LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Antonio Cirillo
È nato a Pompei (Na) nel 1977 e, attualmente, risiede a Scafati (Sa). È iscritto presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli. Bibliofilo fino alla paranoia, attento scrutatore del panorama politico internazionale, cerca di farsi spazio nel caotico ed affollato mondo della poesia e della letteratura di questa fine secolo.
Secondo classificato assoluto al premio letterario «Giovanni Anacro - Città di Scafati» 1998.
Attualmente è di leva nell'Aeronautica Militare.
Antonio Cirillo è stato inserito nell'antologia del premio letterario Marguerite Yourcenar 1997.
 

Antonio Cirillo

 
Vorrei scrivere di ciò che so,
ma non conosco cosa alcuna,
non ho storia né ricordi
né grandi sogni da realizzare.
 
Scrivo versi, è vero,
ma sono cose da poetucoli,
parole senza capo né coda,
di nessuna qualità.
 
Capita così un po' per tutti quelli che
come me, in questa assurda fine secolo,
si credono novelli Petrarca.
 
E giù sproloqui e paroloni
e cose prese a pegno
in Biblioteca, giù a Babele.
 
Io manco lo conosco, 'sto Petrarca,
ma so che quando sono più
i poeti che i lettori
non se ne può cavare un tubo.
 
È così da Millenni:
la Storia è un posto
riservato a pochi.
Tra un secolo sapremo
se sarò Nemo o Antonio Cirillo.
 
 
La libellula
 
Ancora io ti penso,
Ancora io ti canto,
E nel mio triste incanto voli tu,
Piccola libellula d'argento
Che dentro il vento vai,
Sospesa all'infinito, in aria,
Mentre ancor gaia ronzi
Con le compagne tue del peripato.
 
 
Scende la neve
 
Non so di che parlare. Non so perché.
Non so che cazzo mi sta succedendo
e non riesco a spiegarmi le cose.
Forse sto solo diventando grande,
o, magari, sto diventando matto,
 
o paranoico, o psicolabile,
o è la vita che mi sta cambiando.
 
Se tutto ciò è diventare grande,
allora voglio tornare bambino
perché ora questo mondo mi fa paura
e le vertigini già mi prendono,
e un capogiro mi fa svenire,
sprofondandomi per sempre nel niente.
 
Ora scende la neve, ed io mi perdo
nel suo ventre, trasportato dall'oblio,
come il dolce vino di Dioniso
che vendi ad un angolo di strada.
 
 
Ti ho sentita respirare piano
 
Ti ho sentita respirare piano:
non volevo svegliarti;
così ho vegliato accanto a te,
e sono rimasto lì a guardarti,
stanotte, mentre il buio sussurrava.
 
Nella penombra tenue
ho baciato le tue labbra socchiuse,
lievemente, 'che tu non ti svegliassi.
Per guardarti ancora.
Per sfiorarti ancora.
 
Per toccarti, se lo vuoi
ma ho tanta paura a chiederlo,
'che potresti dirmi no.
Così rimango seduto sul letto,
a te di fianco, con la luce spenta,
ad aspettare che l'alba ritorni
e riporti la luce dei tuoi occhi.
 
 

Il mondo in fondo al viale

 
Il mondo in fondo al viale
piano va tramontando,
all'ombra di un cipresso,
e, spesso, ancora passa un gatto,
che, sornione, coda dritta, se ne va.
 
Vedo lontana una figura,
scura, indefinita. Lenta va camminando;
E ancora mi ricordo di mio nonno.
 
 
Come nasce una poesia
 
Matura lentamente un'emozione.
Prende vita. Invecchia come vino.
Bolle come il sangue nelle vene,
e ti balla nella testa per un po',
finché scoppia come Sole all'alba,
coi raggi che, d'un tratto, t'investono.
 
E la vedi nascere dalle mani,
torrente d'inchiostro su di un foglio
che, rigo dopo rigo, si trasforma
nei versi d'una poesia, magari brutta,
imperfetta, ma comunque figlia tua.
E perciò la ami anche così com'è.
 
Ma non ti basta. C'è un quid che non va.
Forse la tua poesia merita di più.
Allora la levighi, la smerigli,
la improfumi, le dai giù di bombé.
La lecchi come l'orsa i cuccioli,
dandole respiro ed ambizioni.
 
Potrà sembrare strano ai profani,
ma, in fondo, così nasce una poesia,
sia essa un verso od un mattone,
come goccia che pian piano diventa
oceano, come sogno che si fa realtà,
un'emozione che diventa musica.
 
 

 

 

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Inserito 3 novembre 1998