Paesaggio
               a nord-est  
               
               - Quell'inverno la
               nebbia calò in anticipo sulla laguna. La pelle
               ancora colorata di sole, salata di mare, fu colta
               all'improvviso dall'umidità.
 
               
               - Scese fitta,
               avvolgente, invadente; coprì tutto, anche
               l'anima.
 
               
               - Un'immensa coltre
               di minuscole goccioline punse la pelle del viso
               provocando un moto spontaneo di fastidio. Una mano
               lesta, si arrampicò verso gli occhi, asciugando
               le ciglia umide di niente. Quel niente che ovatta i
               rumori e appiattisce i colori. Lo stesso che trasforma
               il frastuono, le grida, i rumori in fantasmi della
               realtà.
 
               
               - Foschia densa.
               È una smisurata tela trasparente attraverso la
               quale si intravedono le città, le campagne, le
               fabbriche, tutto il territorio.
 
               
               - Ogni cosa viene
               celata, cosicché si può talvolta, grazie
               alla nebbia, osservare solo ciò che aggrada,
               delegandole l'onere di ammantare di velo tutto il
               resto.
 
               
               - Era calata presto
               quell'anno, l'estate non se ne era ancora andata.
               Ancora forte nelle orecchie il fragore delle onde che
               si infrangevano sugli scogli. Ancora gustoso sulle
               labbra il sapore del pesce appena pescato, cucinato
               sulle braci e condiviso con amici e
               parenti.
 
               
               - Negli occhi ancora
               il fastidio del riverbero del sole sfavillante che,
               durante l'estate in terra pugliese, scalda e vivifica
               uomini e cose.
 
               
               - Elvira conosce ora
               la nebbia per la prima volta. Adesso capisce
               perché si parla della nebbia con timore, con
               angoscia.
 
               
               - È bastato
               spingere lo sguardo al di là del vetro, nella
               cucina sull'isola dei colori (Burano), per provare un
               senso immediato di buio. Gli occhi di colpo non
               penetrano più l'immagine, lo sguardo slitta
               lateralmente sulle case, scivola come fosse olio. Si
               infrange, respinto, come accade all'onda quando si
               arresta sullo scoglio.
 
               
               - L'isola più
               grande della laguna Veneta, accoglie una giovane
               donna, arrivata dal Sud con la famiglia, in cerca di
               fortuna. Nella valigia speranze e paure; progetti e
               presentimenti.
 
               
               - Sarà il
               tempo inesorabile, talvolta spietato, a scompigliare
               piani, a confondere progetti, a sconvolgere l'ordine
               di avvenimenti che, ultimi, si ritroveranno
               primi.
 
               
               - Lavoro se ne trova:
               ci si adatta, assecondando il destino.
 
               
               - La casa è
               quella di famiglia, dove le sorelle del marito
               continuano a vivere.
 
               
               - Ma la vita
               sull'isola è un universo ristretto. Poco lo
               spazio a disposizione. Troppi occhi a
               vigilare.
 
               
               - Meglio cercare
               orizzonti più ampi.
 
               
               - Così le
               valigie ancora pregne dell'odore del treno, vengono
               riempite nuovamente di abiti e destinate questa volta
               verso la terraferma.
 
               
               - Regno incontrastato
               di campi, coltivati o no, e di interminabili vitigni,
               ordinatamente allineati, che lo sguardo fatica a
               distinguere, confondendoli con altri toni di verde, in
               un susseguirsi di linee simmetriche che si
               interrompono solo quando penetrano nell'acqua
               verdastra e opaca del fossato, al limite dell'area
               coltivata.
 
               
               - L'appartamento
               è situato al piano terra, è modesto,
               umido, rallegrato da un cortile per giocare e da un
               fazzoletto di terra
 
               
               - per scoprire, oltre
               alla fatica, il piacere di coltivare.
 
               
               - Un mondo dove
               predomina il colore verde.
 
               
               - Alle spalle, non
               ancora dimenticati, i toni grigio-azzurri dell'acqua
               di laguna, le tinte così allegre e sfacciate
               delle case, che trasformano l'isola appena
               abbandonata, in una tavolozza da pittore.
 
               
               - Ora il suo mondo
               è trasportato da un barcone che lentamente
               attraversa la laguna costeggiando una fila lunghissima
               di "bricole", ovvero indicatori di direzione non
               ancora soppiantati da led luminosi.
 
