LA PIU' GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Antonino Orlando

 
Antonino Orlando è nato a Caronia, provincia di Messina, nel settembre 1939, ma risiede a Vigevano da quarantacinque anni, dove ha svolto attività specializzata artigianale nel settore meccanico. Non possiede nessun titolo scolastico, se non la quinta elementare. E' un autodidatta. Ora è in pensione, ma da sempre, da giovanissimo ha espresso la sua vena poetica, ereditata dalla madre. Poeta e narratore, dotato di memoria eccezionale. Non ha mai partecipato a concorsi se non dal 2003. Ha iniziato a farsi conoscere riscuotendo piacevoli consensi. per suo merito è iscritto come socio effettivo al Club degli Autori di Milano. Si è sempre interessato del comportamento umano e lo ha trasmesso nei suoi versi. Riaffiorata la sua passione per la poesia dopo anni silenti, con travolgente impeto. Uomo la cui profonda religiosità traspare in quasi tutte le sue poesie. Attraverso la maestosità del creato, dà gloria al suo Fattore.
 
 

Il cuore spera
 
Sento nel cuore pulsare la vita,
onde, giovane o vecchio, rivoglio,
vedere l'anima ringiovanita,
cerco vigore, coraggio od orgoglio?
 
Misero uomo, cosa tu vuoi?
Tu hai tarlato le fibre del cuore,
Tu che da solo nulla far puoi,
ancora tu cerchi dalla vita il sapore?
 
Si, io mi sento impaurito e anche solo,
una farfalla dall'ala spezzata,
che non riesce a spiccare il suo volo,
e dal suolo non s'è più alzata.
 
Però posseggo un segreto solenne,
cui posso attingere nuovo vigore,
come sorgente di vita perenne,
essa è la mensa che m'offre il Signore.
 
Onde mi sfamo racquieto il desio,
vivo rifatto, figliolo di Dio.
 

 
Apprezzo il creato
 
Noi sempre e dappertutto T'invochiamo,
Padre del redentore e Padre nostro,
ma i giorni che son Tuoi io mi mostro:
Più docile e devoto al Tuo richiamo.
 
Che cielo e terra e l'universo intero
e qui con mè questi alberi giganti,
mostran chiaro ai poveri passanti
che, la bontà di Dio non è un mistero.
 
Chi è che muove i cieli e che fa il sole?
Spunti ancora per tutti e a tutti dia
da conservar la vita e l'energia
in questo mondo pieno di parole.
 
Ancora in tutto il mondo a te si canta
e più si prega in casa e dappertutto,
che a guardar il mondo si fa brutto
ma, di bontà Tua che n'è ch'è tanta
 
Què altro più dolcezza e meraviglia,
guardo nei prati, fiori di giunchiglia.
 
La giovane che sogna e fissa avanti,
con gli occhi pudichi a rimirar lontano,
ti fa promesse, ti sussurra piano
i tremiti del cuor che ne ha tanti.
 
E il buon vecchietto ch'è agli estremi giorni,
passa e ti dice di sua vita grama.
Ti offre i suoi mali, supplica e ti chiama.
Che presto l'alma sua da te ritorni.
 
Ed io confuso e stanco più di quello?
Ti offro i miei versi. No! Che son da poco,
ti offro il mio cuore con tutto il suo fuoco
e apprezzo il creato a rimirar ch'è bello.
 

 
Maestoso sole
 
Quando un mattino, lontano, lontano,
tra i pini a schiera rivolti ad Oriente.
Il primo raggio del sole africano,
saluta il giorno, conforta la gente.
 
Come qualcosa che apre la via,
sembra cammini con l'ali del vento,
l'eco, dolcissimo in tanta armonia,
che pace nel cuore, di questo io sento.
 
E ascolto l'eterno cantico,
che il creato, a Dio, dà gloria,
questo è l'inno più antico,
se si apprezza, è ancor vittoria.
 
Cuor paterno, il mondo errante,
dai uno sguardo all'uomo in terra,
che da Te, tutto sperante,
cerca quiete ma fa guerra.
 
Chi consola, quei lamenti?
Od evitare quei flagelli?
Che ogni giorno Tu li senti!
Ma ai Tuoi comandi siam ribelli.
 
Si rafforza, odio e bora,
si fan l'onde più frequenti,
l'uomo, non si ravvede ancora,
nel distrugger siam contenti?
 
Padre eterno, placa l'ira,
e che ragioniam con coerenza,
qui si piange e si sospira
qui ignoriam la Tua esistenza.
 

