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                     Mi piace
                     soffermarmi...  Mi piace soffermarmi nel passatodove irruenza, fallimenti, amorefanno parte del mio modo di essereteso ad "inventare" la vita che
                  posseggoe che mi ha resa matura più di quanto
                  avrei supposto.L'età che pure considero ad ogni pie'
                  sospintodice poco al mio spirito desideroso di
                  rinasceregiornalmente attraverso accadimenti
                  interioriche mi gratificano pur se talora
                  logorano.È bella la vita, attraverso i sogni
                  che sono in essae che il nostro spirito estrinsecadolcemente e amaramente a un tempo.Ogni attimo, a una certa età ha il
                  valore di un donoe si riempie di una vita nuova che assume
                  colorazionifulgide ed esaltanti come un volo in luoghi
                  lontani.Qualcosa di me riesce con gioia a
                  liberarsidalle negatività che sono in agguato
                  nel cuoree in tal modo il cielo ridiventa splendido e
                  rassicuranteattimo per attimo.   
                  
                  
                     Alla scoperta di noi
                     stessi  Segreti e veritàvengono lentamente a gallacome un sottile gioco di spiraliche non hanno nulla di casuale.Accadimenti, sorprese, scosse
                  psichichetutto fa parte del viverecui non riusciamo ad abituarcise non verso la fine della vitache ci mette a confronto con noi
                  stessi.Ascoltare (e non soltanto udire),amare e comprendere a fondooltre la superficie delle cose:queste sono le azioni più
                  difficiliche ci scavano dentroper avviarci alla maturità.Non sempre riusciamo ad aprire gli
                  occhitenendoli chiusi,né ad essere pronti a tutto senza
                  scendereal fondo di noi stessi.   
                  
                  
                     Pensieri  Il nostro rapporto col cosmo o
                  l'infinitoè il problema spirituale che di
                  continuo assilla l'inconscio.Siamo dettagli in un'atmosfera in cui tutti
                  gli avvenimentiche ci hanno visti partecipi sono
                  collegati.Liberiamoci dal concetto del tempo
                  finitotalora limitativo, e ci sentiremo liberi e
                  comprensivispiritualmente nei confronti degli
                  essericon cui veniamo in contatto.Emotivamente dobbiamo distaccarci da tutto
                  quelloche ci pare domini il nostro modo di
                  essere.Sono gli accadimenti che creano il
                  tempoe indicano la strada che ancora dobbiamo
                  percorrere.Camminiamo lungo il sentiero della
                  conoscenzase vogliamo comprendere il perché del
                  male e del mondoin cui viviamo e che dobbiamo
                  accettare.Il vero dramma del vivere e che ci
                  coinvolgeè il pensiero del male che talora
                  avvertiamonel nostro spirito e va dominato per
                  giungere al bene.Il mondo del nostro tempo pare
                  avviarsiad una distruzione angosciante a
                  menoche una catarsi psicologica non realizzi una
                  nuova formadi equilibrio e di pace.Solo allora potremo percorrere un nuovo
                  itinerariodi quell'ignoto che recherà
                  serenitàe indirizzerà il nostro "io" verso
                  quella paceche ci attende al di là della
                  vita.   
                  