               
               - Il viaggio è
               lungo: difficile tenere a bada l'entusiasmo dei
               bambini, così eccitati dall'insolita gita tra
               le onde.
 
               
               - Molti gabbiani si
               avvicinano alla barca per esplorare il carico
               verificando in particolare la commestibilità.
               Ma delusi, invertono subito la rotta per dedicare
               l'attenzione ad altre barche, più ben
               fornite.
 
               
               - Molte le
               imbarcazioni, fin dal primo mattino, in navigazione
               verso Venezia o altre isole minori della
               laguna.
 
               
               - Se non si
               avvertisse, prepotente, il rullio della barca,
               sembrerebbe di essere in autostrada, tanta è la
               quantità di natanti e uomini, in dondolio sulle
               onde.
 
               
               - Un ultimo saluto,
               muto, al campanile storto della chiesa di Burano, ai
               colori indimenticabili dell'isola, ai suoi abitanti
               dal linguaggio concitato, dal dialetto,
               incomprensibile a cantilena, e dall'insito bisogno di
               difendersi, offrendo fiducia e consenso, solo in
               cambio di provata buona fede.
 
               
               - Alle spalle dei
               naviganti, ma spostata verso sinistra, la meravigliosa
               Basilica di Torcello, con i resti del Battistero. A
               due passi, la minuscola chiesa di S.
               Fosca.
 
               
               - Più avanti,
               verso il centro dell'isola, troneggia una sedia di
               marmo che la leggenda popolare indica come la "sedia
               di Attila".
 
               
               - L'emozione zittisce
               le voci. Silenziosamente procede la lenta ma
               inarrestabile traversata del barcone, detto anche
               "topo", direzione: campagna Veneziana. La campagna
               citata più volte nei testi di storia, oltre che
               per l'importanza delle coltivazioni nell'economia
               della regione, oltre che per la notevole bellezza,
               anche per essere stata per molti decenni, luogo di
               villeggiatura e di cura dei nobili patrizi della
               città, e non solo.
 
               
               - Le sontuose ville,
               distribuite in particolare lungo alcune direttrici
               stradali, sono ancora oggi una testimonianza di quanto
               fossero apprezzati questi luoghi.
 
               
               - Per Elvira, mettere
               piede in terraferma, ha sicuramente un significato
               diverso che per i nobili dei secoli andati, rimane
               tuttavia per lei il luogo simbolo di una nuova
               possibilità, concreta, per iniziare a vivere
               serenamente, in libertà.
 
               
               - Il proprietario
               della casa, presa in affitto nel piccolo paese
               dell'entroterra, è un anziano signore senza
               figli. Ha fatto della sua dimora e del terreno
               circostante, l'occupazione principale della
               giornata.
 
               
               - È burbero,
               diffidente, presuntuoso. I primi contatti col suo modo
               di fare, non proprio incoraggianti.
 
               
               - Ma, si sa, ad avere
               necessità, spesso si è costretti ad
               intravedere virtù, magari in lontananza, in
               ciascun individuo.
 
               
               - Alla fine la
               costanza e la tolleranza diedero buoni
               frutti.
 
               
               - In breve l'orto
               assunse un aspetto ordinato, via le erbacce, via tutto
               ciò che impediva la crescita
               finalizzata.
 
               
               - Quante ore passate
               a zappare la terra, nel tentativo di strappare dalle
               sue viscere un risultato fecondo.
 
               
               - Le fragole, quelle
               piccole colore del fuoco, dal sapore introvabile oggi,
               crescevano senza l'aiuto dell'uomo, spontanee.
               
 
               
               - Le piantine, a
               ridosso della rete metallica che delimitava la
               proprietà, si sviluppavano velocemente.
               
 
               
               - Quasi al centro
               dello spazio coltivato ad orto, si ergeva un albero
               dal tronco liscio, non troppo largo, con ampie foglie
               rotonde, dal margine lobato, di un verde
               discreto.
 
               
               - Era saldamente
               ancorato al terreno, s'innalzava in quel posto da
               molti anni: unica figura protesa verso l'alto, a
               sovrastare incontrastato, l'altra vegetazione.
               Produceva una deliziosa qualità di fichi, che
               spesso, se non raccolti in tempo, cadevano al suolo
               aprendosi a raggera.
 
               
               - L'interno del
               frutto allora, si appiattiva sul terreno creando
               curiose macchie variegate di rosso che si stagliavano
               sulle zolle come fiori appena emersi dalla
               terra.
 
