AUTORI CONTEMPORANEI

affermati, emergenti ed esordienti
Cosimo De Micheli
Ha pubblicato il libro
Cosimo De Micheli - Anche i figli hanno un valore



 
 
 
 
 
 
 
 
Collana I salici (narrativa)

14x20,5 - pp. 116

Euro 8,50

ISBN 978-88-6037-5476

 

In copertina:
disegno dell'autore

Incipit



Quest'opera è frutto di fantasia
e non ha nessun riferimento a fatti reali


Anche i figli hanno un valore


Lisa era una ragazza longilinea, avvenente, capelli biondi e fluenti sulle spalle, con degli occhi azzurri stupendi che completavano la sua figura meravigliosa!
Un mattino, proprio nel momento in cui stava preparando la colazione, si sentì poco bene e cadde a terra.
La madre la trovò in cucina priva di sensi: la tazzina rotta con il latte sparso. Lo scenario le piacque poco e subito venne presa da un turbamento atroce. Senza indugio si apprestò a soccorrerla col cuore in gola per la preoccupazione mentre formulava mille e più congetture. Fece un grande sforzo per sollevarla e metterla seduta a terra e non le fu facile.
La madre seguitava a chiamarla con grande trepidazione, quando finalmente, Lisa iniziò ad aprire gli occhi. E allora sempre più ansiosa, seguitava a pronunciare il suo nome: - Lisa, figlia mia, cosa ti è successo? Cosa ti senti? -
La figlia la guardava senza rispondere.
- Ma insomma! Si può sapere cosa ti è successo? -
- Oh, mamma! - Sussurrò mentre gli occhi le si inumidivano di lacrime.
- Perché piangi? - chiese la madre - Cosa ti è successo? -
- Non lo so - rispose con un filo di voce, guardandola negli occhi.
- Possibile che non ricordi nulla? -
- Ho avuto un capogiro e sono caduta a terra. -
La madre molto calma chiese: - È la prima volta che ti succede? -
- Sì, mi sono sentita come se mi venisse da vomitare e poi non ricordo più nulla. -
La risposta di Lisa non piacque alla madre, mentre un dubbio agghiacciante la turbò improvvisamente. Tuttavia seppe celare con maestria il suo turbamento. E ritenne opportuno non fare delle ipotesi avventate. Quindi aiutò Lisa ad alzarsi e a sedersi su una sedia attorno al tavolo, mentre la guardava ora con amore, ora con grande dispiacere.
- Oh, mamma! - esclamò Lisa molto preoccupata - Cosa sarà stato? -
- Di sicuro non saprei cosa dire. Ma tu non preoccuparti. Se dovesse capitarti ancora, interpelleremo un dottore. Ora stai calma. Comunque, io ci terrei a farti una domanda e vorrei che dicessi la verità, intesi? -
- Va bene. -
- Quanto sto per chiederti, piace poco anche a me. Se tu lo ritieni inopportuno, ti prego, non arrabbiarti. Me lo prometti? -
- Prometto. -
- Quello che voglio sapere è se hai avuto dei rapporti sessuali? -
- Con questo dove vorresti arrivare? -
- A nulla. Solo sapere se li hai avuti! -
La ragazza esitò un attimo prima di rispondere. Poi, con sentita vergogna, sussurrò con un filo di voce: - Tu pensi che sia stato per quello? -
La madre serrò le labbra e non rispose.
- Oh, no! - disse scoppiando in lacrime - Non può essere! Oh, mamma. Questo no, no! - ripeté coprendosi il volto con le mani.
La madre avrebbe voluto rimproverarla ma seppe contenersi. E poi non sarebbe servito a nulla, aggiungere un dispiacere ad un altro dispiacere. Era inutile dirle in faccia "sei una poco di buono o quant'altro" e sussurrò: - Ora stai calma. Ancora non abbiamo elementi concreti su cui basare i nostri sospetti. Per cui taci e stai calma. Neanche papà dovrà sapere nulla. Quando avremo la certezza, allora decideremo cosa fare. -
Lisa intanto per la vergogna se ne stava a capo chino sul petto, né osava più guardare la madre in faccia. Seguitava a piangere e a singhiozzare pensando tra sé: "Morirei dalla vergogna, se ciò fosse vero. Cosa ne sarà di me? Oh, povera me! Mio padre non accetterà una cosa così disonorevole! Questa sarà la fine per me! Oh, mamma, aiutami tu".
