Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

 

Racconto
di
Giuseppe Parato

UN GIORNO IN MONTAGNA
 
 
Sentivo la sua presenza sempre più vicino. Ormai era questione di pochi passi. Capii che non avevo più scampo. Il rombo del torrente copriva ogni altro rumore. Ora vedevo tra le incombenti ombre della sera le sue onde minacciose e scure che passavano vorticose a non più di un metro sotto i miei piedi che scivolavano sul sentiero infangato che finiva inesorabilmente sul ciglio di quell'impetuosa fiumana.
Mi ero perso su quella montagna in un bosco che avevo sottovalutato, credendolo limitato a poche decine di metri, invece sprofondava in una gola buia dominata da quel terribile torrente.
Era un pomeriggio di sole; mi ero addormentato dopo pranzo col giornale in mano, seduto sulla poltrona del salotto. Avevo subito sognato incubi circolari dove le scene si ripetevano continuamente.
Faticai a svegliarmi e ancora di più a rimanere sveglio. Mi sentivo appesantito dal pranzo, dovevo muovermi, prendere aria. Mi resi conto che ero solo in casa.
Quel mattino mia moglie ed io venimmo in montagna, ospiti dei nostri amici, Livio e Franca, che ci avevano invitati a trascorrere un paio di giorni nella loro casa. Era già da qualche tempo che intendevamo accettare l'invito, ma un paio di volte avevamo dovuto rimandare per imprevisti dell'ultimo minuto .Quel giorno sembrava essere l'opportunità buona per trascorrere due giorni tranquilli in montagna, anche se...
Scrissi un biglietto: "vado a fare una passeggiata. Giuseppe.". Lo lasciai sul tavolo della cucina ed uscii. Era decisamente una bella giornata; una brezza fresca e tonificante aveva subito dissipato il torpore fisico e mentale del dopo pranzo, e ora mi invitava a entrare in quel magnifico scenario dove l'ampia vallata si appoggiava riverente ai piedi dell'imponente vetta del Cervino. Ero ancora incantato a guardare quel magnifico paesaggio quando mi sentii chiamare. Era Livio che mi salutava e mi indicava l'arrivo delle nostre mogli, Adriana e Franca, provenienti dal bar della piazza dove erano andate per un gelato, mentre io mi riposavo in casa.
"Senti Livio, che ne diresti di accompagnarmi a fare due passi, mentre le nostre signore giocano a carte ?" dissi incamminandomi sul sentiero e salutando le donne. Livio acconsentì di buon grado e mi porse un bastone preparato da lui, adatto per i boschi.
Sentivo dei profumi puri, di fiori, erbe, piante, acqua... mai percepiti prima. Livio, avendo intuito la mia ignoranza in materia, si divertiva a indicarmi le caratteristiche e i nomi dei fiori selvatici, della flora montana, e dei formicai. Io lo lasciavo parlare e gli facevo domande per dimostrargli il mio interesse. Avevamo attraversato prati, campi, incontrando dei contadini che lavoravano tagliando e imballando erba, altri che raccoglievano gli imballi e li caricavano sui carri. " Io vengo sovente da queste parti - diceva Livio - raccolgo stelle alpine e funghi. Là, vedi ? - indicando con le dita un punto vicino alle nevi perenni - che io non capivo dove fosse, ma guardavo lo stesso come se avessi individuato il posto - No! più a destra, c'è un passaggio tra le rocce che poche persone conoscono, e conduce in una piccola vallata verde trapuntata dai fiori più belli e da una distesa di stelle alpine. Là conosci la vera pace; il mondo a cui siamo abituati ha altri valori, là percepisci la realtà vera delle cose, cioè la Verità." Il suo viso, mentre parlava era illuminato, gli occhi chiari sembravano guardare oltre il punto fisico a cui erano rivolti, verso qualcosa che vedeva solo lui.
Arrivammo sul limitare della zona boscosa, era la soglia dell'area più elevata della valle, coperta da una vegetazione fitta, interrotta da spiazzi verdi, e attraversata da diversi torrenti che arrivano giù dall'alta montagna in una teoria di cascate e cascatelle per riunirsi quasi al centro di un enorme anfiteatro costituito da ripidissimi pendii e alti strapiombi nel torrente Grigio che domina col fragore delle sue acque gran parte della vallata.
