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Daniele Vitali

Daniele Vitali è per certi versi un pittore anomalo.
Da decenni non partecipa più a mostre, premi o concorsi, ma lavora e vende solo a collezionisti privati.
Dipinge ad olio con la tecnica degli antichi maestri veneti.
I lavori in bianco e nero, prevalentemente ritratti, sono eseguiti con normali matite su carta lucida e non sono disegni ma possono essere descritti più appropriatamente come dipinti senza colore perché non vi sono segni ma solo contrasti di ombre di varia intensità.
Inoltre la pittura non è riconducibile ad alcune delle correnti storiche. Sotto l'apparenza di un preciso verismo non si nasconde alcuna realtà, senza per questo accedere al surrealismo.
Cercando a ritroso, l'origine del risultato pittorico si troverebbe nella musica, stimolatrice di riflessioni sulla propria esperienza umana che egli descrive in composizioni in versi o in prosa chiamate "Dialoghi".
Quello che segue è un'esposizione del proprio percorso tratta da un suo libro pubblicato 15 anni orsono.
 
«Non ho mai dipinto le cose che potevo vedere. Se ciò che è osservabile si vuole chiamare realtà che ha rappresentato.
La musica ha colori bellissimi ed armonie di immagini che non compaiono davanti alla vista. Si può quindi dire che non sono reali. Ma tuttavia esistono e possono essere rappresentate. O prima ancora raccontate. La parola è anche suono e la diversità è meno grande di quanto si crede.
Questi racconti avrebbero dovuti chiamarsi monologhi perché di un dialogo una parte risponde e qui invece è sempre in silenzio. Ma un monologo viene detto per tutti e spesso non l'ascolta nessuno. Un'altra presenza, uno a cui rivolgersi, era essenziale.
Per secoli il pittore è stato simile ad un testimone nel senso che di una certa realtà veduta dava la sua versione o interpretazione. Questa affermazione non è vera per molte correnti di pittura. Per tutte valga che cosa ha voluto essere l'astrattismo.
Ma non volevo dipingere immagini astratte. Il risultato finale, l'immagine fissata sulla tela, doveva essere creduta, sembrare vera.
Quindi qualcosa che l'osservatore avesse già visto nella realtà.
Il ritratto fedele di un volto noto, un paesaggio conosciuto o riconoscibile.
Non era importante che l'osservatore sapesse da che cosa proveniva, che tutto non era stato così semplice come poteva apparire, cioè la rappresentazione di una realtà vista.
Hanno un significato questi gruppi di parole scritte perché ascoltate e destinate ad essere dipinte?
Non ho una risposta a questa domanda.
Forse non occorre che ve ne sia una.»
 
Clicca qui per leggere alcune pagine tratte dalla sua composizione "Dialoghi"

Clicca qui vedere alcuni suoi dipinti

 
 
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