Purtroppo, il tempo diede loro ragione. Come fu vero che dalla bocca allegra di Lisa scomparve il sorriso.
Neanche per la madre i giorni furono tranquilli, soprattutto quando decisero di dirlo al padre. Dio mio che tragedia! Perché la notizia, lo sconvolse terribilmente. Lo considerava un grave atto d'incoscienza e d'irresponsabilità. Quindi per la ragazza iniziarono i guai seri. Ogni giorno era la stessa lite. Ogni giorno che passava diventava sempre più cattivo ed infieriva bruscamente contro la povera ragazza che ormai, a causa delle troppe lacrime versate, non aveva più neanche la forza di reggersi in piedi e di dialogare con i genitori.
- Tu - disse il padre - dovrai parlarne con quello che ha osato metterti in questa brutta situazione. Ed esortarlo ad assumersi le sue responsabilità. Troppo comodo per lui. Hai capito? -
- Lo farò, papà. -
Lisa, infatti, verso sera, uscì di casa e andò dove prevedeva potesse incontrarlo. Comunque non le fu facile mettersi sulle tracce del suo ragazzo. Solo dopo alcune indagini ebbe la fortuna di rintracciarlo. Presa da una forte agitazione, mentre il cuore le martellava in petto, si fece animo, mise da parte la vergogna ed i pregiudizi e, con grande ansia, espose il suo problema nella maniera più assennata. Lui era accigliato e la ascoltava con la massima indifferenza. Appena finì la sua supplica, lui rispose con sarcasmo: - Il bambino è tuo, per cui fanne ciò che vuoi. Sono affari tuoi. -
Lei in quel momento ebbe l'impeto di afferrarlo per la gola ma si placò, soffocando la collera. Seguitando a guardarlo con un odio implacabile sussurrò: - Come puoi dire queste cose? Solo un incosciente parla in questo modo! -
- Non mi seccare, sparisci! Io non ti conosco! - E se ne andò.
Lei, delusa e avvilita, lo guardava mentre si allontanava e dentro le cresceva l'angoscia e tanta, tanta rabbia. Nei suoi occhi apparvero alcune lacrime. Fortemente scoraggiata, si sentiva sconfitta e perduta, pensando alla sua famiglia e a quello che avrebbe detto. Si lasciò andare nel più profondo sconforto pensando a cosa fare e con quale coraggio tornare a casa. Pensando al futuro sentiva le sue forze venir meno. Si figurava un futuro triste, umiliante, e abbandono assoluto. Il pensiero della reazione del padre alla notizia che il suo ragazzo aveva respinto ogni coinvolgimento, abbandonandola al proprio destino, destava preoccupazione. Lisa non sapeva come comportarsi. Ogni congettura le sembrava vana. E quindi si vide sconfitta e perduta! Ben sapendo quanto il padre fosse fiero e orgoglioso. Afflitta dunque da tante congetture, quasi rifiutava di tornare a casa, consapevole di quello che la aspettava.
Si ripeteva: "Povera me! Non ho il coraggio di dire a mio padre che il mio ragazzo non vuole saperne né di me, né del bambino. Mi sento morire! Ho distrutto il mio avvenire e quasi la vita mia. Oh, mamma, aiutami tu! Io non so più cosa fare. Ho la testa che mi scoppia. La vergogna mi opprime e mi ferisce a morte". La ragazza era ormai al limite delle sue forze e il senso della ragione cominciava a perdere consistenza. Né poteva contare sull'aiuto della madre perché anche lei ne avrebbe subito le conseguenze. Per cui tornare a casa la terrorizzava. Ferma dunque contro il muro, col viso rigato dalle lacrime, ripeteva tra sé affannosamente: "Forse sarà meglio che non torni a casa. Se vado da mia zia, quella lo dirà a tutto il paese. Oh, Dio mio! Cosa posso fare? Dove potrei andare? Mi sento impazzire! Ho in testa una vera confusione. Non capisco più niente! Forse sarà meglio che vada a casa. Così avrò modo di vedere cosa succede e quanto bene mi vuole mio padre. Lui ha detto sempre che mi vuole tanto bene. Adesso è il momento adatto per vedere se me ne vuole veramente".