Come per incanto appena varcato il limite di quel luogo ci accorgemmo del cambiamento. L'aria, la temperatura, la luce, fauna e flora non erano più quelli di prima. Era come se una bacchetta magica ci avesse trasferiti in un nuovo angolo del mondo. L'aria era più fresca, le ombre molto più nette anche se il sole era ancora alto. Si sentivano odori più forti, di fiori, acqua, e terra. Livio mi spiegò con dovizia di particolari la transizione delle due zone montane, mettendomi anche in guardia da alcuni pericoli che la montagna può presentare soprattutto alle persone inesperte.
In verità non badai molto alle raccomandazioni che mi faceva con la pazienza e la delicatezza di tratti che lo contraddistinguono perché mi ritenevo una persona prudente e cauta. Ero più interessato a riflettere sui rapporti tra la montagna e la filosofia della vita, come lo stesso Livio aveva ben messo in evidenza.
Ora il sentiero si snodava attraverso una vegetazione folta che a volte bloccava il passaggio obbligandoci a fare deviazioni immersi fino alla vita in mezzo ad arbusti, piante rampicanti, ed erbacce che solo con l'esperienza di Livio riuscivamo a superare e riprendere il sentiero interrotto. Io seguivo i suoi passi passando sulle orme da lui lasciate. In quei momenti Livio non parlava, sentivo solo il rumore del fogliame e delle erbe calpestate e suoni misti di vocii di uccelli sconosciuti e mormorio di acque in sottofondo.
Livio mi indicava sovente rare specie di fiori e di erbe che si trovavano lungo il viottolo, oppure in mezzo a prati adiacenti. Si fermava presso di loro, li ammirava con rispetto, non li toccava, e mi parlava delle loro qualità dimostrando una profonda conoscenza della natura. " Se le persone vivessero più a contatto con la natura - diceva - vivremmo molto meglio, perché avremmo più rispetto di tutti e la natura sarebbe dalla nostra parte. Pensa ai grandi disastri di alluvioni, terremoti, incendi di intere montagne e vallate; ma questo non è ancora niente di fronte al progressivo scioglimento dei ghiacciai perenni, al ritiro lento, ma inesorabile delle terre emerse...Tutto ciò è colpa dell'opera dell'uomo..."
"No, Livio, non credo sia tutta colpa dell'uomo - intervenivo pensando alla lunga storia della terra - forse è sempre stato così come l'avvicendarsi delle stagioni, sono sempre avvenute le alluvioni, i terremoti, gli incendi e tutto il resto."
"Assolutamente non è così - replicava Livio - Gli uomini con la loro arroganza hanno distrutto l'equilibrio della natura tentando di sottometterla al loro volere, ma questo peccato di superbia ricadrà su loro stessi..."
Le ultime parole rimasero sospese nell'aria, quando improvvisamente ci comparve dinanzi inaspettatamente in tutta la sua sinistra mole. Livio ebbe il tempo di gridarmi " attento, salta il fosso!!!", mentre lui stesso aveva già fatto un salto aiutandosi col bastone per evitare di cadere nella roggia quasi completamente nascosta dalla vegetazione. L'acqua era gelida, trasparente come un vetro, se ne vedeva la profondità di parecchi metri, filtrata da raggi del sole spezzati. La mano forte di Livio mi aveva afferrato il braccio impedendomi di cadere in quel chiaro buco, ma il piede sinistro non aveva raggiunto la terra ferma nascosta dalle erbe ed era scivolato sotto l'acqua. Il senso di gelo mi salì dal piede verso tutto il corpo, mentre Livio mi rassicurava e mi aiutava a togliere la scarpa e le calze bagnate.
A pochi metri sorgeva una costruzione abbandonata da chissà quanti anni. Era alta di tre piani, completamente immersa dai fogliami delle piante che la sovrastavano. Il lato sud da cui arrivavamo presentava una facciata costituita da una serie di finestre chiuse su tutti i tre piani. Al piano terreno un largo vano buio senza porta sembrava l'ingresso La sua ombra ci raggiungeva togliendoci la vista del sole; era fredda e cupa. Ci spostammo sul lato destro della costruzione e ci sedemmo in uno spiazzo erboso ben esposto al sole, decisi di fare una sosta, e far asciugare scarpa e calze. Livio accese una sigaretta dicendo di aver imboccato un sentiero sbagliato che ci aveva portati in quel posto, non previsto dalla nostra passeggiata. " Strano, ero sicuro di essere sul sentiero giusto che avrebbe dovuto portarci fuori dal bosco in una vallata ridente, invece è successo qualcosa...Questa costruzione, anzi queste costruzioni, perché intorno ce ne sono altre più piccole, formavano un tempo una piccola borgata di contadini lattai e formaggiai, che portavano a pascolare le mucche per parecchi mesi dell'anno. Questa, giù in paese, la chiamano "la casa trasparente", perché è piena d'acqua nelle stanze e i riflessi strani e i giochi di luci formano trasparenze mobili che danno l'illusione di una casa immateriale. "
Livio, mentre parlava, guardava le volute del fumo della sigaretta e aveva una espressione seria sul volto, mentre di solito era sorridente e scherzoso.
