LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Antonio Zannino
Ha pubblicato il libro
Antonio Zannino - Parole al vento



 
 
 
 
 
Collana I gigli (poesia)

14x20,5 - pp. 106

Euro 8,50

ISBN 978-88-6037-5391

 

In copertina dipinto
di Romano Piovani
Introduzione
Prefazione
Poesie

Introduzione

Mi piace il vento. Per molti è fastidioso, inquietante, arruffa i capelli, è causa di mal di testa, innervosisce, solleva polvere arrossando gli occhi...
Mi piace quando soffia così forte da mozzare il fiato e ostacolare il cammino; quando culla le piante facendole ondeggiare senza sosta, con quell'incalzante fruscio che fa pensare lontanamente a presenze occulte.
Oppure quando increspa il mare, rendendolo vivace e spumeggiante, con quel colore blu scuro, riflesso di un cielo troppo limpido e terso. I gabbiani sembrano divertirsi, giocare, librandosi nell'aria con le ali spiegate e rincorrendosi più veloci.
Una volta in particolare mi sono appisolato sotto gli ulivi vicino a un boschetto di querce a ridosso di una collina che si affaccia sul mare. Ero reduce da un pasto molto pesante, con qualche bicchiere di vino in più. A tratti mi addormentavo completamente, rendendomi conto però di sognare, anzi pilotando in qualche modo parzialmente i miei sogni. Creavo figure di strani ominidi in luoghi desolati, su un pianeta lontano. Cercavano riparo da un forte vento insediandosi in grotte naturali sul fianco di un'alta montagna; ed io con loro, al sicuro, ad osservare le sterpaglie che rotolavano silenziose in una vasta pianura sottostante che aveva qualcosa di sinistro, come se nascondesse mille pericoli di chissà quale natura. Ogni tanto tornavo alla realtà svegliato dalle voci dei parenti e le grida dei bambini nei dintorni, smorzate dalle folate di vento, che mi invitavano ad unirmi a loro. Udivo in lontananza anche l'insistente latrare dei cani. Tutto mi appariva irreale e non riuscivo a muovermi e reagire a quel torpore. Restavo come incantato ad ascoltare il fruscio delle piante che si piegavano con l'aiuto del vento verso di me. Ogni voce, insieme al sibilare attraverso i cavi della luce, sembrava venire da lontano, prima sommesso, poi sempre più forte, per poi scomparire allo stesso modo. Dicono che le piante parlano, comunicano tra loro e, forse, tentano anche con noi per mezzo di sostanze chimiche. Ed io cercavo di afferrare quelle emozioni. Mi chiedevo se, quando mi prendevo cura di loro bagnandole, passando vicino con riguardo, magari accarezzando qualche fogliolina, sentivano calore, amicizia, gratitudine, paura... forse il loro modo di ringraziare è dare dei buoni frutti... mi sentivo parte di un mondo sconosciuto, dove si parlano diverse lingue e ognuno si sforza di farti capire qualcosa. Ero troppo rapito, stanco e debole per raggiungere il gruppetto che continuava a chiamarmi; preferivo restare immerso nei miei pensieri e non perdere quel magico contatto, quella strana sensazione di uno che ormai ha preso l'abitudine di seminarle le parole. Il parroco del paese ha detto che le mie poesie sono un massaggio per l'anima.
Mi ha inoltre colpito il giudizio di uno sconosciuto che frequentava il mio negozio durante le vacanze, a cui ho regalato uno dei miei libri dopo un cordiale e simpatico scambio di idee:
"Belle le sue poesie. Lei attraverso quei versi si sfoga!"
Sì, scrivere per me è diventato una valvola di sfogo, un mezzo per comunicare con una parte interiore che sente il bisogno di uscire allo scoperto, decisa a sorridere talvolta, ma spesso a piangere, commuoversi; a volte ironica o arrendevole di fronte alle avversità o all'inarrestabile susseguirsi degli eventi della vita.
Vorrei che il vento portasse le mie riflessioni e i miei sogni lontano, lontano... come le voci e i semi di quelle piante, che vogliono vivere, riprodursi, farsi capire, che cercano un loro posto nel mondo.
Loro parlano, raccontano gioie, paure, del fuoco, dell'uomo, del cemento, del buio...
E molti di noi a volte ne prendono atto distrattamente, per un attimo, confondendo tutto, come in una giornata di vento, col ritmo estenuante e, molto spesso, le futili esigenze della nostra effimera esistenza quotidiana.
 