               
               - Il cancello
               dell'orto, costruito artigianalmente dal proprietario
               della casa, era di legno grezzo, un'asticella a fianco
               all'altra, fermato alle due estremità da un
               ulteriore pezzo di legno, inchiodato in senso
               opposto.
 
               
               - Era lì,
               forse, solo per essere osservato. Ad altro non sarebbe
               servito. Era basso più del necessario, sottile
               più del necessario, con un lucchetto che noi
               bambini aprivamo in un lampo.
 
               
               - Nella polvere di
               queste zolle che, se coltivate, si chiamano "gombine",
               comincia per Elvira il lungo periodo dell'iniziazione.
               Ad una realtà geografica diversa, ad una
               cultura profondamente diversa, a dei luoghi che sono
               diversi, perché altro non potrebbero
               essere.
 
               
               - Con fatica, o con
               gioia, con animo lieve, o con pesante oppressione,
               penetra nell'animo del freddo Nord, fino a scoprire
               che il freddo non punge, pizzica tutt'al più,
               come il peperoncino della sua terra. Ma conserva
               l'essenza profonda delle cose, proprio come la neve
               protegge i semi, non ancora pronti a ricevere la
               primavera.
 
               
               - Il paese è
               vivace, scarsamente popolato, le case lontane le une
               dalle altre, ma le donne escono volentieri dalle
               cucine, incontrandosi per scambiare qualche
               chiacchiera, sovente alcune confidenze; se stimolate,
               anche un buon pettegolezzo. Nei pomeriggi di primavera
               è diffusa l'usanza di attraversare,
               passeggiando, i campi incolti e raccogliere, in
               compagnia, erbe spontanee da cucinare in vari modi, la
               sera stessa, per cena.
 
               
               - Con i "carletti" e
               i "bruscandoli" ad esempio, si ottengono gustosi
               risotti; anche con la parte superiore delle piante di
               ortica, ma è necessario proteggersi dal
               contatto con le foglie che provocano irritazioni e
               bruciori. Che nel linguaggio contadino si chiamano
               "punture".
 
               
               - Molto conosciuto
               è anche il "radiccio de can", nome scientifico
               Tarassaco, che nel periodo della fioritura, tinteggia
               i campi di un giallo intenso.
 
               
               - Può
               capitare, attraversando un prato, di essere rincorsi,
               spesso avvolti, da un pulviscolo lanuginoso, prodotto
               dalla pianta di Tarassaco. Viene disperso nell'aria da
               un curioso funghetto bianco, che funghetto non
               è, dal gambo allungato e dalla cappella
               impalpabile che, al soffio d'alito di bimbo, libera
               nell'aria migliaia di semi.
 
               
               - Un gioco d'altri
               tempi, una magia che non ricorre ai trucchi,
               un'occasione fantastica che, a stare attenti, si
               può vivere anche oggi, nei pochi prati rimasti
               liberi.
 
               
               - Quando la primavera
               prende il sopravvento, e la campagna germoglia, Elvira
               parte da casa con coltellino e sacchetto per
               raccogliere erbe selvatiche, spesso combattuta tra
               l'impressione di sprecare un tempo necessario alle
               faccende domestiche, e l'illusione che in fondo,
               questo spreco di tempo contribuisce a mantenere sotto
               controllo la spesa familiare.
 
               
               - Percorrendo i tanti
               "trosi", stradine sterrate che aprono un varco tra
               distese verdi, poco lontano dalla sua abitazione,
               è facile incontrare personaggi di paese
               conosciuti e insoliti. Il loro mondo è lo
               spazio aperto, quasi che la sorte li abbia già
               "costretti" in altro senso, e il verde senza confini
               appaghi il bisogno di libertà della loro
               mente.
 
               
               - C'è Gino,
               alto dinoccolato, dall'andatura frettolosa. Un uomo
               cresciuto, forse, troppo in fretta, senza dar tempo
               allo scheletro di consolidarsi. Un uomo buono d'animo,
               bontà spesso interpretata come
               stupidità, proiettato dentro se
               stesso.
 
               
               - Al di fuori, sul
               corpo, a parlare per lui, una enorme ciste che copre,
               indiscreta, l'intera guancia. Facendolo assomigliare
               ad un prototipo ingigantito di criceto
               campagnolo.
 
               
               - Di Gino però
               nessuno ha timore. Di lui, al massimo, si sorride,
               aspettando che bruscamente inforchi la bicicletta e
               scompaia velocemente dalla vista dei
               compaesani.
 