"Ma come è arrivata tutta quell'acqua in casa ?" - chiesi. "Il taglio arbitrario e insensato di una parte delle pinete più in alto ha creato una modifica idrica della montagna, che ha causato enormi danni a valle, modificando il corso dei grossi torrenti che hanno allagato intere borgate e distrutto coltivazioni, rendendo inutilizzabili grosse porzioni di terreni. Qui si sono infiltrati grossi rivoli d'acqua sotterranei, rendendo inabitabili tutte le costruzioni. Non ti porto dentro a vedere le stanze allagate perché fa una certa impressione, oltre al pericolo che rappresentano." Rimanemmo in silenzio alcuni minuti, ognuno assorto nei propri pensieri.
" Livio, non sono d'accordo con una parte dei tuoi discorsi, anzi delle tue convinzioni - gli dissi mentre controllavo se le calze erano asciutte - Tu hai detto che la montagna suggerisce idee di assoluti come la verità, la giustizia , il tempo ecc., ma sinceramente non lo capisco, perché a me, per esempio, questi paesaggi danno un senso di oppressione, non di tranquillità, di sgomento e di confusione, non di certezze. Forse al mare, su qualche isola, potrei più facilmente entrare in sintonia con quei pensieri filosofici."
Livio fece un'espressione con la bocca come a voler dire "non è così che io intendo quel rapporto!!!", poi spegnendo accuratamente il mozzicone disse guardandomi con lo sguardo penetrante: "La montagna non è collegata a pensieri profondi e a idee filosofiche come non lo sono certamente neanche le isole dei Caraibi. E' l'uomo nella sua aspirazione a cercare valori assoluti come l'immortalità , l'amore, la giustizia, la verità a trovare nella montagna il sentiero impervio, faticoso, che richiede sacrificio e dolore, e si distacca dal mondo della uniformità, della routine: quel sentiero porta sulle cime elevate da cui, chi vi è giunto, può abbracciare con un solo sguardo le immensità del mondo, e cosi liberare tutta la freschezza dei pensieri nell'esperienza del nuovo, dell'eccezionale, dell'irripetibile. Allora la montagna diventa un simbolo concreto di sfida a tutti coloro che trovano le facili soluzioni a tutti i problemi, che ritengono ogni cosa solo bianca o nera, e che ogni azione possa essere solo buona o cattiva, che emettono giudizi con estrema facilità senza guardare oltre le apparenze."
Mentre Livio cercava di farmi capire il suo pensiero ricorrendo ad esempi di vita quotidiana, io mi ero rimesso le calze ormai asciutte e la scarpa. Ripresi i bastoni, ritornammo sul sentiero lasciandoci alle spalle l'enorme e silenziosa casa non senza un brivido. Dopo una cinquantina di metri trovammo un bivio, un incrocio di due sentieri: era lì che Livio aveva sbagliato. Imboccammo il sentiero del ritorno senza più parlare, intenti a guardare sotto le siepi e a frugare con il bastone alla ricerca di eventuali funghi. Livio era davanti a me di circa una decina di metri, aveva rilevato la presenza in zona di funghi per il caratteristico odore. Il sentiero si allargava e Livio lo attraversava da un lato all'altro con gli occhi vigili diretti a individuare i segni labili della presenza dei funghi. Anch'io mi cimentavo, pur sapendo che i miei occhi non erano allenati a quella ricerca, e tantomemo non sentivo alcun odore di funghi. Però mi fermai a frugare sotto uno strato di foglie, mi era parso di intravedere proprio un bell'esemplare. No! era stata un'illusione... Alzai lo sguardo e vidi Livio che parlava con un signore vestito da cacciatore che indossava stivali fino al ginocchio e teneva in mano un grosso bastone. Strano, non l'avevo visto arrivare. Dopo qualche battuta sul tempo i due uomini si erano salutati; il tipo cacciatore proseguì allontanandosi di buon passo battendo rumorosamente il bastone a terra. Rimasi sbalordito: questo significava che l'uomo era arrivato alle mie spalle, sorpassandomi, e io non l'avevo visto né sentito, dato che batteva pesantemente il bastone a terra.