A. Zannino



Prefazione
 

Antonio Zannino, con le poesie di questa silloge, vola libero nella vita "come il vento" e le sue parole sprigionano l'energia necessaria per ricercare, giorno dopo giorno, poesia dopo poesia, una nuova suggestione, l'ennesimo incantamento davanti alle bellezze del mondo, alle meraviglie che fanno illuminare i nostri occhi. Ecco allora che scrivere diventa un atto liberatorio, evasione dalle costrizioni, dai luoghi comuni, dalle parole inutili che soffocano e delimitano la nostra creatività: si rende necessario iniziare un volo fantasioso durante il quale far esplodere il valore dell'esistenza, l'immenso deposito memoriale che rende più forte un Uomo, i mille pensieri celati nel profondo, le emozioni che scaldano il nostro vivere.
La condizione umana è già così limitata che è stupido non cercare di espandere le nostre conoscenze, rendere partecipi gli altri delle nostre emozioni, innalzare i sentimenti autentici ad un livello superiore per non lasciare che si inabissino nell'indifferenza e nell'oblìo.
Nella poesia di Antonio Zannino si avverte la necessità di "fermarsi", di pensare a ciò che veramente è importante, per tentare di carpire, sempre che sia possibile, il "senso della vita", la forza che rende vitali: è fondamentale comunicare agli altri ciò che desideriamo, ciò per cui ci battiamo, quali sono i nostri sogni e cosa vogliamo fare.
Alcuni versi sono l'immagine fedele di Antonio Zannino come quando, chiudendo gli occhi, desidera ardentemente sentire il "profumo d'infinito"; quando si mette in ascolto di "voci lontane" portate dal vento; quando si abbandona al fatto che la vita disperde le parole, la malinconia avvolge i pensieri, e poi, con le sue parole, alimenta di continuo l'amore per la vita come un dono che dobbiamo tutelare e, infine, i sogni che devono essere preservati dall'insidia del tempo e delle delusioni.
La vita trascina nel suo vortice e ci si accorge che il tempo passa veloce, tra una carezza e una favola, tra un abbraccio e un'avventura verso l'"isola che non c'è": ecco allora che Antonio Zannino, come un "cavaliere del tempo passato", ormai "senz'armi e senza destriero", si muove in un mondo "esasperato" eppure prosegue "fiero" mentre tutto tramonta.
Sempre pronto a tendere la mano, sempre attento a fermare un "magico pensiero", convinto che "qualcosa di buono si può ancora fare".
E anche se la verità è sospesa nel vento... ci vuole grande coraggio per "volare" e tuffarsi dentro la vita. Come Antonio Zannino.
 

Massimo Barile


Ringraziamento


I quadri, compreso quello di copertina, sono del mio carissimo amico pittore Romano Piovani, come nelle due precedenti edizioni, al quale rinnovo i miei ringraziamenti per la concessione delle sue opere.
Un sentito ringraziamento è doveroso anche alle numerose associazioni culturali, soprattutto quelle che fanno capo al club degli autori, le quali coi loro inviti a partecipare, creano fertile terreno per incontrarsi e conoscersi, comunicare e condividere le grandi emozioni che la poesia sa offrire. Danno inoltre notevole stimolo coi titoli o i temi spesso proposti e mediante le premiazioni. È infatti anche il loro giudizio e l'approvazione del nostro stile che aiuta a conoscerci meglio e spinge a uscire dal guscio e diffondere il nostro canto, dandoci la certezza che saremo ascoltati e molti forse anche ricordati nel tempo.
In particolare ringrazio: la ZACEM di Savona, che ha premiato inaspettatamente al 2° posto "Quando passa il vento", la basilica della Madonna delle Grazie di Valsorda, (CN), per aver richiesto un tema religioso, da cui "Saluto al sole" 7° posto, Ferrara Erbognone per la menzione di merito a "Cercando l'anima", inoltre a coloro che hanno proposto i seguenti temi: "il Carabiniere" a Bardineto, (finalista) "Una città e la sua gente" Albenga e "Tu, chiamale se vuoi emozioni...", in attesa dell'esito ma che a me piace moltissimo, "L'acqua", Terni G.L. Byron, già selezionata e forse premiata, pro loco di Siderno, paese vicino a quello di nascita, che mi ha ispirato "Straniero al mio paese" e tante altre di cui resto in attesa del risultato come di un bel voto a scuola, dove ero molto bravo nei componimenti, i quali venivano spesso esposti nella bacheca dell'istituto.

