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LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Angela Malvani
Vive a Ladispoli e scrive su varie riviste racconti, poesie e saggi;
Ha partecipato anni or sono al premio letterario Cinque lune ottenendo una segnalazione per il romanzo Interruzione di una donna. È stata altresì collaboratrice fissa dell'Agenda I.N.A. Oggi e domani con rubriche di antiquariato, esoterismo, attualità. Fa parte da tre anni della giuria del premio letterario Città di Ladispoli.
 
Mi piace soffermarmi...
 
Mi piace soffermarmi nel passato
dove irruenza, fallimenti, amore
fanno parte del mio modo di essere
teso ad "inventare" la vita che posseggo
e che mi ha resa matura più di quanto avrei supposto.
L'età che pure considero ad ogni pie' sospinto
dice poco al mio spirito desideroso di rinascere
giornalmente attraverso accadimenti interiori
che mi gratificano pur se talora logorano.
È bella la vita, attraverso i sogni che sono in essa
e che il nostro spirito estrinseca
dolcemente e amaramente a un tempo.
Ogni attimo, a una certa età ha il valore di un dono
e si riempie di una vita nuova che assume colorazioni
fulgide ed esaltanti come un volo in luoghi lontani.
Qualcosa di me riesce con gioia a liberarsi
dalle negatività che sono in agguato nel cuore
e in tal modo il cielo ridiventa splendido e rassicurante
attimo per attimo.
 
 
 
Alla scoperta di noi stessi
 
Segreti e verità
vengono lentamente a galla
come un sottile gioco di spirali
che non hanno nulla di casuale.
Accadimenti, sorprese, scosse psichiche
tutto fa parte del vivere
cui non riusciamo ad abituarci
se non verso la fine della vita
che ci mette a confronto con noi stessi.
Ascoltare (e non soltanto udire),
amare e comprendere a fondo
oltre la superficie delle cose:
queste sono le azioni più difficili
che ci scavano dentro
per avviarci alla maturità.
Non sempre riusciamo ad aprire gli occhi
tenendoli chiusi,
né ad essere pronti a tutto senza scendere
al fondo di noi stessi.
 
 
 
Pensieri
 
Il nostro rapporto col cosmo o l'infinito
è il problema spirituale che di continuo assilla l'inconscio.
Siamo dettagli in un'atmosfera in cui tutti gli avvenimenti
che ci hanno visti partecipi sono collegati.
Liberiamoci dal concetto del tempo finito
talora limitativo, e ci sentiremo liberi e comprensivi
spiritualmente nei confronti degli esseri
con cui veniamo in contatto.
Emotivamente dobbiamo distaccarci da tutto quello
che ci pare domini il nostro modo di essere.
Sono gli accadimenti che creano il tempo
e indicano la strada che ancora dobbiamo percorrere.
Camminiamo lungo il sentiero della conoscenza
se vogliamo comprendere il perché del male e del mondo
in cui viviamo e che dobbiamo accettare.
Il vero dramma del vivere e che ci coinvolge
è il pensiero del male che talora avvertiamo
nel nostro spirito e va dominato per giungere al bene.
Il mondo del nostro tempo pare avviarsi
ad una distruzione angosciante a meno
che una catarsi psicologica non realizzi una nuova forma
di equilibrio e di pace.
Solo allora potremo percorrere un nuovo itinerario
di quell'ignoto che recherà serenità
e indirizzerà il nostro "io" verso quella pace
che ci attende al di là della vita.
 
 
 