Livio mi aspettò fermo in mezzo al sentiero guardandomi. Io arrivai presso di lui accelerando il passo. Gli volevo chiedere spiegazioni sul personaggio di poco prima. Non mi lasciò parlare e mi disse con atteggiamento eccitato e gli occhi spalancati: "Se mi aspetti qui, io faccio un salto lassù - indicandomi un posto sulla nostra sinistra più in alto di una cinquantina di metri - e raccolgo i funghi per la cena di stasera. So che là ci sono, conosco quel posto, è il momento giusto." Io gli feci cenno di sì, lui si incamminò e voltandosi :"Non dovrei impiegare più di mezz'ora, se tardo comincia pure ad avviarti a casa e annuncia l'arrivo di funghi freschi. Ciao, se decidi di andare a casa non puoi sbagliarti, segui sempre questo sentiero, ti porta diritto in paese. Ciao". "Ciao", gli risposi, senza neanche replicare una parola. I fatti e le parole avevano anticipato tutti i miei pensieri, e rimasi là fermo a guardarlo mentre si arrampicava come un gatto tra la vegetazione alta e scomparendo presto tra gli alberi scuri macchiati di riflessi gialli e rossi.
Il sole stava scendendo nel cielo e presto sarebbe scomparso dietro la catena di alte montagne. Cercavo di calcolare quanta luce rimaneva: forse un'ora, al massimo due. Sopra di me notai la formazione bassa di nuvole piuttosto scure, ma non molto estese. L'aria adesso era più fresca e una brezza improvvisa faceva volteggiare i rami delle piante come fossero delle braccia in movimento. Mentre meditavo sul da farsi ritornai indietro dove mi trovavo prima sulla zona in cui cercavo i funghi. Lì qualcosa attirò i miei occhi. C'era una zona d'ombra e lui spiccava perché era bianco. Mi avvicinai un po' calcolando mentalmente la distanza da lui al bordo del sentiero: circa mezzo metro. Era un foglio di carta piegato in quattro: non c'era scritto nulla, perfettamente bianco. Noo! dietro, una frase scritta a mano, calligrafia a prima vista di tipo femminile: "indietro non si torna. Guai a chi è perduto."
Prima quando cercavo i funghi sotto le foglie non l'avevo visto, eppure era là. Chi l'aveva perso ? (oppure "perduto" ?). Mi sentii una certa ansia invadermi in tutto il corpo. L'avrà perso quell'uomo sconosciuto che era presumibilmente passato in quel posto e poi si era fermato a parlare con Livio ? "Può' darsi, ma che importa !!!" Mi accorsi di parlare a voce alta. Ma subito riconobbi che me ne importava e come, e quel pensiero mi colpì inaspettatamente: non poteva essere quel tizio semplicemente perché' anche se fosse passato lì e avesse perso il foglio, io l'avrei subito visto perché ero anch'io lì in quel posto.
Misi il foglio in tasca e decisi di non pensarci più, ora avevo ben altro di cui preoccuparmi: andare a casa o rimanere in zona ad aspettare Livio ? Ma qualcosa mi fece scattare l'allarme come una premonizione. Fu a quel punto che sentii dei passi.
Il cielo si era oscurato perché una grossa nube nera si era fermata davanti al sole. L'aria fredda ormai obbligava a chiudere il giubbotto fino al collo e calcare il cappello in testa per evitare che una folata d'aria lo portasse via. L'effetto della nube fu immediato: le ombre scure delle piante che si agitavano battute dal vento sembravano fantasmi che corressero per riparare in fretta nei loro ripostigli. Attendevo lo spostamento della nube per rivedere il sole e con lui la giusta luce sulla strada del ritorno.
Ora i passi erano vicini, provenivano dall'ultima curva del sentiero. Io ero fermo, ma decisi di incamminarmi e farmi sorpassare sulla destra, in modo comunque che con la coda dell'occhio potessi vedere i movimenti della persona in arrivo.