A. Zannino


Parole al vento


QUANDO PASSA IL VENTO

Il vento ci porta le voci lontane,
Il vento sospinge grovigli di sterpi,
s'ode incessante il latrare d'un cane,
a volte i cespugli nascondono serpi.
 
Il vento passa sbattendo le porte,
sventola i panni distesi lì al sole.
Il vento ci porta pensieri di morte,
scioglie le lacrime, disperde parole.
 
Spande, soffiando, quei petali bianchi,
cammina a stento quel gruppo di donne,
si chetano i cani poiché sono stanchi,
resistono al vento tenendo le gonne.
 
Sibila forte tra i cavi di luce
E si fa largo tra piante ondeggianti,
s'insinua tra i muri alla via che conduce
là dove s'odon sommessi dei pianti.
 
Piange una madre tra rose e dei gigli,
piange sommessa guardando le tombe,
nell'ultima guerra ha già perso due figli,
urla quel vento sul silenzio che incombe.
 
Soffia leggero sui petali rosa,
porta lontano la voce del cuore,
passa tra i rami, poi via senza posa,
porta dovunque sussurri d'amore.
 
Va, accarezzando una pianta fiorita
E nella notte tra voci più strane,
Porta sommesso messaggi di vita.
S'ode, nel buio, il latrare d'un cane!



SALUTO AL SOLE


Mi sveglio e qualcuno dorme ancora,
la notte cede il passo già all'aurora.
Nel cielo sono poche ormai le stelle,
tra poco spariranno pure quelle.
La volpe alla sua tana fa ritorno,
il gallo già saluta il nuovo giorno.
Il gufo se n'è andato da quel ramo,
l'allodola dà inizio al suo richiamo.
Le piante sono verdi e in Primavera
profumi e altri colori... fino a sera.
Apron le corolle mille fiori,
insetti laboriosi loro amori.
Tutto nei dintorni è qui in fermento
E pullula di vita, ed io... lo sento!
E sorge ora quel disco rosso fuoco,
e sono!... ad ammirarlo, ma per poco.
Così volle Colui che ci conduce
e, dall'oscurità, nacque la luce.
Le braccia verso il ciel e dal profondo
respiro insieme a tutto, insieme al mondo...
M'inebrio di pensier, non ho parole!
Salute a te, buon Dio, ci hai dato... il sole!



NIENTE SANGUE NELL' ARENA.


Corre la palla nel campo di calcio,
rotola, gira, per dar la vittoria;
ed ogni avversario provoca intralcio,
cercando, in affanno, un momento di gloria.
Come a quei tempi, laggiù nell'arena...
Oggi s'affrontano gran giocatori.
Sono senz'armi e con grande lena
Riportano in vita quei gladiatori.
Urla la folla un po' imbestialita.
Migliaia di sguardi da sopra gli spalti
Per ogni secondo di quella partita,
incitando con foga alla corsa ed ai salti.
Attento terzino, corri attaccante,
metti la grinta e le ali ai tuoi piedi,
non ti fermare neppure un istante,
sono te stesso, se pur non mi vedi.
Copri quel sogno di grande guerriero...
Quel piccolo, grande pallone rotondo
distoglie lo sguardo, porta il pensiero
lontano dall'ansie di questo mondo.
Coraggio compagni di squadra del cuore,
beviam nella coppa col canto e l'orgoglio,
con tanta veemenza e con grande fragore,
così come l'onda che infrange lo scoglio.
Stanno acclamando, qualcuno ha segnato...
Soltanto da un lato si levano i toni.
Ma qualche speranza per chi è sconsolato
rimane nel cuore per altre occasioni.
Non c'entra la guerra, poiché siamo in pace;
se c'è la sconfitta accettiamo la sorte.
Anche se a volte la squadra non piace,
onore alla vita, non certo alla morte!



PERCHé NON GUARDI IL MARE?


