| 
               Imprevisti
               d'autunno Quando sarebbe
               arrivato?Controllò
               l'orologio. Le lancette segnavano le 8.30. Sorrise tra
               sé, ebbe un ricordo rapido. L'anima si
               riscaldò al pensiero di una sera d'estate in
               cui lui le chiese di sposarlo. Tra poco l'avrebbe
               visto.Si concentrò
               sulla strada. Foglie multicolori alcune gialle, altre
               rosse preannunciavano l'autunno. Esse danzavano
               scivolando sotto le ruote veloci delle auto per poi
               salire, scendere, congiungersi nuovamente animate da
               un musica ignota alle nostre orecchie, suonata da una
               fanciulla straordinaria dalla lunga chioma bionda,
               avvolta in vesti dai colori caldi che riecheggiavano
               le cime degli alberi del lungo viale. Era Signora
               Natura. Viola intanto
               percorreva la strada noncurante dello spettacolo.
               Sarebbe stato un autunno caldo, magnifico sconvolgente
               e tutto ciò che era intorno a lei ne parlava.
               Era un annuncio, una lieta novella. Ad un tratto
               qualcosa si inceppò, fu piuttosto un borbottio,
               era il suo piccolo cuore a non reggere, stremato dalla
               incessante attesa?Tornò alla
               realtà, quella più fredda, quella che
               non perdona un sentimentalismo facilone condito di
               frasi banali da libro d'amore scadente.Una spia arancione
               troneggiava puntando il dito in segno d'accusa.
               Benzina? "Non è
               possibile! Eppure non avevo dimenticato niente"
               aggrottò la fronte "mi sono fatta anche la
               lista!". Non voleva trovarsi impigliata in quella
               fastidiosa situazione. "Dove ho messo il
               foglio? Ah! E' ancora qui nella tasca" "Parrucchiere.
               Croccantini per Gustavo (il gatto). Pile per
               telecomando. Cena. (Odiava cucinare. Aveva delegato al
               ristorante il compito arduo di adulare con
               prelibatezze il compagno. Del resto non era gelosa di
               Nando lo chef). "Ma qui non
               c'è scritto benzina!" Quando aveva fatto
               benzina l'ultima volta? Non ricordava. Che
               fregatura!Lasciò
               l'auto con i dispositivi di segnalazione accesi. Le 4
               frecce. Schivando gli improperi degli automobilisti
               raggiunse la parte pedonale del viale.Era un altro mondo!
               Le foglie, ora le
               vedeva anche lei danzavano sotto i suoi piedi e
               solleticavano la sua fantasia.Immaginò di
               essere una dama di un'epoca passata, una protagonista
               come Ginevra, ardente per il suo Lancillotto. Nella
               sua mente era indelebile il passo in cui Dante
               racconta come Paolo e Francesca, dannati per
               l'eternità, s'innamorano leggendo proprio
               quella storia d'amore.Fece un sospiro.
               Tutto a quel punto fu chiaro, era il destino a
               parlargli.Doveva riprendere a
               dialogare con la natura. Vide una fanciulla aggirarsi
               con incredibile leggerezza nel parco antistante alla
               stazione. Era stupenda. I capelli mossi si
               confondevano con i colori predominanti della stagione.
               Non capì chi fosse ma era sicura di
               conoscerla.Il treno era
               arrivato. L'attesa era finita. Ma qualcosa era
               cambiato. Era proiettata verso quel parco, le foglie
               volteggiavano nell'aria. Leggere, imprevedibili.
               Parlavano. Ora capiva.Vide una mano
               agitarsi tra tante teste. Si avvicinò. Sorrise.
               Gli sussurrò all'orecchio.Quindi decise di
               accompagnarlo nella danza.  |