L'arrivo a casa non fu accogliente come Lisa si aspettava, tutt'altro. Uno si voltava da una parte, l'altra taceva e cercava di fare l'indifferente. Lei, di fronte a una tale dimostrazione, capì che in sua assenza avevano avuto qualche discussione. Abbassò il capo e si gettò tra le braccia di sua madre. In quel momento così particolare, non c'era altra soluzione.
La madre colma d'amore per la figlia e addolorata per la triste sorte subita, la strinse forte con tanto amore.
La ragazza versava lacrime amare tenendosi stretta alla madre: - Non piangere figlia mia, vedrai che questo brutto pasticcio lo risolveremo -
Il padre seguitava a guardarle con aria indifferente e sussurrò con ironia: - Ora il quadro è completo! -
La moglie lo ignorò, chiedendo alla figlia: - L'hai trovato? Cosa ti ha detto? -
- Oh, mamma - rispose Lisa fra un singhiozzo e l'altro.
Il padre intuì subito che il ragazzo aveva rifiutato ogni responsabilità. In poche parole aveva respinto ogni coinvolgimento. Preso allora da una collera implacabile, lanciò contro la figlia uno sguardo di odio; masticando rabbia ed altre congetture che avrebbe preferito dire per sfogare la sua ira.
La madre, invece, la esortava alla calma e faceva quanto era possibile per consolarla.
- Siete davvero patetiche! - Disse il marito con un tono di voce da far saltare i nervi.
Lisa non vide altra scelta all'infuori che avvicinarsi al padre. Quindi gli si inginocchiò davanti dicendo in lacrime: - Papà, ti chiedo perdono! Ho sbagliato, lo so. -
- Alzati! - Scandì lui in tono molto severo. Lisa si alzò col capo chino sul petto. Ma lui, sempre più ostinato chiese: - Cosa ha detto il tuo seduttore? -
- Mi ha detto - sussurrò lei lievemente, sempre col capo chino e trattenendo i singhiozzi a fatica - Di non seccarlo. E del bambino di farne ciò che voglio. -
- Adesso come la mettiamo? Cosa pensi di fare? -
- Non lo so, papà - disse lei scoppiando in lacrime.
Il padre, fra rabbia e dispiacere si sentì quasi male.
- Papà - disse lei afferrandolo frettolosa per sorreggerlo. Dopo qualche attimo si riprese, fece un lungo respiro e sussurrò, fissandola con gli occhi pieni di collera: - E tu, ora, cosa pensi di fare? -
- Dimmi tu, papà, cosa potrei fare? -
- Devi sparire da questa casa! -
- Oh, papà! E dove vuoi che vada? -
- Sono affari tuoi. -
- Ti prego, papà, non mandarmi via. Non saprei dove andare. -
- Non m'interessa! -
- È tutto questo il bene che dicevi di volermi? Allora non mi hai mai voluto bene! -
La madre, che assisteva col cuore ferito dal dolore, si fece avanti dicendo: - Ti rendi conto di quello che dici? È tua figlia, non è un cane! -
- Tu taci! -
- Ho taciuto per molti anni e su molte cose! Ma su questo no! Ora basta. Qui si tratta di mia figlia! E tu non puoi buttarla in strada come se fosse uno straccio. Lei ora ha bisogno di comprensione e di aiuto, trattarla così vorrebbe dire... È mostruoso il tuo comportamento. Non voglio ascoltarti più! -
- Io in casa non la voglio più - esclamò il padre. - Ci ha coperti di vergogna! -
- Vergogna, vergogna. Tu non sai dire altro che "vergogna". Ma non pensi a quanto male fanno le tue parole? La tua arretratezza non ha limite! -
Lisa ascoltava la discussione terrorizzata e poi disse: - Mamma, papà ha ragione. Io in questa casa arrecherei solo vergogna. È giusto che vada via. -
- No, tu non vai da nessuna parte! -
- Mamma, è meglio così per tutti noi -
- No, Lisa! Figlia mia. Se esci da questa casa, sarà la tua fine! Io non voglio, resta! - La madre la implorava tra le lacrime.