Guardalo dall'alto
nascosto tra le piante
a volte blu cobalto,
fermati un istante.
Il vento fa increspare
e un lieve moto ondoso
tendente a spumeggiare
vivace e tumultuoso.
A volte è impressionante
se l'acqua è furibonda
s'infrange con fragore,
un'onda insegue un'onda.
è il gioco dell'amore,
la favola infinita,
c'è tutta la potenza,
il senso della vita...
In quella trasparenza
perché non guardi il fondo
e pensi all'Universo,
a qualche altro mondo...
non è così diverso.
Perché non guardi il mare
s'è placido e sommesso...
potessi camminare
vedendomi riflesso...
oppure respirando
andare verso il fondo,
ogni angolo osservando,
intruso, vagabondo,
cercando di capire,
riflettere, pensare...
perché non vuoi sentire,
fermarti, contemplare,
cercare all'orizzonte
non certo una risposta,
ma ancora un'altra fonte,
avanti, avanti, senza sosta...
una spiaggia? Un'altra sponda?
Nessuno sa spiegare...
A notte, a notte fonda,
immergiti, scandaglia, cercati, sprofonda!



NESSUNO, L'UOMO INVISIBILE


Nessuno andava in giro per il mondo
Sempre allegro, simpatico e giocondo.
Tra la gente, scusatemi se insisto,
s'insinuava dappertutto ma non visto.
Quel giorno non sapeva cosa fare
E stava passeggiando in riva al mare.
Siccome era in vena di dispetto
voleva stuzzicare un bel gruppetto.
In ballo c'era un'ampia discussione;
tirò ad uno di quelli uno schiaffone.
Questi si girò così stizzito
E lui restando immobile alzò il dito.
Il tale non sapendo dove e quando
Voleva darne un altro di rimando.
Guardava un poco attonito d'intorno,
c'era un gran bel sole e pieno giorno.
Continuò quel suo discorso rassegnato.
Nessuno aveva già ripreso fiato.
Rideva silenzioso come un matto
E poi s'avvicinò come fa il gatto.
Questa volta andò all'attacco, ma di sotto,
tirando indisturbato un pizzicotto.
Quell'altro diè un sussulto spaventato.
Qui dietro c'è qualcuno, ma chi è stato?
Pensava preoccupato e un po' stizzito.
Nessuno ridacchiava divertito.
Continuò quel suo discorso disinvolto,
coi segni delle dita ancora in volto,
balbettando, poiché era ormai nervoso,
ma stava un po' guardingo e sospettoso.
Nessuno tratteneva così a stento
Le risate che sembravano un lamento.
Ripreso un po' di fiato e di coraggio,
aspettando sempre alcuni di passaggio,
pensò: "siccome quest'allocco non mi vede,
quasi quasi vado in mezzo e pesto un piede."
Prima di far questo andò da un vecchio
Soffiandogli qualcosa nell'orecchio;
e mise tosto in atto il suo progetto.
Gli fu però fatale quel dispetto.
Si prese in mezzo al naso una testata
d'istinto e pur di colpo, ma ben data.
Quel sangue di color era vermiglio
e in quel piccolo gruppetto uno scompiglio,
anche perché poi seguì un bel grido.
"Vorrei colpire ancor ma non mi fido!"
Si fece un po' di largo per fuggire,
ma nella foga, ed io non vi so dire
com'è che fu, che cadde proprio in mare
urlando a tutto spian: "non so nuotare!"
la gente s'accalcava: "che succede?"
"In acqua c'è qualcun, ma non si vede!"
"Possiamo star tranquilli," disse uno,
continuando il suo discorso, "c'è Nessuno!"



LA CITTà FANTASMA


Non sono un vagabondo,
il problema è questo qua:
un po' ho girato il mondo
e ho visto una città.
C'era un gran recinto,
con un cancello aperto;
chissà cosa m'ha spinto
a entrare in quel deserto!
Avevo un po' bevuto,
la testa mi girava.
Quel luogo m'è piaciuto,
ma qualcosa non tornava...
già sull'imbrunire
sembrava notte fonda.
Pareva di sentire
Dell'acqua da una gronda.
Giravo per la via
Tra qualche luce accesa,
con molta simpatia,
aspettando una sorpresa.
C'era un gran palazzo;
sembrava una caserma,
senza né un terrazzo
o una finestra ferma.
Più in là delle villette;
però disabitate,
sì belle e sì perfette,
tra aiuole ben curate.
Ognuna avea una croce;
di certo eran cristiani.
Parea sentir la voce
di esseri un po' strani.
Poi, stanco ed affamato
improvvisai un giaciglio;
mi trovai appisolato
tra qualche rosa e un giglio.
Qualcuno mi chiamava,
ma io non rispondevo.
Il tempo si fermava;
dormivo e non credevo
che ormai stavo sognando.
Vedevo molta gente
Che stava balbettando,
dicendo quasi niente,
e, mentre camminava
in una direzione,
passando mi guardava,
con molta ammirazione.
In un mantello avvolto,
con le candele accese,
e tutti senza volto,
in modo assai cortese,
invitavano a seguire
mettendomi già in coda,
non stare lì a poltrire,
vestendomi alla moda.
Mi svegliai di soprassalto,
sentendomi chiamare;
un uomo stretto e alto:
"qui non si può stare!"
e mi guidò al cancello,
invitandomi andar fuori.
Chissà chi era quello!
Sentivo già i rumori
di qualche utilitaria,
che, data la buon'ora,
passava solitaria.
Pensando al sogno ancora
sentendomi più sano
e alquanto sconcertato
se quell'era un guardiano
allora sono stato
e credo che sia vero,
in mezzo a dei fantasmi...
quell'era un cimitero!