Considerazioni sui tappeti orientali
 
I tappeti orientali, noti comunemente come tappeti persiani, sono fra le cose che maggiormente fanno presa sulla nostra fantasia.
Un mistero che si chiarirà subito se provvederemo a guardarli ascoltando "Persische Lieder - La carovana", un antichissimo canto nomade pare del Medioevo. Le dolci note struggenti vi parleranno delle trasmigrazioni di tribù in spazi ora desertici, ora montani, ma sempre aridi, dove la vita si concretava in una continua e aspra lotta. In questa comunione con la natura l'uomo si formava gradualmente ad una filosofia superiore, superando i concetti di spazio e di tempo, comprendendo la complementarità sia della gioia che del dolore, guardando alle cose al di là della loro apparenza e, in ultima analisi, giungendo ad una visione unitaria di tutto il cosmo. Da tutto questo... i tappeti orientali i cui vivaci colori parlano di gioia ma anche di una inconscia reazione alla monotonia cromatica dell'ambiente prevalentemente desertico o comunque aspramente montano in cui vivono i nomadi. I loro disegni stilizzati che si ripetono da tempo infinito: il "botèh", il tralcio il "gul", le greche, le bande fiorite, la croce uncinata, l'albero della vita, gli uccelli; gli "herati di campo" e così via ci parlano della loro vita altamente essenziale dove tutto è trasfigurato in forme altrettanto essenziali. Commovente è analizzare un tappeto orientale riscontrandovi qualche particolare che ne fa un pezzo unico: un inserimento di fili diversi, o altra malformazione, come un colore che cambia improvvisamente, o la trama che diviene irregolare. In quel momento è avvenuta una distrazione, voluta o forse no: comunque dev'essersi trattato di qualcosa di inconsueto, anche solo nel campo della fantasia, perché distrarre un orientale dal porre tutta la sua attenzione alla cosa di cui si sta occupando, non è azione da poco.
Oggi il tappeto orientale nasce più o meno come quattro secoli fa. La lana è sempre di pecora o capra e talora, di cammello. I colori non sono più vegetali, è vero, come quando il rosso era ricavato dalla "rubia tinctorum", l'azzurro dalla scorza dell'indaco, il nero dall'ossido di ferro, o il cammello ottenuto miscelando la sabbia del deserto con colla di latte, ecc. però serbano un certo fascino. Un tempo i colori scolorivano facilmente e proprio questo conferiva ai tappeti quelle sfumature smorzate che oggi, al contrario, si ottengono a Londra, con particolari lavaggi chimici, la cui formula non è dato conoscere... ma che fanno salire enormemente il prezzo dei tappeti così 'anticizzati'.
Anticamente i centri di maggiore splendore e produttività furono Tabriz, Kum, Kashan, Isfahan, Ardebil, Hamadan, Belucistan, Shiraz, Meshed e così via. Oggi la lavorazione fiorisce un poco ovunque in quanto vi si dedicano intere famiglie, intrecciando fili di lana dagli svariati colori. Anche se la scoperta dell'anilina e il conseguente uso di colori chimici ha certo modificato per un intenditore lo charme e la souplesse di un tappeto di antica manifattura, la lavorazione pur sempre eseguita a mano e con passione dà ad ogni pezzo una 'dimensione' umana e pregevole. Si pensi poi come vengono trattati i tappeti alla fine della lavorazione. Essi vengono lavati in pozze naturali d'acqua e quindi stesi al sole ad asciugare. Oppure vengono tenuti a bagno nei fiumi e poi stesi ad asciugare con il pelo verso la sabbia e lasciati alle intemperie per un certo numero di giorni. Così i colori si attenuano e i nodi si rinforzano. Quanto ai nodi, essi sono tre, due autentici: il senné e il ghiordès, uno il jufti che raddoppia i due sistemi di annodatura senné e ghiordès e in tal modo sveltisce il lavoro ma a rischio di comprometterne la finezza. Occorre sempre osservare il rovescio del tappeto e piegarlo fra le dita per meglio osservare il nodo, tenendo conto che è questo che crea il disegno, e che la sua diversa lunghezza o il suo verso sono basilari.
Il modello cosiddetto "memorizzato" è proprio dei nomadi che ripetono a memoria determinati schemi, talora sbagliando e in tal caso il pregio aumenta sotto un certo punto di vista. Esiste poi il "talim" modello che viene tuttora dettato ad alta voce, con aria cantilenante e il modello disegnato sull'ordito, usato nelle cittadine orientali.
Infine sempre i nomadi si rifanno ad un "modello spontaneo" che creano con la fantasia, specie se il tappeto serve per loro. Se si viene in possesso di un simile manufatto, occorre considerarlo rarissimo. Occorre rammentare che il tappeto per il nomade è "la casa", nonché il suo unico lusso. Attraverso esso esprimono la fatica, la solitudine, la fantasia, i sogni.
 

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Inserito il 21 aprile 2000