- Non temere mamma. Se morirò, forse sarà la mia salvezza. Perché di sicuro solo allora finirebbero le mie sofferenze. Non essere in pena per me. - Concluse la ragazza trattenendo le lacrime a fatica e uscendo da casa sotto lo sguardo severo del padre. Iniziava il suo incerto cammino.
Una volta fuori chinò la testa e s'incamminò verso una direzione, senza sapere quale fosse. Una valeva l'altra. Ormai per lei, la scelta non aveva più alcun valore, né aveva un senso il suo avvenire.
La mamma, Maria, appena la figlia uscì di casa, si sentì male e cadde a terra priva di sensi. Il marito, come se nulla fosse successo, si sedette su una sedia attorno al tavolo, col capo chino sul petto, incurante di tutto ciò. Rimase lì com'era. Anzi, neanche si volse a guardarla.
L'inerte signora, restò a terra parecchio tempo, prima di riacquistare i sensi e le forze per potersi alzare.
Il cammino della povera ragazza diveniva sempre più lento e tumultuoso. Appena giunse fuori città, sfinita ed esausta, si fermò contro un muricciolo che faceva da parapetto a un dislivello di alcune decine di metri. Più guardava giù, più restava attratta da quella impressionante profondità. E proprio quando aveva deciso di scalare il muretto, per volontà del destino o per una pura e semplice casualità, sopraggiunse in bicicletta un ragazzo. Si fermò, sorpreso di vedere la ragazza in una pericolosa posizione.
- Ehi! - sussurrò attonito - Non avrai mica intenzione di saltare giù! -
Lei non rispose.
Il silenzio e l'indifferenza della ragazza, fecero sorgere in lui dei seri dubbi e le chiese: - Sei sicura di stare bene? - Mentre si apprestava a smontare dalla bici.
Lei non rispose.
- Io... - disse il ragazzo dopo aver lasciato la bici contro il muretto e avvicinandosi per guardarla in faccia e assicurarsi del suo stato d'animo, ma, vedendo quegli occhi rossi di pianto, capì subito che qualcosa la turbava. Quindi fece appello a tutta la sua buona volontà per farla parlare e per distoglierla da quella strana idea.
Ma lei non rispondeva.
- Io - disse ancora lui - Non so se potrò esserti utile. Però, se c'è qualcosa che posso fare sono pronto! Puoi contare su di me! Se vuoi parlarne... Io penso che non valga la pena di rovinarsi la vita. Sei una ragazza stupenda! E sarebbe un peccato danneggiare una figura bella come la tua! -
Lei, a questo punto si voltò, lo fissò negli occhi in silenzio. E lui: - Sto dicendo delle stupidaggini, vero? -
Lei lo guardava ma non parlava.
- Sarebbe un peccato troppo grosso, se una ragazza bella come te, fosse senza lingua. Non lasciarmi con questo dubbio. Fammi capire che non è vero. -
Lei sempre zitta lo ascoltava.
- Se hai avuto delle discussioni poco piacevoli forse parlarne può aiutarti a stare meglio, non credi? Dài non fare così. Io sono disposto ad aiutarti. Tanto per cominciare vieni via da lì! Non mi piace vederti lì vicino, mi vengono i brividi. Andiamo a casa mia. Vedrai che ti troverai bene. Non aver paura di me. Sono troppo giovane, per cui puoi fidarti. -
Se lei fosse stata di umore diverso, le parole di quel ragazzo pronunciate con tanta ingenuità, l'avrebbero fatta ridere.
- Vedrai che ti troverai bene. Mia madre è brava. Ho solo lei. Mi sarebbe piaciuto avere una sorella, ma mio padre per colpa di un incidente d'auto, ci ha lasciato troppo presto. Per cui, ti prego, vieni. Sarai per me come una sorella. Ti piace un chiacchierone come me per fratello? Io abito in un paesino non molto lontano da qui. -
La ragazza lo ascoltava senza rispondere e capì che il ragazzo non se ne sarebbe andato senza di lei. Quindi, a capo chino, s'incamminò lungo il muretto in silenzio.