Era una donna, capelli biondi lunghi, ricci, lunghe gambe scoperte, camminava con andatura tranquilla, ma determinata, con una cadenza particolare come se a ogni passo facesse un piccolo saltello. Rimasi stupefatto di trovare in quel posto una donna sola. Feci finta di non averla vista, camminai a passi regolari guardando il sentiero mentre sentivo i suoi passi avvicinarsi.
Stavo pensando a come comportarmi: in montagna si usa salutare chi si incontra, nel caso particolare, trattandosi di una donna mi sarei limitato a guardarla nel momento del suo sorpasso e a salutarla, senza altre parole. Trovavo sconveniente - sul momento - pensare invece di rivolgerle parola per chiederle di indicarmi il sentiero per il paese, temendo di essermi perso." Perso, Perduto ?". Oh! mio Dio, pensai al biglietto trovato, (trovato/perduto ?) e mi sentii imbarazzato e confuso per essere irretito nel gioco di parole.
Con la coda dell'occhio vidi apparire le sue gambe che camminavano ormai vicino a me con la cadenza ritmica particolare a saltellino. Si stava ancora avvicinando, sentivo il suo respiro, controllavo la vicinanza dei suoi piedi per alzare il viso, guardarla e salutarla. Mancavano pochi passi ormai. Intanto sentivo un tintinnio del suo vestito come se portasse una borsa. Era quasi allineata, meno di un passo dietro, sentivo più distintamente il rumore delle sue scarpe sul terreno battuto e il tocco della sua cadenza, si stava avvicinando ancora. Ora sentivo l'odore dei suoi capelli. Ero pronto ad alzare il viso. Si mise a correre superandomi, non potei vedere il suo viso e neanche salutarla.
Mi indispettii - non so perché, ma aumentai l'andatura, lei ora non correva più, la raggiunsi, quando fui al suo lato, la guardai e dissi "Buong..." La parola mi si spense in bocca rimanendo aperta senza voce. Lei si era girata verso di me e mi apparve un'immagine orribile. Quella faccia non poteva appartenere a quel corpo, era un fantasma. In quel viso c'erano due buchi profondi per occhi e una cavità irregolare con pochi denti sotto a un naso che non c'era più. Mi fermai per riprendere fiato, ancora incredulo per quello che avevo visto. Intanto la figura proseguiva il suo cammino scomparendo dietro alla curva coperta da arbusti bassi.
Ricomparve il sole in tutto il suo splendore. Anche il vento si placò, e subito il tepore dei raggi solari mi trasmise una insolita carica di energia. Ripresi a camminare a passo sostenuto, girai l'angolo del sentiero che ora saliva diritto delimitato su entrambi i lati da cespugli rigogliosi di frutti di bosco. Di quella donna nessun indizio. Proseguii ormai deciso di andare a casa. Non avrei atteso Livio, mi ero stufato di tutte quelle stranezze, ero stanco, non vedevo l'ora di rivedere mia moglie che mi avrebbe fatto una buona tazza di caffè, e mi sarei riposato. Stranezze, o coincidenze, o presagi ? Basta ! mi ero rotto. Frugai in tasca per prendere una caramella e toccai il foglio piegato. Mi ritornò l'ansia; percepivo quel foglio come qualcosa di estraneo e pericoloso. Mi dissi che dovevo essere razionale e pensare a quella scoperta come ad un fatto del tutto normale in quanto si trattava semplicemente di un foglio smarrito da qualcuno... in montagna... con una sola frase scritta... una scritta parecchio strana. Mi stava riprendendo l'inquietudine. Il gusto dolce della caramella mi aiutò a calmarmi e cominciai a pregustare la tranquilla compagnia degli amici che di lì a poco avrei trovato. Ma una brutta sorpresa stava per cambiare i miei piani.
Avevo ormai percorso un lungo tratto, camminavo da più di mezz'ora, la brezza riscaldata dal sole era piacevole. A occhio e croce dovevo essere giunto al limitare della zona dei campi e dei prati. Fra poco avrei visto gruppi di contadini sudati e stanchi per la lunga giornata di lavoro. Però il sentiero stava curvando e anziché scendere verso il paese, continuava a salire come quando stavamo per...Quel pensiero mi giunse con un'evidenza che mi fece tremare le gambe. "...Come quando stavamo per giungere alla "casa trasparente" piena d'acqua." Ecco l'evidenza chiara e vera. Ed ora eccola!!! là davanti a me ,tetra, fredda, e circondata da pericolose trappole d'acqua stagnante, trasparente e profondissima. Come avevo fatto a ritornare in quel luogo ? Era impossibile...ma vero. Provai sgomento, rabbia, e poi di nuovo sgomento e senso di gelo. Mi girai attorno più volte; era lo stesso scenario di prima quando con Livio eravamo arrivati inaspettatamente e quasi cadevo nella roggia se non fosse stato per lui che prontamente mi aveva trattenuto al braccio. Ed ora cosa fare ?