 
La generazione del 2000
 
Hai visto? Hai sentito?
Per il mondo s'è diffuso,
non sei rimasto sbigottito?
Che ad osservare mi son confuso.
 
Gli infelici avvenimenti,
la morale che è scomparsa,
ai nostri giorni son presenti,
come una moda lenta passa.
 
Il matrimonio è in disuso,
che un segnale questo sia?
Con il conviver s'è diffuso,
lo sposarsi è una follia?
 
A me vaga per la mente
che bellezza, era un incanto,
guardo ieri, non il presente.
Come dispiace al padre Santo!
 
Guarda attento, o popol mio,
uccide il padre, l'hai sentito?
Dov'è il rispetto, oh mio Dio?
Al genitor che l'ha nutrito?
 
Al contrario il padre ingrato
uccide i figlio e s'è ammazzato.
Se la nonna mia sorgesse,
questo mondo non lo accetta,
e se l'occhio in terra volge,
ritorna indietro in tutta fretta.
 

 
La prima coppia nell'Eden
 
Furono messi in giardini eccellenti,
che contenevano i più candidi gigli,
ove Adamo ed Eva contenti,
del Creatore si sentano figli.
 
Si conciliavano con la vita,
e del Divino, la presenza
poteva essere infinita.
Che preziosa ricompensa!
 
Un eterno e soave canto,
si sentiva in tutti i lati,
dolci frutti tutti accanto
e in fiore erano i prati.
 
Allora, vi erano assidue primavere,
e la rugiada le bagnava il suolo,
ignoti erano il caldo e le bufere
e tutto si svolgeva senza duolo.
 
Fretta non c'era, si procedeva piano
freddo, gelo, abiti o pastrano,
solo le vesti di quell'evo antico,
era la foglia del famoso fico.
 

 
Mattin di festa
 
Quante persone vedono i miei occhi,
forse è festa e divertir si vuole;
vado a vedere e cerco anch'io di farlo,
ma no! Me ne sto qua e da lontan li guardo.
Come splendono bene i loro volti,
come luccicano di smeraldi i loro occhi.
Vedo la pace e, mi sfugge un pensiero
Che l'animo mi morde e, mi domando:
se quella gente a me sembra tranquilla
perché di tanto odio la natura?
Tutto ad un tratto mi concentro e penso,
se la vita è bella e a viver vale
perché siamo degli esseri mortali?
Forse perché ci son le sofferenze
Delle persone spietate, crudeli
Anormali o senza sensi?
Natura, tutto questo è per punirci?
Dimmi colui che peccò per primo,
perché lo fece a chi lui diede poter?
Sei un mistero troppo dolorante
Morir mi fai d'angoscia e anche straziante.
 

 
Un giorno di maggio
 
Alba bella rugiadosa,
s'annunciava tutt'intorno,
quando, tutta frettolosa,
si rivestiva al nuovo giorno.
 
Che sollievo, che bellezza,
che piacevole frescura,
è un incanto quell'ebbrezza,
verde e rosa è la pianura.
 
Se mi basta il poco genio,
un sol raggio di quel giorno,
qui risplende come premio
il mio verso disadorno.
 
Come quando un bel roseto,
fiorito è in tutti i rami
sorto il sol, diventa lieto
meta d'api e vespe, a sciami.
 
Quando poi vien la sera,
che il sol a vista scende
vedi i colli tutti a schiera
sembra un sogno, si protende.
 
La vallata che pianeggia,
quegli odor di pini e abeti,
il torrente che serpeggia,
fa risplendere i vigneti.
 
Mi raccolgo solo un fiore
Maggio bello, che splendore.
 

 
Una luce sulla terra
 
Ah, se si potesse far risplendere,
una gran luce sulla terra,
far fuggire queste tenebre,
i timori della guerra.
 
Stare insieme greco, ebreo,
sentir lingue differenti,
non considerar nessun plebeo,
ma sentirsi ugual parenti.
 
Come quando in lontananza,
vedo un prato in fioritura,
e che volge alla speranza,
di non avere più paura.
 
Cessa il pianto, cessa il duolo,
che commuove il mondo intero,
e rovina cielo e suolo.
È di troppo quel che spero?
 
Dondolarsi al colle a al piano,
quando spira il venticello,
comportarci da umano,
e dire insieme, il mondo è bello!
 
Io nient'altro chiedo e voglio,
uno sguardo mite e pio,
rigettar tutto l'orgoglio,
e s'è così, far parte anch'io!
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Agg. 04-02-2007