Lui la seguiva spingendo la bici, guardandola contento per essere riuscito ad allontanarla da quel luogo pericoloso. Vedendo che lei camminava in modo incerto le sussurrò: - Vieni sulla bici, dai, non fare così. Vedrai che ti troverai bene. Il massimo che può succederti - disse sorridendo - è che io mi innamori di te e ti chieda di sposarmi. Ti piace questa battuta? -
Lei fece finta di non sentire e tacque.
- Dimmi qualcosa! Io voglio aiutarti. Dài, vieni su! -
Lei si fermò, lo guardò in faccia con riconoscenza, poi si avvicinò alla bici e prese posto, ma sempre in silenzio.
Paolo, più che contento del risultato ottenuto le chiese subito in tono scherzoso: - Non credo che ti sia morto il gatto! -
- Magari. - Rispose.
- Quanto ai tuoi problemi, mi auguro che non siano gravi. Quando vorrai parlarne, sempre se lo vorrai, io ti ascolterò volentieri. Quello che non mi piace è vederti triste. -
Lisa, commossa dalla sua bontà, iniziò a piangere.
- Ehi! Cosa ti succede? Ho detto forse qualcosa di sbagliato? Se è così ti chiedo scusa. -
Lei con un filo di voce sussurrò: - Io sono molto angosciata, ma le tue parole sono bellissime e di grande conforto. -
- Hai una voce bellissima! - Disse il ragazzo - In quanto alla tua angoscia, ti pregherei di attenuarla, perché non ti farà certo bene. Vedrai che sistemeremo tutto, almeno mi auguro. -
Queste belle parole fecero accrescere le lacrime.
- Ho capito. È meglio che stia zitto! Riesco solo a farti piangere. Se piangere attenua la tua tensione nervosa, piangi pure. -
Dunque, fra le tante lacrime e le semplici parole del ragazzo, nel vano tentativo di rincuorarla, giunsero in fine a casa di Paolo. Egli contento esclamò: - Eccoci a casa! -
L'aiutò a scendere, lasciò la bici contro il muro affrettandosi ad aprire la porta e la invitò ad entrare. Appena dentro casa, lui aprì una porta dicendole: - Qui c'è una camera tutta per te, ti piace? È la camera degli ospiti e tu sei un'ospite molto gradita! Vedrai che ti troverai bene, io sono contento di averti qui. Naturalmente c'è anche mia madre. -
Lei, commossa abbozzò un debole sorriso, sedendosi sul letto con gli occhi pieni di lacrime.
- Posso chiederti come ti chiami? -
- Lisa - rispose senza alzare la testa, dal momento che si vergognava a farsi vedere piangere.
Il ragazzo cercava di farla parlare con l'intento di distrarla, sussurrando: - Io non sono bravo ad intrattenere le ragazze. Hai già notato che riesco solo a farti piangere? Se tu potessi placare le lacrime io mi sentirei meglio. -
- Scusami, ma la tua bontà d'animo e la cortesia, mi hanno commossa. -
- Ti capisco. Ora mi è venuta in mente un'idea per darti l'opportunità di pensare ad altro. Dimmi, sei capace di cucinare? -
- Oh, mamma -, rispose lei.
- Ho capito, sei più brava a piangere che a cucinare! -
- Beh, non sono una vera cuoca, ma mi arrangio. Cosa dovrei fare? -
- Una semplice pastasciutta. Così, quando arriva mia madre dal lavoro le facciamo una sorpresa. Oh Lisa, sono tanto contento d'averti qua! Ti piacerebbe essere mia sorella? -
Lei abbassò la testa e non rispose.
Capì subito l'imbarazzo della ragazza e quindi cambiò discorso: - Vieni con me che ti faccio vedere dov'è la pasta. -
Una volta in cucina, aprì un'anta del mobile, e le disse: - Qui c'è la pasta. -
Lisa si avvicinò, prese un pacchetto di spaghetti numero 3 e chiese: - Devo cucinarli tutti o farne di meno? -
- Cucina tutto il pacchetto, caso mai mi assumerò io la responsabilità. -
- A me sembra troppa! - Disse Lisa che già iniziava a pensare a cosa avrebbe detto la madre di Paolo trovandola a casa.
Paolo intanto apparecchiava il tavolo, dicendo futili parole per rincuorarla e renderle meno penosa l'attesa.

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