Il sole stava declinando dietro agli alberi più alti attraverso i quali provenivano raggi infuocati con bagliori in movimento di colori gialli, rossi, verdi. La vegetazione bassa attorno alla costruzione era ormai scura e stava preparandosi a ricevere le pesanti ombre della sera.
Guardai l'ora, a quest'ora Livio era già sceso sul luogo dell'appuntamento e non vedendomi era andato verso casa, pensando che l'avessi preceduto. Dovevo prendere una scorciatoia e arrivare in paese prima che facesse buio. Livio mi aveva parlato a lungo delle scorciatoie, me le aveva persino disegnate sulla terra con la punta del bastone. Esse costituivano una ramificazione dei sentieri per agevolare la circolazione sulla montagna ed evitare di volta in volta di incontrare delle interruzioni. Dovevo far mente locale, e ricordarmi il disegno e le direzioni. Cercai la posizione del sole e disegnai in terra una mappa della zona come avevo conosciuto dalle descrizioni di Livio. Segnai i percorsi fatti e le parti boscose fitte costeggiate dai sentieri, segnai a memoria - come potevo ricordare - i ruscelli, le cascate, e i torrenti, e soprattutto il percorso del torrente Grigio. La mia ansia cresceva a mano a mano che trascorrevano i minuti. Guardavo il cielo che diventava rossastro, prossimo al tramonto. Pensavo a mia moglie e agli amici che non mi vedevano arrivare.
Non riuscivo a ricordare la posizione delle scorciatoie, e più mi affannavo nella ricerca di un ricordo, più rimanevo confuso. Mi alzai da terra e cominciai cautamente a esplorare tutto intorno. Ci sarà pur stata una scorciatoia per arrivare alla "casa trasparente"!!!. Riuscii però a capire che tra me e la direzione del paese il sentiero faceva un lungo giro attorno ad un piccolo bosco. Se avessi attraversato un pezzo di quel bosco mi sarei trovato a un dislivello molto più basso e immediatamente vicino al paese. Occorreva attraversare una porzione di bosco fitto in discesa. Sentii che ce l'avrei fatta soprattutto approfittando delle ultime luci del giorno. Avrei dovuto pensarci prima. Mi incamminai quasi di corsa per raggiungere le propaggini del bosco, stando molto attento a dove posavo i piedi.
Fui raggiunto dalle ombre improvvisamente appena entrato nel bosco. Intravedevo tra le cime degli alberi ritagli di cielo ancora chiari, ma là sotto era quasi buio. Dovevo per forza fare in fretta pur stando molto attento perché non conoscevo la zona. Sentivo il rumore dei miei passi e delle mie braccia che si facevano strada tra gli arbusti. Dopo qualche minuto di discesa accelerata da lunghi scivoloni cominciai a sentire un rombo lontano e più in basso rispetto al punto in cui mi trovavo, ma non mi preoccupò in quel momento perché stavo per raggiungere il limitare di una zona che attraverso i rami davanti a me era chiara, doveva essere pianeggiante, e forse avrei trovato il sentiero. Mi fermai quando sentii per la seconda volta il fruscio, prima sulla mia sinistra immediatamente dietro a me. Rimasi in ascolto trattenendo il fiato, e vidi una forma scura muoversi a terra; attraversò velocemente lo spiazzo verde davanti a me. Doveva essere stata una lepre o una volpe. Mi ripresi e uscii dal bosco. Mi trovavo su un prato in fondo al quale riprendeva la macchia in discesa, mentre sul lato sinistro una serie di rocce cosparse di erbacce costituiva una via inaccessibile, e sul lato destro a una decina di metri alcune rocce sembravano divise da un varco... forse là c'era il sentiero. La luce cominciava lentamente a dissolversi nell'incipiente sera. Mi lanciai a perdifiato gridando verso il varco, verso il punto della mia salvezza...Mi fermai con orrore un attimo prima...