                  
                     Considerazioni sui
                     tappeti orientali  I tappeti orientali, noti comunemente come
                  tappeti persiani, sono fra le cose che maggiormente
                  fanno presa sulla nostra fantasia.Un mistero che si chiarirà subito se
                  provvederemo a guardarli ascoltando "Persische
                  Lieder - La carovana", un antichissimo canto nomade
                  pare del Medioevo. Le dolci note struggenti vi
                  parleranno delle trasmigrazioni di tribù in
                  spazi ora desertici, ora montani, ma sempre aridi,
                  dove la vita si concretava in una continua e aspra
                  lotta. In questa comunione con la natura l'uomo si
                  formava gradualmente ad una filosofia superiore,
                  superando i concetti di spazio e di tempo,
                  comprendendo la complementarità sia della
                  gioia che del dolore, guardando alle cose al di
                  là della loro apparenza e, in ultima
                  analisi, giungendo ad una visione unitaria di tutto
                  il cosmo. Da tutto questo... i tappeti orientali i
                  cui vivaci colori parlano di gioia ma anche di una
                  inconscia reazione alla monotonia cromatica
                  dell'ambiente prevalentemente desertico o comunque
                  aspramente montano in cui vivono i nomadi. I loro
                  disegni stilizzati che si ripetono da tempo
                  infinito: il "botèh", il tralcio il "gul",
                  le greche, le bande fiorite, la croce uncinata,
                  l'albero della vita, gli uccelli; gli "herati di
                  campo" e così via ci parlano della loro vita
                  altamente essenziale dove tutto è
                  trasfigurato in forme altrettanto essenziali.
                  Commovente è analizzare un tappeto orientale
                  riscontrandovi qualche particolare che ne fa un
                  pezzo unico: un inserimento di fili diversi, o
                  altra malformazione, come un colore che cambia
                  improvvisamente, o la trama che diviene irregolare.
                  In quel momento è avvenuta una distrazione,
                  voluta o forse no: comunque dev'essersi trattato di
                  qualcosa di inconsueto, anche solo nel campo della
                  fantasia, perché distrarre un orientale dal
                  porre tutta la sua attenzione alla cosa di cui si
                  sta occupando, non è azione da
                  poco.Oggi il tappeto orientale nasce più o
                  meno come quattro secoli fa. La lana è
                  sempre di pecora o capra e talora, di cammello. I
                  colori non sono più vegetali, è vero,
                  come quando il rosso era ricavato dalla "rubia
                  tinctorum", l'azzurro dalla scorza dell'indaco, il
                  nero dall'ossido di ferro, o il cammello ottenuto
                  miscelando la sabbia del deserto con colla di
                  latte, ecc. però serbano un certo fascino.
                  Un tempo i colori scolorivano facilmente e proprio
                  questo conferiva ai tappeti quelle sfumature
                  smorzate che oggi, al contrario, si ottengono a
                  Londra, con particolari lavaggi chimici, la cui
                  formula non è dato conoscere... ma che fanno
                  salire enormemente il prezzo dei tappeti
                  così 'anticizzati'.Anticamente i centri di maggiore splendore e
                  produttività furono Tabriz, Kum, Kashan,
                  Isfahan, Ardebil, Hamadan, Belucistan, Shiraz,
                  Meshed e così via. Oggi la lavorazione
                  fiorisce un poco ovunque in quanto vi si dedicano
                  intere famiglie, intrecciando fili di lana dagli
                  svariati colori. Anche se la scoperta dell'anilina
                  e il conseguente uso di colori chimici ha certo
                  modificato per un intenditore lo charme e la
                  souplesse di un tappeto di antica manifattura, la
                  lavorazione pur sempre eseguita a mano e con
                  passione dà ad ogni pezzo una 'dimensione'
                  umana e pregevole. Si pensi poi come vengono
                  trattati i tappeti alla fine della lavorazione.
                  Essi vengono lavati in pozze naturali d'acqua e
                  quindi stesi al sole ad asciugare. Oppure vengono
                  tenuti a bagno nei fiumi e poi stesi ad asciugare
                  con il pelo verso la sabbia e lasciati alle
                  intemperie per un certo numero di giorni.
                  Così i colori si attenuano e i nodi si
                  rinforzano. Quanto ai nodi, essi sono tre, due
                  autentici: il senné e il ghiordès,
                  uno il jufti che raddoppia i due sistemi di
                  annodatura senné e ghiordès e in tal
                  modo sveltisce il lavoro ma a rischio di
                  comprometterne la finezza. Occorre sempre osservare
                  il rovescio del tappeto e piegarlo fra le dita per
                  meglio osservare il nodo, tenendo conto che
                  è questo che crea il disegno, e che la sua
                  diversa lunghezza o il suo verso sono
                  basilari.Il modello cosiddetto "memorizzato" è
                  proprio dei nomadi che ripetono a memoria
                  determinati schemi, talora sbagliando e in tal caso
                  il pregio aumenta sotto un certo punto di vista.
                  Esiste poi il "talim" modello che viene tuttora
                  dettato ad alta voce, con aria cantilenante e il
                  modello disegnato sull'ordito, usato nelle
                  cittadine orientali.Infine sempre i nomadi si rifanno ad un
                  "modello spontaneo" che creano con la fantasia,
                  specie se il tappeto serve per loro. Se si viene in
                  possesso di un simile manufatto, occorre
                  considerarlo rarissimo. Occorre rammentare che il
                  tappeto per il nomade è "la casa",
                  nonché il suo unico lusso. Attraverso esso
                  esprimono la fatica, la solitudine, la fantasia, i
                  sogni.
 
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