               
               - I bambini, pur non
               esperti in tolleranza, lo accettano come si fa per un
               giocattolo, uscito imperfetto dalla fabbrica, ma
               capace ugualmente di far divertire.
 
               
               - Carlo invece, non
               ispira sorrisi, non richiama sguardi
               comprensivi.
 
               
               - Non è
               cattiva volontà: è che nessuno riesce a
               spiegarsi perché un giovanottone come lui,
               passi tutta la giornata, fino a che il buio diventa
               fitto, a percorrere in lungo e in largo, con i piedi
               doloranti, quasi sempre piagati, lo spazio ristretto
               del vicolo. Percorre decine di chilometri, tutti i
               giorni, in un moto incessante che lo costringe ad
               andare: anche quando i piedi si gonfiano, anche quando
               il corpo bramerebbe un po' di pace ma non viene
               ascoltato.
 
               
               - La pace è
               sempre più avanti, Carlo la rincorre e questi
               passi, queste migliaia di passi, rimbombano nel
               quartiere addormentato, o lo svegliano allo spuntar
               del giorno: inesorabili, faticosi, efficaci come
               interminabili dosi di magica medicina.
 
               
               - Condivide lo spazio
               di una minuscola casetta, a pianterreno, con la
               vecchia madre e un gatto, si sussurra, più
               balordo di lui.
 
               
               - Alla ripresa dei
               lavori, dopo le ferie estive, gli operai hanno rifatto
               la pavimentazione cittadina, piazzando le mattonelle
               del marciapiede, fin davanti l'uscio della loro
               casa.
 
               
               - Da quel miserabile
               giorno, hanno la sensazione di vivere in piazza,
               davanti agli occhi di tutti; ad ogni momento sguardi
               indiscreti perlustrano la cucina, anche all'ora di
               pranzo qualcuno passa e saluta, altri curiosi
               sbirciano senza farsi scorgere.
 
               
               - È l'ennesima
               burla del destino: Carlo il solitario, che rifugge i
               suoi simili, è costretto suo malgrado, a vivere
               in compagnia anche tra le mura domestiche.
 
               
               - Elvira ha tre
               figli, lo spazio a loro disposizione era immenso.
               Misurato sicuramente secondo criteri ben diversi da
               quelli lillipuziani in vigore ai nostri
               giorni.
 
               
               - Vaste distese si
               offrivano allo sguardo e a gambe leste che, della
               corsa libera, erano l'immagine fedele.
 
               
               - La corsa veniva
               interrotta solo dalla strada statale. Conservo ancora
               nitido il senso di timore reverente nei confronti di
               quella che all'epoca era "la strada" unica e assoluta;
               ora soltanto una delle tante tangenziali.
 
               
               - Era uno spettro per
               i genitori, nei bambini generava un misto di
               curiosità e di paura.
 
               
               - L'attraversamento
               di questo ostacolo permetteva però di
               raggiungere una vecchia casa colonica, con stalla,
               porcilaia, letamaio e quant'altro rappresentasse un
               insolito modo, tra verde e animali, per trascorrere
               pomeriggi che finivano troppo presto, lasciandoci mai
               sazi di emozioni e di sapori. Appagati tuttavia da una
               vita libera dal cemento, dallo smog, dalle giornate
               dense di impegni o, come spesso accade oggi, gonfie di
               niente. Spesso, per raggiungere la casa colonica,
               impiegavamo un tempo variabile, che si allungava a
               dismisura, interrotto da mille soste. La più
               preoccupante si verificava quando venivamo scoperti
               dal contadino, a saccheggiare, a suo dire, i fragili
               pampini dei vitigni, per succhiarne il delizioso
               liquido dolciastro.
 
               
               - Molti evitavano un
               duro castigo solo grazie allo spirito di protezione
               che il gruppo esercitava sui bambini più
               piccoli, proteggendoli, coprendo le loro fughe
               maldestre o le cadute rovinose sulla strada della
               ritirata.
 
               
               - Era una sicurezza
               senza pari sentirsi parte di un gruppo che aspetta i
               più deboli, nasconde i più piccoli.
               Creava un legame che si rafforza ad ogni occasione e
               che nel pericolo alimentava la sua forza.
 
               
               - Non conoscevamo i
               video-giochi, il computer non aveva ancora varcato le
               Alpi. Le bambole, rare e troppo dure per essere
               coccolate con piacere. Meglio allora strofinare il
               viso sul pelo morbido del gatto che, per qualche
               minuto nella giornata, accettava di buon grado la
               promiscuità.
 