"Buongiorno dottore, mi ha chiamato, desidera qualcosa ?" la sua voce di intonazione meridionale, era melodiosa, come la ricerca delle sue parole quando chiedeva un favore: era quasi impossibile dire di no perché - secondo me - agivano sul subcosciente a livello subliminale. Era in servizio presso la banca da 15 anni, e faceva il sindacalista da dieci. Un buon sindacalista, molto convincente, aiutava i colleghi in difficoltà per i motivi più diversi..
"Buongiorno Caruso, si accomodi, prego." gli dissi indicandogli una sedia. Si sedette davanti a me sorridente e attento. "Ho esaminato molto attentamente la pratica dei suoi conoscenti, ma sinceramente non sono riuscito a trovare una soluzione. La loro richiesta non può essere presa in considerazione neanche nelle mie autonomie. Sono desolato e mi spiace molto, ma non posso veramente aiutarli.". Parlai con voce bassa guardando Caruso che cambiava espressione, diventava serio, il viso tirato.
"Dottore, veramente non può far nulla ? Sono brava gente, onesta, se non riuscissero a pagare quella somma sarebbero guai per quella povera famiglia. Sa, lui potrebbe chiedere i soldi a suo fratello che è un pezzo grosso della finanza il quale sicuramente glieli darebbe , ma non vuole saperne, non si osa. E' troppo orgoglioso. - Caruso fece una pausa guardandomi quasi implorante - Dottore veda ancora se può trovare una soluzione. Se esamina a fondo la loro situazione forse troverà una motivazione che s'accorda con le condizioni imposte dalle sue autonomie. Dottore, mi scusi se mi permetto di insistere, ma è un caso umano che merita di essere valutato attentamente. Non si limiti a dare un giudizio superficiale e affrettato."
"Caruso, la prego non insista. Ho già espresso tutto il mio rincrescimento. Non posso aiutare tutti quelli che si presentano in banca con un problema da risolvere. Sarà per un'altra volta. Ora, per cortesia, mi lasci lavorare." Così lo congedai e lui uscì dal mio ufficio senza più dire una parola, rosso in viso.
Uno spezzone di vita di lavoro era emerso dall'inconscio sfuggendo alle prese della rimozione per affiorare nella mente nel momento in cui tutto sembrava ormai perduto. Non so come mantenni l'equilibrio senza cadere nell'orrido profondo un centinaio di metri. Mi inginocchiai piano, piano, aggrappandomi ai rami che sporgevano dalle pietre con entrambe le mani. Cercai di distendermi a terra per non perdere l'equilibrio e cadere nel vuoto. L'acqua scrosciava e cadeva da più parti. Dovevo scivolare lentamente indietro fino a trovare una zona di sicurezza per potermi alzare e cambiare direzione.
Ero sudato, ma avevo freddo, raggiunsi il bosco che dal punto in cui mi trovavo ne vedevo l'estensione: pareva lungo non più di qualche decina di metri, e mi infilai senza curarmi di sbattere contro ai rami e al fogliame foltissimo. Ero preoccupato per mia moglie che ormai sarebbe stata in allarme per me. Dovevo scendere da quella montagna, però attenzione!!! se sbagliavo vallata ero perduto.
Mi tornò in mente Caruso, una brava persona, conosciuto in tutta la zona di influenza della banca dai negozianti, imprenditori, direzioni didattiche delle scuole, circoli ricreativi, parrocchie, artigiani. Lui confondeva l'attività promozionale della banca con azioni di beneficenza, meglio regolate dall'equazione "tu dai una cosa a me, io do una cosa a te". Ma quel caso...era diverso. Aveva ragione Caruso.
L'uomo sembrava più vecchio della sua età; aveva quarantacinque anni e ne dimostrava dieci in più. Stava chiudendo il cancello; la sua auto , una vecchia utilitaria Fiat lo aspettava già in moto e sbuffava con stanchezza. L'uomo che si chiamava Simone Olivieri, entrò in macchina, restò qualche momento fermo sul sedile consunto, gli occhi fissi sulla strada. Aveva la barba lunga di giorni, il soprabito liso e il bavero mezzo alzato, il colletto della camicia a quadri aperto. Ingranò la marcia e s'avviò nel traffico lento del mattino inoltrato. Attraversò il centro del paese e prese la strada che portava in campagna. Il sole debole in mezzo ad un cielo coperto di nubi sparse batteva fiaccamente sul vetro sporco dell'utilitaria. Rallentò, poi si fermò; davanti a lui iniziava una stradina in terra battuta, la imboccò traballando, e seguì le evoluzioni di curve e controcurve. Ad un tratto comparve il fiume, largo, maestoso, leggermente increspato per le correnti. Si fermò davanti al piccolo molo che entrava nel fiume per un terzo della sua larghezza, lambito dalle acque scure e agitate, Chiuse la porta dell'auto e s'incamminò deciso sul molo. Entrò nell'acqua come se continuasse a camminare, e s'inabissò avvolto tra le onde fredde. Simone era fratello di Livio e aveva chiesto a Caruso di aiutarlo. Lasciava una moglie e una figlia.
