Scrittori italiani contemporanei
Adriano Bottarelli
Ha pubblicato il libro

 
Adriano Bottarelli, S'incontrano i sogni, editrice Montedit, 1998,
pp. 64, Lit. 8.500, ISBN 88-86957-32-7
 
Prefazione
 
Adriano Bottarelli, noto poeta e pittore bresciano, aggiunge quest'ultima raccolta - "S'incontrano i sogni" - alla nutrita serie delle sue pubblicazioni. Per chi ancora non lo conoscesse, dunque, si presenta un'ottima occasione per incontrare un poeta dalla voce morbida e suadente e dalla vena ricca e feconda, che ama cercare la fonte della propria ispirazione nelle persone e nella terra che gli sono più care e vicine.
Ecco allora una sessantina di poesie tutte intrise dei colori e profumi della campagna, e percorse dallo stesso filo rosso d'amore che le collega idealmente alla donna amata, chiamata per nome solo nella dedica. A ben guardare, però, queste poesie sono d'amore in un senso più ampio, che va oltre la pur tangibile presenza di una donna. Sono poesie d'amore per la vita stessa nelle sue molteplici manifestazioni. Come altrimenti chiamare, infatti, la delicatezza di toni, il misurato controllo delle parole, l'accorto uso di iterazioni e allitterazioni che contribuiscono a rendere così serena l'atmosefera complessiva che emana dalla raccolta? Amore, senza dubbio. Quell'amore che spinge Bottarelli a tenere a freno la sua stessa voce di poeta, che a tratti si fa aspra ma viene subito trattenuta e ricondotta entro sapienti composizioni metriche che placano l'impeto quando si fa troppo forte, quietano l'ispirazione quando il suo galoppo si fa più vorticoso.
Ciò è senz'altro dovuto a una consolidata padronanza della tecnica e dello stile. Ma poiché le scelte stilistiche non sono mai casuali, nella poesia, vien fatto di pensare che esse siano frutto di una deliberata ricerca di equilibrio e misura nella composizione e nella vita. Il che, in tempi di urlatori e polemisti di professione, può rappresentare una salutare lezione di sobrio buon gusto per ogni lettore di buona volontà. Il quale non troverà qui tormentose e angoscianti domande esistenziali tirate fuori dall'intima essenza di ogni uomo e sbandierate come patenti di nobiltà; o meglio, le troverà, sì, ma tradotte in termini che non sono quelli del linguaggio giovanilmente esasperato (spregiudicato solo in apparenza e perciò molto di moda) ma, piuttosto, quelli più intimi e raccolti, dai toni certamente sommessi, di un uomo che ha cercato, e cerca ancora, di dare un senso alla propria esistenza, e che molto modestamente pensa di averlo trovato; ma non per questo ritiene di avere messo le mani sulla felicità eterna, consapevole com'è che essa vive solo a sprazzi, né si sente di gridare ai quattro venti la propria esperienza.
Di comunicarla, sì. Con la poesia. Una poesia nella quale si trovano certamente gli accenti di struggente maliconia (come in "Laggiù") e di rimpianto ("La danza delle ombre") che costituiscono la "materia prima" delle angosciose domande di cui si parlava prima; ma, come prima si diceva, qui sono come stemperati e ammorbiditi, forse anche coltivati in segreto con amore e, pare di intuire, compassione - nel senso di patire insieme. Con la serena consapevolezza che anch'essi: i rimpianti, le notti insonni e agitate, le paure del domani, costituiscono la croce e la delizia di ogni uomo. Un fardello che per Bottarelli trova un senso nell'intima certezza dell'esistenza di Dio; e a Lui il poeta eleva una preghiera che è professione di fede, dichiarazione di poetica e di vita: "E Tu mi appari / nell'immensità del Tuo Regno / nella sete dei miei pensieri / che cercano la luce / che si perde / nei rigagnoli di questa lotta".
Difficile, allora, non amare lo splendore del creato, non gioire nel vedere il proprio gatto puntare un irraggiungibile uccellino, entrambi simboli di vita gioiosa. La vena di poeta di Bottarelli si dispiega con facilità e felicità quando il suo occhio si posa sulla natura: sui filari di vite, sulle zolle odorose, sui profumati melograni, sulle cicale canterine. E tutto ciò, si badi, non resta nella dimensione del bozzetto (pregevole finché si vuole ma pur sempre episodico) perché trova puntuale riscontro nell'animo dell'autore: il quale non si limita a prendere nota di quanto sia bella la natura, ma ne risente i fremiti nel proprio animo, e tutto legge come espressione di un disegno più ampio e, al contempo, come riflesso di sé. Si legga ad esempio "Cicale": il rapido - ma denso di suoni e colori - verseggiare delle prime tre strofe rallenta improvvisamente nell'ultima per effetto di una parola - "nenie" - e del troncamento di un verso che isola l'aggettivo "lunghe"; così il canto delle cicale cessa di essere esclusivamente spensierato per aprirsi a suggestioni malinconiche, fondendosi con l'ombra di una sera che pare anticipare quella definitiva.
Per quanti già conoscevano Bottarelli, e qui concludiamo, questa raccolta è una piacevole riconferma; per gli altri, ne siamo certi, una scoperta su cui meditare.
 
Bianca Cerulli
 
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