               
               - Al cane invece, in
               quel contesto, era riservata la funzione di guardiano
               e, incattivito com'era per la sua sorte, non conveniva
               chiedere confidenze.
 
               
               - Ma ciò che
               era non è più. Profondamente trasformati
               il paese, la città, le persone.
 
               
               - Ora Elvira è
               un'anziana signora, nonna dai capelli candidi. Serena
               nell'anima, incerta nel portamento. Conserva ancora la
               curiosità e l'audacia che le permisero di
               trasformare radicalmente la sua vita nel mezzo del
               cammino.
 
               
               - Guarda dietro
               sé: il bilancio è positivo. Ha lasciato
               la terra natale per emigrare, è stata accolta
               da una realtà ricca per lei di stimoli, di
               avvenimenti e di gratificazioni che ora, in età
               avanzata, suonano come dolce melodia che si
               affievolisce nel ricordo.
 
               
               - Musica per le
               orecchie e ora, musica per le gambe stanche, per il
               cuore affaticato, per il fegato che fa le
               bizze.
 
               
               - Si siede, respira a
               lungo profondamente, e la memoria rimuove
               dall'immobilità del ricordo, episodi lontani,
               ancora vividi nella mente.
 
               
               - Ricorda momenti
               trascorsi nel cortile della palazzina, mentre con
               altre donne lavora a maglia, rammenda o cuce. Con il
               sospetto che il lavoro manuale non avesse mai fine
               proprio per non togliere il piacere
               dell'incontro.
 
               
               - Sedute su sedie
               dalla base di paglia, ormai ingiallita dal sole e
               lacerata in qualche punto, sedute in cerchio, ci si
               confida, si gioisce o ci si rammarica, con l'assoluta
               convinzione di essere ascoltate e capite.
 
               
               - Alle spalle, sulla
               muretta di cemento che sostiene il cancello
               d'ingresso, una siepe di caprifoglio. Il profumo sale
               alle narici inebriante.
 
               
               - Il colore giallo,
               in alcuni punti acceso, in altri pallido, conferisce a
               questa siepe l'aspetto festoso della campagna al
               comparire dell'estate.
 
               
               - Una sorta di
               cerimonia in questa stagione, coinvolge anche i
               bambini non proprio piccoli; al limite tra rito magico
               ed espressione di appartenenza alla terra. Consiste
               nel succhiare il nettare del fiore di caprifoglio,
               contenuto nel tubetto posto all'interno della
               corolla.
 
               
               - Il sapore è
               delizioso, fin troppo dolce, infatti i concorrenti
               più spietati sono calabroni, vespe e
               bombi.
 
               
               - Ecco, sembra di
               vederla ancora intenta a sgridare i bambini che si
               ostinano, nonostante il divieto, a succhiare l'interno
               del fiore.
 
               
               - È sempre
               lei, con voce severa, a ricordare ai figli il rispetto
               degli orari: quello dei pasti è fondamentale,
               nessuno può tardare. Solo di tanto in tanto,
               qualche avvenimento, sfuggendo al controllo, si
               insinua tra le pareti della cucina e la
               distrae.
 
               
               - E noi bambini
               ringraziamo il cielo. 
 
               
               - La storia di Elvira
               si intreccia a questo punto, con altre storie: di
               donne vissute come lei nella campagna Veneta, che come
               lei, hanno saputo unire forza e determinazione, a
               dolcezza e comprensione.
 
               
               - Che hanno "vissuto"
               un modo di essere donna in un periodo storico di
               transizione, di passaggio tra la figura di donna
               idealmente sottomessa e la figura di donna
               protagonista della vita familiare e sociale, in prima
               persona, senza più deleghe, negli anni
               successivi all'ultimo conflitto mondiale.
 
               
               - Con nuova forza,
               nuova lucidità, nuove
               capacità.
 
               
               - Per inserirsi a
               pieno titolo nella società rurale in
               trasformazione verso un modello industriale,
               proiettato nel futuro, già presente per
               noi.
 
               
               - Ma la Elvira di
               quegli anni, che ricordo con più tenerezza, di
               cui conservo un'ombra di timore, è quella che
               vedo ancora lì, sul gradino della cucina,
               mentre mi sgrida per qualche marachella.
 
               
               - La stessa che
               pretende di farmi crescere in fretta, quando io,
               volentieri, ne farei a meno.
 
               
               - Elvira, mia
               madre.
 
               
                
             
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