Vidi il sentiero davanti a me. Vi entrai e cominciai a correre in discesa. Sentii delle pesanti gocce d'acqua cadermi sulla testa. Cominciava a piovere, ma non ci badai più di tanto, dovevo tornare a casa in fretta. Il sentiero divenne molto stretto, correva sul costone della montagna; da un lato le rocce alte e dall'altro il burrone percorso dal torrente Grigio che emanava un rombo così cupo e forte che sovrastava il suono delle mie grida d'aiuto. Accadde tutto improvvisamente: nella mia ormai incontrollata folle corsa persi l'equilibrio e caddi scivolando sul terreno viscido. Vidi un brandello di cielo mentre mi aggrappavo con entrambe le mani ai rami sul bordo del sentiero, poi mi accorsi che avevo una gamba dentro il torrente, sentii la corrente fortissima che mi sfilò la scarpa e mi stava succhiando verso i suoi flutti. Cercai disperatamente di rafforzare la presa con le mani e tirarmi su dal bordo del torrente, ma il ramo a cui mi tenevo con la mano sinistra si ruppe, e scivolai ancora. Anche l'altra gamba ora era entrata nell'acqua, e subito persi la scarpa che s'immerse tra le onde.
Mi sentii chiamare, la voce era lontana e sovrastata dal fragore delle acque. Poi di nuovo, ancora il mio nome gridato sotto la pioggia e nel frastuono degli elementi. Metà del mio corpo era immerso nella corrente che cercava di strapparmi al debole appiglio delle mie mani attorno agli arbusti scivolosi della riva. Ora la voce era sopra di me; alzai il viso bagnato e aprii a fatica gli occhi inondati di pioggia. Lì sul sentiero sopra di me c'era mia madre che mi afferrò le mani per tirarmi su dall'acqua.
"No, mamma! non puoi farcela, allontanati altrimenti cadi nel fiume, ti prego!" gridavo senza sentire le mie parole perché' erano coperte dal rumore.
"Stai calmo - mi disse - ti salverò".
Aprii gli occhi e vidi la luce chiara filtrare tra persiane. Il profumo del caffè mi avvertì che mia moglie stava arrivando, infatti sentii: "Svegliati dormiglione! E' una bella giornata. Prendi il caffè', poi ti prepari perché fra un'ora Livio passerà a prenderci per andare in montagna. Quando suonerà il campanello dovremo essere pronti. Ok ?"
La presi dolcemente per un braccio e le dissi: "Senti una cosa, donna Adriana, a me proprio non piace la vita montana, appena senti suonare, trova una scusa, e andiamocene al mare."

Maggio 1998

PER COMUNICARE CON L'AUTORE mandare msg a clubaut@club.it
Se ha una casella Email gliela inoltreremo.
Se non ha casella Email te lo diremo e se vuoi potrai spedirgli una lettera presso «Il Club degli autori - Cas. Post. 68 - 20077 MELEGNANO (MI)» inserendola in una busta già affrancata. Noi scriveremo l'indirizzo e provvederemo a inoltrarla.
Non chiederci indirizzi dei soci: per disposizione di legge non possiamo darli.
©2004 Il club degli autori, Giuseppe Parato
Per comunicare con il Club degli autori:
info@club.it
Se hai un inedito da pubblicare rivolgiti con fiducia a Montedit
 
IL SERVER PIÚ UTILE PER POETI E SCRITTORI ESORDIENTI ED EMERGENTI
Home club | Bandi concorsi (elenco dei mesi) | I Concorsi del Club | Risultati di concorsi |Poeti e scrittori (elenco generale degli autori presenti sul web) | Consigli editoriali | Indice server | Antologia dei Poeti contemporanei | Scrittori | Racconti | Arts club | Photo Club | InternetBookShop |
Ins. 09-12-2004