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Dario Ravasi


Dario Ravasi, nato nel 1970 a Vimercate, vive a Milano. Diplomato in chimica e laureato in ingegneria. Insegnate. Premiato in diversi concorsi. Compare in diverse antologie. Nel 2005 ha pubblicato l'opera Il privilegio della notte (I quaderni di Orfeo", Milano) Una nuova raccolta è in lavorazione.

Acqua


Nello sforzo di rendermi puro
l'acqua si piega con un rumore
di fogli strappati :
è l'Io che discende
per assalire il mio Io
nell'umido umido del corpo.
 
Sono un animale rampicante
verso il nulla orfano
sono una sinfonia
dove i timpani sovrastano Tutto
sono una sottile pelle
tra il nulla che avete creato fuori
ed il nulla che si è creato dentro.




Sospinto dalle mani del Grecale
mi ritrovo sulla spiaggia lavica
frantumato, disgregato
nella febbre della latitudine
brucia il mio interno nero.
La materia di cui sono composto
si confonde con l'isola,
ad ogni sbandata di vento
si capovolge il senso della vita.




Come un animale squarciato fugge la muta dei cani
 
mi allontanavo dalle idee degli uomini
arenandomi a braccia aperte.
Le onde mi accompagnavano,
gestivo il dissanguare
con la ritmica schiuma
che torceva la mia bocca
versificando.




Il tempo è indietreggiato
come una pozza liquida,
si asciuga su vuoti pavimenti.
Brucia lo Zolfo nella clessidra errata;
la Morte si è vestita di bianco
e non guarda
i giocatori di scacchi
offerti alla sconfitta perenne.




Sul ponte centrale
dove s'immagina il baricentro della nave
le oscillazioni sono ritmiche e lievi,
il corpo incerto pensa la notte del buio oceanico
come un movimento
un riflusso prenatale.




La traccia che il grosso cargo marino
scolpisce sul verde,
come un lenzuolo
un velo zuccherato
abbandona il retro e si distanzia
perdendosi alla vista.
Il mare è una dimensione gigante
che raramente qualche gabbiano
permette di calcolare.




Questa notte è teatro della Luna.
Cielo e Mare sono due luoghi dello scuro
che hanno desiderio d'unirsi
ma non possono per un chiaro divieto.
Mi sdraio sulla spiaggia a misurare
tutti i grani di sale delle onde
che mandano suono al mio corpo.




Posti sulla prua della nave
ci si identifica nell'Elemento
e si è tutti intenti ad accettare il rapporto con il forte vento.
La bocca si riempie di un pressante bolo d'aria
e la pelle si piega, si tira, si piega
alcune parti del corpo vogliono scappare
per fare un'assurda danza
in un turbine abissale.




Sul mare serale chiare
luccicano le ombre di gemelle stelle
a noi del gretto mondo inarrivabili.
Tralasciati dagli Dei
la materia che vogliamo regalarci
rincuora ogni parola assente.
All'orologio offriamo pose
costruttori di carnei sogni;
spremendo dalla spina dorsale
la causa ed il dolore
arriva il molto non compreso.
La notte cala sugli uomini
come una densa bile.




Per quanto riguarda il vivere
o il saper vivere
è tutto una Venezia d'acqua
 
non si comprende
dove termina la terra ferma ed inizia il mare.
 
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Ins. 17-02-2008