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Riga di Sax (cover)

 

LONGO DAVIDE , Riga di Sax, collana Le schegge d'oro (poesie), Montedit, ottobre 1997, pp. 48, Lit 7.500. ISBN 88-86957-20-3

Prefazione di Olivia Trioschi

C'è qualcosa di irresistibilmente accattivante nelle poesie di Davide Longo, giovane regista e sceneggiatore torinese alla sua prima pubblicazione in versi. Forse per la loro essenzialità, qualità preziosa in tempi in cui le parole hanno talmente invaso il mondo da rendere sempre più difficile cogliere la realtà che ci sta dietro; forse per l'ironia che spesso vi trapela - un'ironia mirata, intelligente, amara quando è il caso; forse per il linguaggio: moderno ma non giovanilisticamente esasperato (come abbonda sul mercato dei giovani autori); forse per tutti questi motivi insieme, e soprattutto perché quando si legge una bella poesia ognuno è in grado di coglierlo, ci sentiamo di invitare il lettore a dedicare qualche ora a quella che sarà con ogni probabilità una piacevolissima lettura. Il che, in tempi in cui la poesia pare diventata l'ultima delle arti, non è cosa da poco.
Si è detto poco fa che Davide Longo si occupa di cinema. Non è un'annotazione casuale: nelle sue poesie, in effetti, predomina un certo gusto per il taglio e il montaggio di sequenze diverse, talvolta giustapposte, che ricorda molto da vicino le tecniche cinematografiche. Non solo; anche la raccolta, presa nel suo insieme, funziona un po' come un film a episodi, in cui ogni singola parte si riversa nelle successive (senza seguire un rigoroso ordine cronologico) in ciò sospinta anche dall'abolizione del punto fermo in chiusura di ogni composizione. A rendere ancora meno netta la cesura tra una poesia e l'altra interviene poi anche un certo particolarissimo modo di troncarle: con versi brevi o brevissimi, fatti di una sola parola oppure indicanti un'azione (esco, ricordo, cerco) che comporta uno spostamento, un moto a luogo. Come, appunto, a voler dare l'idea di una materia in continua trasformazione ed elaborazione, osservata da diverse inquadrature.
Prese singolarmente, comunque, le poesie acquistano ciascuna propria autonomia e fisionomia. Come quella, bellissima, intitolata A Sergio, che ha vinto il primo premio di un noto concorso di poesia e che offre un ottimo esempio del modo di fare e intendere la poesia dell'autore. Versi sciolti, mai troppo lunghi e sempre concentratissimi, intensi, precisi. Assolutamente non interlocutori, fuorvianti, dispersivi. Longo ha in mente un'idea, una persona, e ci arriva per la via più diretta; facendo uso, però, di metafore inusuali, dense di significati. Il linguaggio, lo si è già anticipato, è moderno, sciolto e spigliato; un linguaggio parlato, con un occhio al gergo, che suona nuovo perché nuove e originali sono la sensibilità e l'intuito che lo muovono. Gli occhi che han bevuto mille piogge di Sergio, re senza corona, riportano alla mente per strane vie l'uomo dalle suole di vento di cui parlava Verlaine; c'è la stessa trepidante ammirazione per l'uomo che osa andare controcorrente, la stessa capacità di rendere tutta una persona con una sola geniale intuizione. Aggiungiamo che Longo non è avaro di intuizioni luminose: sia di quelle che fanno sorridere, ma non a vuoto, sia di quelle che fanno pensare. Lo sguardo che getta sul mondo, e su se stesso, è attento e del tutto privo di condizionamenti e compiacimenti; lungi dal far risuonare le corde del cuore - e qui tutti possiamo tirare un bel respiro di sollievo - Longo preferisce solleticare la testa di ciascuno. Ciò non significa che manchino momenti di grande intensità - e anche commozione, perché no? - come nella già citata A Sergio; oppure in Le 18,03 nella piazza, rapido disegno mosso dal vento di muri e corpi uniti da un medesimo destino di inconsistenza; o, ancora, in Sottile, delicata riflessione sulle varie forme della sottigliezza.
Oltre alle poesie, delle quali non ci stanchiamo di ribadire l'originalità e il sapore di parole finalmente nuove che le accompagna, Longo presenta tre brevi pezzi in prosa. Non si tratta propriamente di racconti quanto piuttosto di spunti, forse idee per qualche sequenza, che si leggono con piacere (lo stile è concitato ma brioso, già piuttosto formato) anche se non raggiungono il medesimo livello di intensità e concentrazione delle poesie. Ma, probabilmente, ciò che interessa l'autore non è tanto il raggiungimento di un fine preciso quanto la sperimentazione di molteplici stili e possibilità di scrittura che, uniti, possano descrivere e contenere situazioni ed emozioni diverse. Del resto ogni cosa, e prima di ogni altra l'uomo stesso, nasce da un processo di sperimentazione continua; si tratta, per dirla con Longo, di cercare il verso giusto delle mutande: ciò che, in fondo, facciamo tutti, ogni giorno.

Olivia Trioschi

Per leggere la prefazione di Olivia Trioschi
Home page di Davide Longo

 

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Inserito 8 dicembre 1997 (R& -a)