mare
fin dove il sole va a dormire
e la speranza vuol divenire vita.
 
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©2000 Il club degli autori, Enrico Rosario Cinà
.
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Inserito il 6 giugno 2000