Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Racconto di
Chiara Del Soldato

 
C'ERO UNA VOLTA IO
 
C'ero una volta io. Sì, io. Quello laggiù. Mica tanto tempo fa!
Appena due giorni sono passati, da quando ho deciso di dare una bella lezione a tutti: ero stufo di pensarlo e basta. Sono passato all'azione e così... una bella corda al collo e via!
Mentre lo facevo, già immaginavo le facce di quegli stronzi, che mi volevano male, che mi deridevano, isolavano... sfruttavano...
"... Tu, caro Pieri, finirai male, se continui così... ho esperienza di queste cose, credimi!" eccola, la perfida prof di italiano, che mi voleva piegare ai suoi voleri; credeva che alla fine avrebbe vinto lei... povera stupida...
Guarda che occhiali neri s'è messa: ce li hai gli occhi rossi, eh, brutta strega, che l'altro giorno mi hai buttato fuori, perché non ti ascoltavo. Che ne sai tu, piccola borghesuccia, che, quando fai la spesa, stai sicuramente attenta a risparmiare mille lire, compri al tre per due e mangi tutta la settimana quel prodotto, che loro t'hanno costretto a comprare. Cosa volevi insegnarmi, maledetta, con la tua lezioncina, imparata sui libri...
Ti disprezzavo, forse lo sentivi; per questo non mi potevi vedere e mi perseguitavi, rimproverandomi ad ogni momento.
Che tu possa avere il rimorso, finché campi; che tu impari come si trattano i ragazzi, stupida creatura, con la pretesa dell'educatrice.
"Questo ragazzo... un fiore stroncato, una vita spezzata... E per cosa? Doveva ben sentirsi incompreso, se ha voluto andarsene, senza parlare, senza chiedere aiuto..."
Ma zitto, anche tu, stronzo d'un prete! Ma che prete sei, tu che non leggi nell'animo delle persone? Tu, come tutti, fermo alle apparenze, ai capelli trascurati, alla finta arroganza, al silenzio, che diventa l'unico modo per non dire cose spiacevoli.
Cazzeggiare... ecco quello che i miei amici volevano da me: quando facevo il buffone, tutti a ridere... "dai, su, sei il meglio…". Poi, se avevo bisogno di parlare del vuoto, che era la mia vita, anche loro non c'erano. Ma sì, è proprio così: che noia parlare di cose serie, che paura sentire uno che ti dice... "hai mai pensato di farla finita?" e loro ti guardano, credono che tu scherzi anche in quel momento e allora tu la butti a ridere, non c'è altro da fare.
Vuoto, solitudine, un buco sempre più grande; ti affanni a trovare un aggancio, ma non ci riesci o forse non vuoi.
E poi... ad un certo punto del tuo percorso su questa terra di merda non sai più che fartene dell'aggancio, della comprensione, dell'aiuto.
Quando eri ancora in tempo per tornare indietro, nessuno l'ha capito, dopo era troppo tardi.
Ora, guardali! Tutti a frignare, a sentirsi in colpa per non aver compreso, ascoltato, ognuno chiuso nel suo egoismo, nell'ovatta della propria vita... eh, già... Come potevate capire, non sapete come ci si sente...
Però è una figata! È una festa in mio onore, belle parole, bei ricordi, singhiozzi, rimorso, che si taglia a fette: proprio una bella festa... come quella volta, in cui vinsi un premio per una poesia. Come mi sentivo bene, tutti mi volevano toccare, baciare... "ma che sentimenti questo bambino..."
Quanto era bello, allora. I miei avevano gli occhi lucidi d'emozione, d'orgoglio. Poi è successo qualcosa. Guardali, ora, vicini, ma estranei. Seduti accanto, si tengono la mano...
...ma che cazzo di mano vi date, ora, se prima non siete stati capaci di perdonarvi niente. Niente, accidenti a voi!
La casa è diventata un inferno, muto e pesante, quando andava bene. E ti stupisci che non ci volevo stare, che restavo fuori più del dovuto, che ero apatico?
L'ho sperato che tutto passasse, che tornassero i bei tempi; poi sono cresciuto ed ho scoperto che i sogni e le speranze sono cose da bambini.
Sono... ero troppo grande, per aspettarmi l'impossibile e troppo stufo di fare da capro espiatorio dei vostri litigi.
Quando tu, mamma, te la prendevi con me, perché avevi discusso con papà, non lo sopportavo; ero incazzato con te, non sai quanto.
Fu allora, che cominciai a pensare a quanto sarebbe stato bello morire per farti piangere... sai la scena di te, che sei in cucina a fare qualcosa e vedi volare tuo figlio dal piano di sopra, dove l'hai lasciato a studiare... e si schianta lì, davanti ai tuoi occhi, dopo una sfuriata contro di lui, accusato di essere svogliato, infingardo, immaturo... "con tutti i problemi che mi ritrovo, ci manchi solo tu..."
E perché avrei dovuto essere un non-problema?
Dov'era scritto che io dovessi esser più maturo di voi due deficienti, che vi siete distrutti la vita a suon di braccio di ferro?
E ora, giù a piangere, eh?! Proprio come immaginavo... che soddisfazione...
Disperatevi.
Io, quassù, onnipotente come un Dio cattivo, godo della vostra sofferenza.
E quelli chi sono? Chi li ha mai visti... perché piangono? Oggi è un delirio collettivo. La signora, magari, sta lì a frignare perché pensa che potrebbe essere suo figlio quello lì, perché pensa che l'ha trascurato, che forse anche lui si sente incompreso. Ora ha i sensi di colpa, ma poi, forse oggi stesso, se la prenderà con lui, mandando all'inferno i buoni propositi.
Ehi, ehi, fermi, dove andate tutti? Aspettate ancora un po', mi piace tutto questo, non voglio finisca...
E la prof che fa?! Corre verso la macchina? Già pronta a rientrare nel vortice?! Come sarebbe a dire... tutto qui quello che sai fare... già metabolizzato il rimorso... cane d'una professoressa, già pronta ad attaccare uno come me, domani, ancora, senza aver imparato la lezione!
E voi, dove andate? Come... parlate già di scuola, dei compiti, dell'interrogazione di filosofia? Del compito di matematica, da rimandare... allora siete proprio dei figli di puttana!!!
Ma come? Uno se ne va, s'ammazza e state a pensare a quel cazzo di scuola?!
Già... ma io non ero uno come voi ed ora vi sentite egoisticamente protetti da simile pericolo... "certo, quando uno è come lui, prima o poi la stupidaggine la fa...".
No, non può essere; voglio credere che per qualche giorno continuerete a stare male, ad appoggiarvi l'un l'altro per farvi coraggio.
Poi la vita normale vi risucchierà nell'apatia, nell'indolente qualunquismo.
Non è servito a niente, allora!?
La macchina carica di fiori cammina verso il cimitero.
Ma cosa dicono quelli? Il dentista? E tu stai a pensare al dentista... stronzo d'uno stronzo...
 
La bara è a terra; terra sulla bara; altri singhiozzi. Tutti se ne vanno.
Resta solo lei, mia madre. Ha una panchetta.
"Su, andiamo a casa, è quasi buio... Domani torniamo..."
"...questa è casa... se lui è qui..."
Meno male, almeno tu, mamma. Mi dispiace. Tu non c'entravi.
Solo che non ce la facevo più. O forse no.
Potevo farcela, ma non c'ho provato.

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agg. 22-04-2003