MONASTERACE
STRANIERO AL MIO PAESE


Vola lassù in alto uno sparviero,
forse nei dintorni c'è il suo nido,
oppure... oppure sta osservando uno straniero...
volteggia, solitario, senza un grido.
Ricordo il mio paese vagamente,
purtroppo l'ho lasciato da bambino,
ma solo con il corpo e non la mente,
è sempre come in sogno a me vicino.
Quel carro, che passava lentamente...
Ci portava dalla cima fino in fondo,
trainato da quel bue così paziente,
passando, per le case, a un altro mondo.
Guidava un contadino molto anziano,
fingeva che il suo mezzo fosse vuoto.
Credevo ci portasse assai lontano,
fermava ai confini dell'ignoto.
Ma tanto ci ha pensato poi quel treno.
Ricordo, se ancor pur vagamente,
mia madre non poteva farne a meno,
viaggiavo, insieme a tanta, tanta gente.
Ed oggi, come allora, un sentimento
Mi coglie alla sprovvista, all'improvviso,
il sole m'accarezza e pure il vento,
quasi a dare baci sul mio viso.
Chiudo gli occhi e resto ad ascoltare...
Odo voci d'un tempo ormai lontano,
sommesso si strugge pure il mare.
Mi sveglio, saluto con la mano!
Mi sveglio, chè sento ora il suo grido!
Su in alto vola ancora lo sparviero...
Forse... nei dintorni c'è il suo nido,
oppure... oppure è un benvenuto,
benvenuto... a uno straniero!...



MAGICA LIGURIA


Ai piedi della cima di quel monte
Pare quasi d'essere osservato,
e non solo se il tuo sguardo sta di fronte,
ma perfino alle tue spalle e d'ogni lato.
Da tutto, da ogni pietra, ed ogni cosa
prende parte a ogni gesto e al tuo respiro.
Vedi nulla ma lo senti, c'è qualcosa,
un camoscio, una marmotta oppure un ghiro.
Ecco un falco, sta spiegando le sue ali;
lui ti vede, scruta il bosco e ogni sentiero,
vede uomini, antichi ruderi e animali,
nella macchia qualche piccol cimitero.
Il silenzio pare quasi che t'ascolta
Lungo quella solitaria mulattiera
Già percorsa dalla gente d'una volta,
bellicosa, riservata e molto fiera.
Verdi prati e piante secolari,
vecchie case abbandonate dai pastori,
tanti fiori profumati e molto rari,
bacche, timo, rosmarino ed altri odori.
Muri a secco senza più manutenzione,
a ricordo d'ostinati contadini;
dedicavano fatica e devozione,
con l'aiuto delle donne e dei bambini.
E rigagnoli che scendono veloci
trasformandosi giù a valle in un torrente.
Si nascondono e poi spuntano ad incroci
diventando a volte unico affluente.
T'accompagnano in discesa verso il mare
Scorrendo tra le pietre levigate,
saltellando in un paesaggio d'ammirare,
ora in pozze sempre in quiete e poi cascate.
E prima della spiaggia ancora vita,
cittadelle pittoresche ed operose,
gente d'ogni razza e sempre unita,
serre coltivate a volte a rose.
Qualche vecchio nel suo borgo medioevale
Con le rughe che gli solcano quel viso,
in contrasto con la gente più normale,
che ti guarda con ironico sorriso.
Cielo e mare, così vasto e così azzurro,
con il vento ora placido e ora in furia,
tutto quasi solo un magico sussurro...
vecchia, nuova, aspra, cara terra di Liguria!

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